
Stato islamico, jihad, califfato, islam. Tutto quel che c’è da sapere (senza reticenze)

Articolo tratto da Oasis – “Lo Stato Islamico spiegato a mio figlio”. L’Islam, la violenza, la guerra santa e il califfato: una conversazione a tre voci per rispondere alle domande più frequenti che la cronaca degli ultimi mesi suscita in modo incalzante. Dialogo con Martino Diez e Michele Brignone, a cura di Maria Laura Conte. Il grafico che vedete qui sotto è stato pubblicato il 27 agosto sulle pagine del Corriere della Sera.
Che cosa sta succedendo in Iraq?
MD: In Iraq è in atto un genocidio, da parte delle milizie sunnite dello Stato islamico, ai danni delle minoranze religiose e di chiunque non si riconosca nella loro versione di Islam. La causa immediata di questo genocidio è la guerra in Siria che è cominciata nel 2011 per rovesciare Assad. Nelle file dell’opposizione siriana infatti hanno prevalso i gruppi più fondamentalisti, appoggiati anche da molti combattenti stranieri. Ma la guerra è potuta transitare dalla Siria all’Iraq con grande facilità perché questo Paese non si è mai veramente stabilizzato dopo il rovesciamento di Saddam Hussein da parte degli americani. Più in profondità, esiste nella regione una secolare rivalità tra sunniti e sciiti, due tipi diversi di Islam, che in Iraq sono numericamente quasi alla pari. E qui entrano in gioco anche gli interessi dei Paesi vicini, in particolare dell’Iran sciita e dei sunniti wahhabiti dell’Arabia Saudita, che cercano di sfruttare questa rivalità per fini politici. L’ideologia wahhabita-saudita, dal XVIII secolo in avanti, è un grave fattore di destabilizzazione, perché insegna un Islam duro e puro che si proclama come l’unico autentico.
All’inizio si definiva sui media Isil (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante), poi Isis (Stato Islamico dell’Iraq e Siria), ora IS cioè Stato Islamico: cos’è questo califfato?
MB: Il califfato è un’istituzione classica dell’Islam. Letteralmente il termine califfo (khalîfa) indica colui che succede a Maometto nella guida della comunità islamica per “salvaguardare la religione e gestire gli affari terreni”. Dopo i primi califfi, definiti i “ben guidati”, il califfato ha assunto – prima con la dinastia omayyade (661-750), e soprattutto con quella abbaside (750- 1258) – i caratteri di un impero multietnico e multi-religioso a vocazione universale. In epoca moderna, dopo l’abolizione del califfato ottomano nel 1924, califfato è diventato sinonimo di “Stato islamico”. L’organizzazione dello Stato islamico incarna nel modo più radicale il mito della costruzione di un’entità politica fondata su un’interpretazione rigorista della Legge islamica, un’entità che probabilmente non è mai esistita nei termini in cui è proposta oggi.
Che rapporto c’è tra IS e al-Qaida di Bin Laden? Quali sono le principali differenze?
MB: Lo Stato Islamico non è mai stato un affiliato di Al-Qaida anche se al momento della sua costituzione in Iraq (2006) al-Qaida ne ha sostenuto le attività. È stata la guerra in Siria a spezzare la loro alleanza, tanto che oggi sono due soggetti concorrenti. Lo Stato Islamico punta all’istituzione immediata di un’entità politica in cui si applichi la sharî’a e vengano eliminate tutte le forme di Islam che divergano dalla sua visione rigorista. I sostenitori di Al-Qaida pensano invece a un’istituzione più graduale del califfato. Inoltre, mentre Al-Qaida ha agito e agisce soprattutto a livello globale con operazioni terroristiche spettacolari anche in Occidente (tra tutte la distruzione delle torri gemelle) e la creazione di molti fronti locali, lo Stato Islamico punta invece a concentrare gli sforzi sull’istituzione di uno Stato dotato di una propria capacità di espansione.
Come si presenta IS?
MB: Lo Stato Islamico copre un territorio a cavallo tra Siria e Iraq che conta circa 4 milioni di abitanti, è sicuramente dotato di molti mezzi tecnologici ed economici, impossibili senza ingenti finanziamenti esterni. Lo dimostrano le sue capacità propagandistiche e mediatiche e le sue dotazioni militari, al momento superiori sia a quelle delle forze governative irachene che a quelle dei combattenti curdi (peshmerga). Per fare solo un esempio, ha appena conquistato una base militare siriana grazia anche all’uso di droni. L’ambizione dello Stato islamico è sicuramente la creazione di un’entità statuale territoriale stabile in grado di pesare politicamente sulla scena mediorientale e di agire sull’immaginario dei militanti jihadisti di tutto il mondo.
Chi lo ha accolto con favore e chi invece lo contesta?
MB: Lo Stato Islamico è sostenuto da una giovane generazione di jihadisti di varia provenienza. Tra i suoi detrattori vi sono invece gli ideologi jihadisti della vecchia generazione, che fanno riferimento ad Al-Qaida, gli ideologi musulmani riconducibili all’esperienza dei Fratelli Musulmani (al momento molto più concentrati sulla questione palestinese) e i musulmani che non si riconoscono in un’interpretazione radicale e violenta dell’Islam. Ma, nonostante le tante opposizioni che lo Stato islamico incontra nello stesso mondo islamico (non mancano infatti singole prese di distanza), soprattutto le autorità religiose musulmane non riescono a pronunciarsi in modo unitario.
Si richiama all’Islam, ma i suoi detrattori dicono che fa un uso strumentale dell’Islam, che non sono veri musulmani gli jihadisti che si uniscono alla lotta del Califfo. Sono o non sono musulmani?
MD: È un fatto che questi militanti si dichiarano musulmani, così si vede già nell’aggettivo “islamico” usato per definire il loro Stato. Molti altri musulmani ritengono che il loro comportamento sia un tradimento dell’autentica fede islamica. Ma le autorità religiose non possono limitarsi a dire “quelli non sono veri musulmani”: è troppo poco. Devono dissociarsi chiaramente da questi comportamenti, contrastarli e soprattutto mostrare dove e perché i miliziani di IS sbagliano. Molti in Europa si lamentano della difficoltà a orientarsi tra i vari interlocutori islamici. Un modo molto semplice per farlo è vedere che cosa dicono o non dicono sulla vicenda irachena.
Dalle notizie di cronaca si deduce che IS è fondato sull’uso sistematico della violenza in nome del vero Islam. Ma numerosi imam e fedeli musulmani in Occidente parlano dell’Islam come pace. Chi ha ragione?
MD: L’Islam non chiama alla violenza indiscriminata, ma non insegna neppure la non-violenza. È una predicazione militante, in cui il credente è chiamato a un impegno personale per attuare la volontà di Dio sulla terra, con il rischio però di sostituirsi a Lui. Sorgono infatti due questioni: la prima è se la volontà di Dio si lascia conoscere con certezza fino ai dettagli dell’organizzazione politica di uno Stato. La seconda è sul metodo: che fare con chi si oppone a questo progetto? Tutta la questione del jihad si può ricondurre all’ampiezza dell’autorizzazione all’uso della violenza: è ammessa solo per la legittima difesa o anche per attacchi offensivi? È incoraggiante che molti fedeli musulmani in Occidente parlino dell’Islam come di una religione pacifica, ma occorre riconoscere che la questione non è risolta a livello delle fonti. Basta andare su un sito jihadista per rendersene conto.
Molti jihadisti giungono dall’estero: come si spiega questo richiamo esercitato da IS?
MB: Da molti anni ormai il jihadismo esercita un macabro fascino globale. Il combattente jihadista gode in certi ambienti di un grande prestigio, sia quando cade come “martire”, sia nella versione del reduce del jihad, che per alcuni rappresenta una forma di iniziazione all’Islam più autentico. In questo momento il prestigio di IS supera quello di altri movimenti jihadisti e sembra aver scalzato anche quello di Al-Qaida, che dopo la morte di Bin Laden si è ristrutturata su molti fronti locali ma ha perso molta incisività dal punto di vista mediatico. Naturalmente il jihad recluta più facilmente tra persone che vivono situazioni di disorientamento o disagio, non solo economico, ma anche identitario o psicologico. Tuttavia è difficile ridurre la militanza jihadista a pure categorie sociologiche. Resta la zona d’ombra del richiamo che può esercitare la violenza in sé anche sui più insospettabili, in questo caso assumendo la forma della guerra santa.
La violenza all’opera nel conflitto siro-iracheno si manifesta in forme nuove?
MD: Sì, c’è all’opera un elemento nuovo: l’assassinio esibito sui media, pensiamo al video della decapitazione del giornalista americano James Foley. La violenza è un virus molto contagioso: all’inizio si traveste di obiettivi politici (“creare uno Stato islamico”), ma più cresce, più sfugge al controllo di chi la pratica e diventa un fine in sé stesso (“uccidere per il gusto di uccidere”). L’esibizione mediatica accelera questo contagio con il pericolo di un’escalation ulteriore della violenza.
C’è chi ritiene che si tratti di un conflitto religioso e di civiltà e chi invece è convinto che la religione non abbia nulla a che vedere con questi fatti, dovuti invece a questioni geostrategiche, economiche e sociali. Dove sta la ragione?
MD: Certamente ci sono molti motivi politici ed economici che spiegano la guerra attuale in Iraq e Siria. Ma questo non deve portare a sottovalutare l’elemento religioso. Molti dicono che le guerre hanno sempre ragioni economiche, travestite da motivazioni religiose o ideologiche. Non è vero. Le motivazioni religiose sono una forza primaria, tanto quanto i fattori economici o strategici. Inoltre insistere solo sulle cause politico-sociali può portare a sottovalutare o cancellare la responsabilità morale del singolo.
IS sta perseguitando violentemente i cristiani e le altre comunità religiose: come intervenire per frenare questa violenza?
MB: Naturalmente più IS avanza più sarà difficile fermarlo. Da un lato è necessaria un’azione politica immediata che contempli anche l’uso della forza. Più il fronte internazionale a protezione delle vittime di IS sarà ampio e multilaterale, più avrà possibilità di successo non solo dal punto di vista militare ma anche della legittimità giuridica. Lo Stato Islamico segna il punto più alto della minaccia jihadista, che dispone ora di una base territoriale e di una dimensione politica effettiva. Ma allo stesso tempo potrebbe rappresentarne la crisi, perché molti musulmani ora lo contestano e ne subiscono direttamente la violenza. Sconfiggerlo sarebbe un segno di speranza per gli stessi musulmani, ma l’impresa ha una dimensione culturale ed educativa ben più importante di quella strategica e militare.
Che lezione sta impartendo la vicenda IS all’Europa e all’Occidente in generale?
MD: La vicenda dello Stato islamico insegna per l’ennesima volta agli occidentali, ma anche ad alcune potenze mediorientali, che non è possibile usare i fondamentalisti islamici per ottenere risultati politici. Gli americani ci hanno provato in Afghanistan e Libia e sono stati a un passo dal rifarlo un anno fa in Siria. Ma i fondamentalisti religiosi obbediscono a logiche proprie: l’alleanza con loro è sempre a tempo e alla lunga controproducente.
Si parla di centinaia di migliaia di profughi mediorientali che cercano di scappare dai loro Paesi ed entrare in quelli europei: come gestire questo problema? È realistico pensare che possano un giorno tornare a casa o hanno un futuro solo all’estero?
MB: Se si guarda alla storia dell’emigrazione dal Medio Oriente, è difficile pensare a un ritorno dei profughi nei territori d’origine. Perché ciò avvenga probabilmente non basterà ristabilire delle condizioni minime di sicurezza, impresa già di per sé difficile, ma occorrerà un ripensamento radicale delle istituzioni politiche ed economiche su cui si sono retti molti Paesi del Medio Oriente.
I vescovi e patriarchi orientali chiedono da tempo aiuto e interventi ai Paesi occidentali. Come stanno rispondendo? Perché la titubanza o la lentezza?
MB: Il cristiano, diceva il teologo Balthasar, si distingue anche perché è “inerme”. I cristiani sono una componente sociale e culturale fondamentale del Medio Oriente, ma non dispongono di un peso politico autonomo e sono rimasti schiacciati dalla complessa, e spietata, situazione politica della regione. Inoltre l’Europa è incastrata in una crisi che non è solo economica e sembra renderla incapace di agire. Gli Stati Uniti di Obama non brillano per le scelte di politica estera, anche se una certa titubanza è comprensibile dopo gli anni dell’ “esportiamo la democrazia”.
Stanno definitivamente sparendo i cristiani dal Medio Oriente? O si può ancora arrestare questo processo?
MD: Siamo all’ “ultima chiamata” per tutta la cristianità irachena. I cristiani sono un fattore di pluralismo in Medio Oriente. Se scompaiono, il Medio Oriente sarà più povero. E la maggiore omogeneità non ridurrà il conflitto perché, cacciati i non-musulmani e i musulmani “eretici” o tiepidi, ci sarà sempre qualcuno “più fondamentalista di me”. È una rincorsa senza fine, che rischia di annegare l’intera regione nel sangue. Papa Francesco nei suoi interventi pubblici continua a richiamare l’attenzione su questa ferita. Già adesso chiunque può lascia il Medio Oriente perché in molte regioni sta diventando impossibile vivere, anche per i musulmani.
I fatti del Medio Oriente stanno influenzando anche il modo nostro di considerare i musulmani che vivono tra noi. Come porsi per conoscerli nel modo più corretto? Trattare con un marocchino, un tunisino, un bengalese, un egiziano è la stessa cosa?
MB: I musulmani che vivono tra noi si distinguono per tanti ragioni, come l’etnia o l’origine nazionale: per esempio l’Islam vissuto in Marocco è diverso da quello asiatico o da quello mediorientale. Ma molti musulmani hanno ormai perso il legame con l’Islam del Paese o della cultura di provenienza dando vita a un “Islam globale”, secondo l’espressione dello studioso francese Olivier Roy. È difficile perciò offrire ricette per affrontare il fenomeno islamico in generale. Da un lato è sempre più necessario crescere in una conoscenza approfondita dell’Islam e delle sue molteplici forme, che fanno ormai parte, volenti o nolenti, delle nostre società; dall’altro vale per i musulmani ciò che vale per ogni uomo: la conoscenza non può prescindere dall’incontro con un’esistenza concreta.
I musulmani che vivono nelle democrazie occidentali chiedono un maggior riconoscimento della loro presenza e dei loro bisogni, come ad esempio quello di luoghi di culto adeguati (moschea, ecc.). La risposta a questa presenza va da quella più aperta (“viva il multiculturalismo, siamo diversi, ma in fondo uguali”) a quella più chiusa (“sono i musulmani che si devono adeguare, integrare e assumere i nostri costumi”). Quale la via per costruire una città accogliente ma rispettosa di tutte le sue componenti?
MB: Occorre lasciarsi provocare dalle loro richieste, che mettono in discussione modalità di gestione della sfera pubblica ormai inadeguate e quindi costringono a mettersi tutti in gioco per rigenerare la nostra vita sociale. Ma per garantire la convivenza pacifica e costruttiva tra persone diverse è necessario che tutti riconoscano che vivere insieme è di per sé un bene.
Articoli correlati
20 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Viva il duce viva ilre bisogna fare una pulizia etnica in europa do musulmani zingari
ed arabi
dopodi che bisogna distruggere con bombe h eventuali movimenti anticrustiani
1) In principio furono i taliban. Li avevano creati gli Stati Uniti per combattere il governo progressista dell’ateo Najib-ullah (autoribattezzatosi Najib) in Afghanistan 2) Poi fu la volta di al Qaeda. Il suo capo, l’ingegner Osama bin Laden (quello che da una caverna nell’Hindukush scagliò due aeroplani che arrivarono a Manhattan e anche un terzo, che era diretto al Pentagono ma non arrivò in quanto mai esistito) apparteneva a famiglia socia in affari con quella di due presidenti degli Stati Uniti 3) Adesso sono saliti alla ribalta l’ ISIL e il califfo. In veritâ, essi tengono in iscacco da tre anni un esercito serio ed efficiente come quello della Siria. Chissà chi li arma, finanzia, fiancheggia ed aizza? Chissà . . . 4) Dai tetti sulla piazza di Kiev cecchini democratici sparavano sulla folla. Fu proprio un movimento spontaneo, o godevano di sostegno “colà dove si puote”? Sempre lì, neonazisti dichiarati hanno incendiato un palazzo con la gente dentro (i nazisti d’antan cremavano non le persone ma i cadaveri). Erano monelli free lance o inviati dalla sede centrale? Indovina, indovinello: chi fa l’uovo nel secchiello?
E’ ovvio Carlo che gli sgozzatori dell’Isis sono finanziati ed armati da persone e Stati che contano, da cercare non solo nel mondo arabo ma anche qui in Occidente.Anche la “primavera ucraina” non mi piace,anzi, altro che rivolta “spontanea e democratica”.Dicevano le stesse cose anche relativamente all’Egitto, alla Libia, al Kossovo.ecc.
Bisogna sgozzarli tutti questi animali
assetati di sesso e di potere
fannommmparte du una falsa religione
perche unica vera religione e il cristianesimo
e loro meritano la morte
Non ho capito perché, da quel cxxxo di cartina sono scomparse la Sicilia e la Sardegna. E perfino le Baleari. Boh.
Se è per quello, il blocco sardo-corso e le Baleari sono assenti fisicamente.
Mi stupisco della Sicilia, a lungo dominata dagli Arabi.
Ed aggiungo, le incursioni saracene interessavano tuta la penisola da nord a sud.
Mai sentito parlare del paese di Mercato Saraceno, provincia di Forlì?
Nelle vicinanze di Orvieto (vicinanze si fa per dire: qualche ora di cammino), c’è anche il “cimitero turco”, in realtà si tratta dei resti di un insediamento saraceno, in seguito rioccupato dai Cristiani che vi edificarono una chiesa in stile gotico fiorito, ora un rudere ma con un bellissimo arco a sesto acuto in pietra basaltina.
Pochissimi lo conoscono il posto, perché è impervio da raggiungere.
Io mi trovo in difficoltà perché sarei per l’accoglienza ma udite le parole dell’Imam di Cinisello Balsamo mi viene da pensare che i musulmani sono strani e lontani dal nostro modo di vivere . Certamente vorrei una presa di posizione netta di distacco da parte dei musulmani italiani verso quanto accade con jihad, Isis o come si chiama ma questo langue. Al tempo stesso condanno fermamente la vendita di armi da parte dell’Italia ad Israele e condanno i bombardamenti su Gaza, come leggo aver fatto tantissimi ebrei moderati. Spero che siano quattro gatti i pazzi che hanno lasciato l’Italia per arruolarsi nell’Isis e che l’Imam di Cinisello Balsamo sia un caso isolato. Mi piacerebbe che intervenisse anche qualche musulmano per capire come sono e cosa pensano.
Purtroppo non si tratta di quattro gatti pazzi. Non ci sono mussulmani italiani o inglesi o francesi, ci sono i mussulmani e basta.
Piano piano ci stanno islamizzando in casa: tutte le donne hanno l’ordine di fare almeno due figli,mentre noi non ne facciamo più. Così nelle scuole prevalgono i mussulmani, non per niente hanno incominciato dai crocifissi, poi giustamente vogliono le moschee e noi poveri deficienti facciamo accoglienza e li manteniamo tanto paga la collettività, e siamo tutti felici e beoti! mentre loro continuano ad attuare il loro piano di espansione.
Mi ha fatto impressione quella cartina geografica tutta nera !
Ma cosa aspettiamo a metterli tutti fuori ? moderati e non, tanto quelli che si ritengono moderati sono come i nostri estremisti. E se non gli sta bene come viviamo noi perché non se ne stanno a casa propria ? I nostri nonni o bisnonni si sono adeguati agli usi e costumi dei paesi in cui migravano mica andavano lì a dettar legge !
Hai ragione Mario, tantissimi in Europa la pensano come noi, il problema sono coloro che detengono il Potere vero, le oligarchie economico-finanziarie, che invece hanno altri pericolosi progetti in mente.
Concordo e la cartina era già evidente da molti anni solo che allora era da interpretare : loro non hanno fretta ci avevano avvertito (Boumedienne) negli anni 70 disse ad un incontro di musulmani internazionale che ci avrebbero invaso grazie alle nostre leggi democratiche e grazie al ventre delle loro donne! Ha prevalso il politicamente corretto di questo popolo inebetito istruito dai grandi pensatori del pomeriggio televisivo e da politicanti da operetta
Ti ricordo che chi, riferendomi all’Italia, vuole la rimozione dei crocefissi dalle aule scolastiche non sono i musulmani (forse qualche caso isolato), ma ATEI ITALIANISSIMI O PER LO MENO EUROPEI.
Ti devo ricordare il caso Lauzi a Padova, che è andato anche alla corte di Bruxelles, ed in seguito al quale una barca di finlandesi ha richiesto ed ottenuto lo sbattezzo come ritorsione?
Io insegno nelle scuole superiori, e non ho mai notato alcun musulmano protestare per la presenza del crocefisso.
Ma non solo.
Di classi medie di 25/30 alunni, mediamente 4/5 non si avvalgono dell’ora di religione, e tra questi almeno la metà hanno cognomi italiani.
Mi sono capitati anche cognomi arabi che seguivano l’ora di religione.
Io non sono insegnante di religione, intendiamoci, ma nelle schede degli scrutini li vedevo.
E sono convinto che i fondamentalisti dell’islam integrale siano davvero una minoranza, almeno in Italia, perché con tutti gli islamici presenti nel nostro territorio, specialmente in alcune zone a vocazione operaia (ieri mi trovavo nella zona di Chiampo (VI) e le persone con abbigliamento orientale in giro sono davvero molte), se ogni musulmano nascondesse un jihadista, avremmo già la guerra civile da un pezzo.
Sono una minoranza, Menelik, e meno male, ma non minimizzare,sono una minoranza agguerrita e determinata e la maggioranza deve cominciare a prendere le distanze dai primi, pubblicamente e operativamente.altrimenti risichiamo di fare la fine di tanti quartieri delle città del Nordeuropa che sono ormai di fatto delle enclavi islamiste.
Il concetto di democrazia e vivere in democrazia non esiste nel DNA di un islamico. Nessuno dei loro paesi e dove loro sono la stragrande maggioranza, e’ uno Stato davvero democratico. O sono dittature più o meno camuffate da democrazie uscenti da elezioni farsa , o sono monarchie , o sceiccati o emirati. Basta dire che in Afghanistan hanno recentemente tagliato le dita a coloro che sono andati a votare , dopo che l’Occidente ha preteso di instaurare con la forza una nascente democrazia . Per cui e’ tempo perso pretendere di aiutare a diventare ” democratici” popoli che non vogliono diventarlo, perché per loro la democrazia e’ incomprensibile . Piuttosto di fronte alle minacce di distruggerci da qua ai prossimi 50 anni , bisogna invece controllare le frontiere e dire senza se e senza ma, che l’Islam e’ una ” religione” FUORILEGGE incompatibile con i nostri valori e la nostra civiltà e le nostre leggi . E chi viene qua a pretendere moschee, centri di cultura islamica , imporre la rimozione dei crocefissi DEVE TORNARSENE DA DOVE E’ VENUTO ..! L’Italia non ha bisogno di questa gente e non si fa crescere la nostra economia con i negozi di kebab
Non dire nemmeno per scherzo che il concetto di democrazia non esiste nel dna di un islamico, perche` se non lo sapessi, esistono paesi a maggioranza islamica completamente democratici. Infine non diciamoci neanche che il popolo iraqeno o afganistano non vorebbe una reata` diversa, sono in tanti a voler vivere diversamente ma non gli viene concesso!
Probabilmente sarebbe utile un’alleanza internazionale contro il terrorismo sunnita, ma scordiamoci il fatto che di tale eventuale alleanza possano far parte i governi europei e nordamericani, per loro al fondo gli unici pericoli veri sono Assad e Putin.
Putin sarebbe, invece, un alleato prezioso, sia per l’influenza sulla regione che per la possibilità di uscire dallo schema stantio usa vs islam.
ci sono dei giornalisti (vice news) che seguono i peshmerga nella loro agonizzanti resistenze a IS, basta guardare certe immagini per capire che purtroppo da soli non hanno nessuna speranza.
se ci si vuole togliere ogni dubbio sulla fine che ci aspetta. basta cercare in rete i video integrali di propaganda di IS: esecuzioni di massa con senza troppe chiacchiere.
…gli unici che chiacchierano siamo noi “occidentali”.
aggiungerei: chiunque tentenni a schierarsi contro IS, va condannato in pari misura con i tagliagole.
si… “musulmani moderati” in primis.
Sono TOTALMENTE D’ACCORDO con l’espressione al seguito di “aggiungerei” della penultima riga.
FANC*** ai tentennamenti, chi è per la pace in un caso del genere, è per lo sterminio e la schiavitù dei rimanenti, cioè le donne giovani.
Io, perito chimico, in un caso del genere, sarei ORGOGLIOSO di partecipare ad un team di ricerca per la realizzazione di aggressivi chimici i più letali e subdoli possibile, per poter polverizzare l’ISIS e Boko Haram, e concorrere a liberare le persone dall’incubo dello sterminio e le loro donne dall’incubo della schiavitù.