![L’indifendibile Timmermans e i fondi europei alle ong green](https://www.tempi.it/wp-content/uploads/2025/01/timmermans-ansa-345x194.jpg)
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Cosa si è messo in testa Oliver Stone, il regista più ideologico di Hollywood, autore di film altamente politici come Platoon, Wall Street, JFK, Nato il quattro luglio e W., l’artista che ha fatto della provocazione e della difesa degli indifendibili (suoi i documentari agiografici su Fidel Castro, Chavez, Putin) un marchio di fabbrica, il più anti-occidentale tra i cineasti resi ricchi dall’Occidente? S’è messo in testa che per sconfiggere il cambiamento climatico la via è solo una: investire tanto, tutto e subito sull’energia nucleare.
Il suo ultimo doc, Nuclear Now, presentato anche in Italia (qui per vederlo) e ora a Dubai in occasione della Cop28 è una formidabile opera di propaganda a favore dell’energia dell’atomo. Un film a tratti didascalico, unidirezionale, con una tesi forte quanto inappellabile: il nucleare è l’unica salvezza per il mondo e, se non ci diamo una mossa, se non facciamo in fretta, se non mettiamo da parte le nostre insicurezze, presto sarà troppo tardi.
Diavolo di uno Stone, anche quando dice la cosa giusta, lo fa in maniera così faziosa che non si può non rimanerne disturbati. Nuclear Now si apre con una citazione di Marie Curie («nella vita non c’è nulla da temere, ma solo da capire») e batte ossessivamente sempre sullo stesso concetto: l’energia nucleare non è nemica dell’uomo, ma suo alleata. È la più pulita, la più efficace, la migliore tra le scelte possibili.
Stone è convinto che, se tutti sapessero come funziona, nessuno ne avrebbe paura. E che la nostra diffidenza ci è stata indotta dal pensiero dominante. Questa è la parte più interessante del doc: chi meglio di un ideologo può spiegare le malizie e i trucchi dell’ideologia? Stone lo fa col suo stile, assertivo e imperioso, menando fendenti contro Greenpeace, gli Amici della terra, il Sierra Club, la Fondazione Rockfeller, il New York Times e le Sette Sorelle che hanno finanziato e messo in piedi una gigantesca macchina di propaganda per demonizzare il nucleare. Sfruttando la paura indotta dalle bombe su Hiroshima e Nagasaki, prima, gli incidenti a Chernobyl e Fukushima, poi, il mondo dei potenti e dei ricchi ci ha fatto prendere la decisione sbagliata: ci ha convinto che potessimo progredire solo grazie a petrolio e carbone e non, invece, con quel tipo di energia più a portata di mano, potenzialmente infinita, che si trova nella materia.
Qui, come detto, Stone dà il meglio di sé. Da scaltro fazioso, usa le stesse armi dei suoi avversari per sbugiardarli. Si dilunga in spiegazioni scientifiche, si autoriprende mentre passeggia tranquillo nelle centrali e discute con interlocutori pacati, ironici, brillanti (c’è pure la giovane tiktoker che spiega le meraviglie dell’energia a suon di balletti). Stone mostra come negli anni Settanta Jane Fonda e le star delle musica abbiano fatto da grancassa al movimento antinuclearista, come “bomba” e “centrale” nucleare siano due cose diverse ed elenca tutti i numeri che rendono importanti, ma non sufficienti, gli investimenti sulle rinnovabili.
Stone non sarebbe Stone se non ci rivelasse che esiste una cospirazione planetaria contro il nucleare, che – e qui viene fuori la sua anima antioccidentale – Russia e Cina stanno facendo molto per costruire centrali di ultima generazione, che, al contrario, l’Europa e gli Stati Uniti traccheggiano, sono impauriti, sono in preda a timori indotti dalla propaganda, che va dai disaster movie fino ai Simpson.
Quindi, se da un lato ci sono tutti i “cattivi” (i petrolieri, Jimmy Carter, Ralph Nader e i politici occidentali fifoni), dall’altro ci sono i buoni, i razionali, quelli che all’uso dell’energia nucleare hanno sempre creduto (gli scienziati, Hyman Rickover che ideò il primo sottomarino nucleare, l’immancabile JFK). Nella sua furia ideologica, Stone non fa prigionieri: in una significativa sequenza accosta sotto una luce sinistra Greta Thunberg e Donald Trump (tra l’altro, sbagliando bersaglio, perché i due sono entrambi favorevoli all’energia dell’atomo).
Nuclear Now è un documentario da vedere, soprattutto per chi è completamente digiuno della materia. Sfata molti luoghi comuni, fornisce preziose informazioni in controtendenza alla vulgata che va per la maggiore, dice molte cose di buon senso, apre una finestra sulle ultime e importanti scoperte a proposito della fusione.
Ciò che lo rende criticabile è, più che altro, il tono del narratore Stone che passa dall’elegiaca descrizione di un mondo migliore, più pulito, più bello e dominato dal fantastico ingegno umano, alla mostruosa rappresentazione di cosa accadrebbe se non ascoltassimo i suoi consigli. Il punto di partenza è infatti che i danni del cambiamento climatico sono in atto e sono di origine antropica. Su questo, Stone non è poi così diverso dagli ambientalisti antinuclearisti che critica. Semplicemente, sostituisce una paura con un’altra: quelli temono l’esplosione della centrale e la comparsa di Godzilla, lui teme che il 2050 sia la data della fine del mondo. Insomma, stiamo pur sempre parlando di Oliver Stone e forse, più di così, non si poteva pretendere.
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