Fukushima due anni dopo: migliaia contro il nucleare ma il Giappone non può fare a meno dell’atomo

Di Leone Grotti
11 Marzo 2013
Dall'incidente alla centrale di Fukushima causato dallo tsunami l'11 marzo 2011, allo spegnimento di tutti i reattori a maggio, alla riaccensione di due reattori a luglio, alla decisione di non abbandonare il nucleare.

Due anni fa, l’11 marzo 2011, il settimo terremoto più potente della storia, di magnitudo 9.0, provocava in Giappone lo tsunami che ha ucciso oltre 15 mila persone e causato l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, che non ha causato vittime anche se ha costretto 100 mila persone che vivevano vicino all’impianto ad evacuare. Ieri, a Tokyo, migliaia di persone hanno sfilato in piazza per chiedere al governo di rinunciare all’atomo come fonte di energia.

REATTORI NUCLEARI SPENTI. Dopo l’incidente di Fukushima, tutti e 52 reattori giapponesi sono stati spenti, l’ultimo il 5 maggio 2012. Solamente due nella provincia di Kansai sono stati riattivati il 5 luglio 2012 per fare fronte alla maggiore richiesta di energia elettrica della popolazione. Da quell’11 marzo, il 70 per cento dei giapponesi vuole rinunciare all’energia nucleare e il governo ha promesso di stilare un piano che porti il paese nel 2040 a spegnere in modo definitivo tutti i suoi reattori.

PERDITE DA 34 MILIARDI L’ANNO. Dopo le elezioni di dicembre, vinte dal nuovo primo ministro Shinzo Abe, il governo sembra però avere cambiato idea. Già a maggio 2012, le nove principali compagnie energetiche del Giappone avevano dichiarato che senza nucleare avrebbero perso solo nel 2012 33,8 miliardi di dollari. Nel 2011 hanno perso oltre mille miliardi di yen. In un anno le riserve di capitale di otto di queste nove compagnie è sceso da tre a duemila miliardi di yen. Dopo l’allarme delle compagnie, è arrivato quello lanciato dallo stesso governo: rinunciare al nucleare costerà al Giappone 34 miliardi di dollari all’anno, in energia non prodotta e quindi da acquistare sul mercato. Secondo l’Istituto di economia energetica giapponese, invece che 34 i miliardi persi all’anno potrebbero diventare addirittura 68. Una cifra che in piena crisi economica Tokyo non si può permettere di spendere, senza contare gli ingenti danni per l’ambiente.

RINUNCIARE ALL’ATOMO NON SI PUÒ. Per questi motivi, condivisi anche dalla Germania, il governo ha promesso di mettere in campo subito «nuovi standard di sicurezza» da fare applicare a tutte le centrali «senza compromessi». Ma rinunciare al nucleare non si può, come il primo ministro Abe ha affermato in Parlamento il 28 febbraio scorso.

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