
Il Deserto dei Tartari
Volete il regime del gender? Lasciateci almeno una riserva di vita secondo natura. Una provocazione neo-sionista
Anch’io, come il direttore Luigi Amicone, ho accusato il colpo dell’entusiastica recensione che Repubblica ha dedicato al libro dell’anglo-indiana Aarathi Prasad su concepimento e maternità nell’epoca della tecnoscienza. Lui ha voluto denunciare la propagandistica confusione che libro e recensione intrattengono fra la libertà che l’utero artificiale rappresenterebbe e la misoginia e la stigmatizzazione della maternità che in realtà comportano. E ha voluto sottolineare che la separazione della maternità dalla donna è l’ultima tappa di una serie di scismi voluti dalla biopolitica (bel neologismo inventato da Michel Foucault) e realizzati in gran parte dalla tecnica: quello fra la donna e l’uomo, quello fra il sesso e la procreazione, quello fra i genitori e i figli, quello fra il sesso biologico e il genere sessuale socialmente inteso.
La biopolitica non può fare a meno della tecnica, è una tecno politica. Senza anticoncezionali chimici e meccanici, fecondazione assistita, aborti chirurgici in condizioni di sicurezza, farmaci abortivi, uteri artificiali, eccetera, certi discorsi incentrati sulla libertà e il potere dell’individuo non sarebbero mai diventati politicamente dominanti. Si tratta di discorsi ideologici nel senso marxiano del termine, cioè che nascondono la realtà delle cose, perché la libertà non è affatto cresciuta come si pretende di far credere.
Quando un ordine di rapporti come quello fra l’uomo e la donna presi nella loro maschilità e nella loro femminilità viene interamente sovvertito, e quando la sovversione consiste in una negazione della complementarietà dei soggetti del rapporto. Quando si accusa il rapporto di riflettere solo il predominio dell’uno e la sottomissione dell’altra, rafforzato da pregiudizi e stereotipi, allora si può stare certi che quel rapporto diventerà completamente preda delle logiche di potere, che tutto da quel momento in poi sarà questione solo di dominio e di asservimento. Anche se i fautori della sovversione terranno un discorso completamente diverso, parleranno di maggiori libertà, di nuove opportunità e soprattutto di uguaglianza.
Il discorso allude a nuove libertà e opportunità, ma il sottinteso è quello della sottomissione a un nuovo ordine totalitario, politico e antropologico insieme. La recensione di Repubblica mi dà l’angoscia, mi fa sentire imminente l’imposizione di un totalitarismo biopolitico egualitarista. Perdonate la definizione un po’ ampollosa e sgraziata, ma quel che si vede all’orizzonte della politica è proprio questo: un totalitarismo, cioè un ordine che riguarderà ogni dettaglio dell’esistenza e al quale ci si dovrà conformare per non essere sanzionati o emarginati; biopolitico perché riguarda i nostri corpi, la gestione del fatto irriducibile che sono sessuati, con un’intensità che nemmeno Michel Foucault, inventore della parola e del concetto di biopolitica, poteva immaginare; egualitarista perché il pensiero dominante che permea questa visione totalitaria della vita sociale è che la cosa più desiderabile è che tutti diventiamo uguali sotto ogni aspetto: nell’illusione che la perfetta uguaglianza farebbe sparire l’invidia, i rancori e ultimamente i conflitti.
L’utero artificiale non riesco proprio a immaginarmelo. Il mio incubo è un altro. A me la lettura del libro della Prasad fa immaginare piuttosto un mondo dove tutti, in nome dell’uguaglianza e dell’arricchimento reciproco, saranno più o meno obbligati, con l’indispensabile intervento della tecnoscienza, a fornirsi degli attributi sessuali e degli apparati riproduttivi di entrambi i sessi. Uomini e donne disporranno contemporaneamente di un pene e di una vagina (inizialmente uno e una, ma più avanti chissà), dei testicoli e dell’utero. Gli uomini dovranno, almeno una volta nella vita, concepire e partorire, le donne dovranno poter penetrare e fecondare i maschi.
“Ma come ti viene in mente?”, direte. Confesso: m’è venuto in mente varie volte, quando in tivù passava Gad Lerner, infervorato nel ruolo di difensore della dignità della donna macchiata dagli ammiccamenti delle Veline di Striscia la notizia e dalle serate debosciate di Silvio Berlusconi, o quando vedevo Laura Boldrini lanciata in una delle sue intemerate, con volto accigliato e retorica spietata, contro il maschilismo nella società e nelle istituzioni, contro gli autori ma soprattutto contro i non autori (il 99,99 per cento dei maschi) dei femminicidi.
Devo ammetterlo, quando vedevo i loro volti sdegnati, mi pareva di poter leggere dentro ai loro pensieri, e di scoprire in fondo ad essi un disgusto irrefrenabile per due fatti scandalosi: il primo è che gli uomini non partoriscono, il secondo è che le donne non hanno il pene: due diseguaglianze inaccettabili, due ingiustizie che la natura, reazionaria e bigotta, ha inflitto agli esseri umani, ma che gli esseri umani sapranno rettificare grazie alla politica progressista e alla tecnoscienza.
Non sono ovviamente soltanto le icone ansiogene di Lerner e della Boldrini a farmi temere l’avvento imminente del totalitarismo biopolitico egualitarista (che è molto di più della cosiddetta “agenda Lgbt” o dell’ideologia del genere, le quali sono piuttosto strumenti per il fine). Ci sono fatti. Fatti come l’esperimento sociale all’insegna dell’assolutizzazione dell’uguaglianza di genere nel quale la Svezia si è lanciata fra gli applausi dei progressisti di qua e di là dell’Atlantico. Fino a pochi anni fa la religione di Stato in Svezia era il cristianesimo luterano, adesso è l’uguaglianza di genere. Sapete tutti, perché l’avete letto su Tempi, che nel paese che fu di Ingrid Bergman lo Stato ha stabilito un sistema di incentivi e disincentivi per far sì che il congedo parentale sia usufruito dai due partner equamente al 50 per cento. Sapete pure che la Svezia è il paese di Egalia, l’asilo infantile dove ci si rivolge ai bambini col pronome neutro “hen”, inventato di sana pianta negli anni Sessanta dagli antesignani della teoria del gender e approdato nell’enciclopedia nazionale svedese nel 2012.
Su un numero di Time del dicembre scorso è apparso un reportage sulla Svezia mecca dell’uguaglianza di genere dove la scuola materna diretta da un’ultrafemminista è descritta così: «Ci sono camion e bambole, ma nelle sale colorate predominano soprattutto giocattoli neutrali come il Lego e i dinosauri. La libreria è attentamente calibrata per far sì che i libri contenenti storie con protagonisti maschili e protagonisti femminili siano dello stesso numero. Bambini e bambine fanno roteare allo stesso modo sciarpe di seta durante i balli in classe, e hanno ugualmente accesso a costumi da pirati e da principessa». Chi ha deciso che un bebé deve avere lo stesso numero di ore di cure da parte della mamma come del papà? Che i giocattoli “neutrali” sono più meritevoli di quelli sessualmente connotati? Che i libri di favole devono essere politicamente corretti e rispettare “quote rosa”? Non certo la buona scienza, che testimonia la profonda differenza esistente fra maschi e femmine, e l’assurdità di voler costringere tutto dentro al discorso dell’uguaglianza e delle spartizioni al 50 per cento.
La scienza sa che le differenze fra maschi e femmine non sono confinate alla diversità degli apparati riproduttivi e dei caratteri sessuali secondari. A queste differenze biologiche corrispondono anche differenze nelle connessioni neurali del cervello e queste sono il substrato di un diverso psichismo, di una differente organizzazione psicologica ma anche gnoseologica: uomo e donna non conoscono il mondo nello stesso modo. Una mamma, tranne casi di grave malattia mentale, sarà sempre più adatta di un padre a dispensare cure ai figli piccoli; e un maschio sarà sempre più adatto di una femmina quando si tratterà di fare il vigile del fuoco o costruire un oleodotto. Ma la nuova religione del gender ha imposto i suoi dogmi razionalmente indimostrabili, secondo i quali ogni differenza socialmente rilevante fra uomo e donna è prodotto di un abuso di potere che va rettificato per imporre la norma dell’uguaglianza.
Premesso questo, c’è un passaggio nel reportage che tristemente avvalora il mio incubo di un imminente mondo ermafrodito per legge o per intensa pressione sociale e culturale. È la dove la direttrice spiega come ha “convertito” i genitori dei marmocchi all’uguaglianza di genere. Dice di essere andata alla lavagna e di avere disegnato, di fronte alle famiglie riunite, un cerchio, poi di averlo diviso a metà e di avere vergato scarabocchi incomprensibili nell’una e nell’altra metà. «Queste a destra sono le cose per le ragazze, e queste a sinistra sono le cose per i ragazzi. Volete che la vita del vostro bambino sia chiusa in un semicerchio o che usufruisca del cerchio intero?». Geniale. Portato alle logiche conseguenze estreme, l’argomento implica che, non appena possibile, anche i rispettivi apparati riproduttivi, e le rispettive caratteristiche morfologiche (la barba degli uomini, il seno delle donne, eccetera) debbano poter essere messi a disposizione degli uni e delle altre, delle une e degli altri. Perché accontentarsi della metà quando, grazie alla tecnoscienza, si può avere tutto? All’uguaglianza non ci sono limiti. Così come all’invidia.
Vale la pena lottare, a livello di battaglie culturali e di impegno politico, contro questa deriva antropologica apparentemente inarrestabile? Nel mio mondo di riferimento, che è quello di chi si dice cristiano, colgo due atteggiamenti: uno militante e combattivo, che asserisce che la testimonianza cristiana nella società implica anche il dovere di impegnarsi affinché le leggi si conformino a verità che sono di natura razionale e di diritto naturale prima che di rivelazione divina, e quindi contro la sovversione biopolitica egualitarista, ostacolandola in tutti i modi; e poi c’è un atteggiamento remissivo e “profetico”, che dice pressappoco così: contro il megatrend attuale è inutile combattere, si tratta di una parabola storica inarrestabile; bisogna impegnarsi piuttosto a creare isole di umanità autentica, nuovi monasteri dove coltivare la dipendenza dal divino che rende possibile la vita buona in forme sia personali che comunitarie, in attesa di tempi storici migliori.
Personalmente preferisco di gran lunga il primo atteggiamento, ma capisco anche le ragioni del secondo: non è per forza segno di vigliaccheria l’appello a stare fuori dalla partita della storia, può anche essere un giudizio prudente che nasce da un’intelligenza reale della situazione prevalente e che giunge alla conclusione che la partita odierna non può essere vinta. Tuttavia ai neo-monastici muovo una grave obiezione. Al di là della discussione sulle probabilità nulle oppure no di vittoria nel contesto storico attuale, c’è un problema di cui molti non sembrano rendersi conto: se non si esercita appassionatamente la ragione e l’impegno culturale sui temi che la contemporaneità propone – e il tema di oggi è l’imposizione del regime del gender, poche storie –, se non si partecipa in modo serio e competente al dibattito sociale e alla lotta politica, se non si producono discorsi, riflessioni, libri e iniziative pubbliche dotate di dignità culturale sugli argomenti all’ordine del giorno della storia, si finisce per pensarla esattamente come i padroni dell’egemonia culturale vogliono. Si finisce per conformarsi al pensiero dominante.
San Paolo ha scritto quasi duemila anni fa: «Non conformatevi» (Rm 12,2). Chi smette di impegnarsi nella politica e di produrre giudizi culturali specifici e competenti, finisce per conformarsi. Consiglio ai neo-monastici di leggersi qualche libro di antropologia e di psicologia, per rendersi meglio conto dei meccanismi profondi del conformismo sociale.
Quando dico “impegnarsi in politica” non mi riferisco principalmente alla partecipazione alle attività di un partito politico, come dirigenti o come semplici militanti, ma all’impegno collettivo nello spazio pubblico. È tempo di movimenti popolari. In assenza dei quali, succederà in Italia quello che è già successo in altri paesi. Lo abbiamo già visto nei paesi protestanti del Nord Europa, dove la riduzione della fede alla sfera personale ha prodotto l’estinzione virtuale delle Chiese.
Qui però io vorrei proporre una specie di mediazione fra le due linee di pensiero e di azione sopra descritte, quella militante e quella neo-monastica. Una mediazione decisamente idealistica e molto provocatoria. Frutto di una certa stanchezza, se volete. Consideratela il prodotto dell’angoscia esistenziale di uno che nel giro di poco più di cinquant’anni s’è ritrovato a vivere in una civiltà completamente differente da quella in cui era nato.
Nell’Italia in cui sono nato non vigeva nemmeno una legislazione per il divorzio, il massimo di distanza possibile fra due persone che si erano sposate (un uomo e una donna, ovviamente) era la separazione legale. Adesso rischio seriamente di chiudere gli occhi su un mondo dove non basterà sentire pronunciare le parole “Aldo si è sposato settimana scorsa” per essere certi che il coniuge sia una donna, e dove la frase “Anna non ha mai conosciuto suo padre” non significherà necessariamente che la bambina è figlia di una ragazza madre o che suo padre è morto quando lei era piccolissima. Potrebbe voler dire che la sua è una famiglia omogenitoriale formata da due donne che l’hanno concepita con la fecondazione eterologa.
Quel che io propongo lo definirei una forma di “neosionismo”.
Avete presente il sionismo? Il movimento per la creazione di una patria ebraica? Nacque dalla considerazione che per gli ebrei era diventato impossibile vivere la loro pratica religiosa e le loro tradizioni nell’Europa dei nazionalismi, teoricamente aperta a riconoscere i loro diritti di cittadinanza più degli stati monarchici e cristiani, ma che nella realtà attuava un’omologazione insopportabile e lasciava la porta aperta ai casi Dreyfus. Israele nacque, al termine di una guerra contro gli stati arabi, cinquant’anni dopo il primo congresso sionista come lo Stato dove gli ebrei potevano autodeterminarsi politicamente sulla base della loro storia, dei loro valori e delle loro tradizioni, a prescindere dal fatto che fossero praticanti o non praticanti, credenti o non credenti.
Ora, io credo che sia venuto il tempo per istituire qualcosa del genere all’interno del mondo occidentale. Oggi sta diventando impossibile, nei nostri paesi, vivere sulla base della legge naturale che è iscritta nel cuore di ogni uomo, ma che non tutti sono disposti a riconoscere. I fautori del totalitarismo biopolitico egualitarista hanno instaurato una guerra civile permanente contro chi la pensa diversamente da loro e vuole vivere come si è sempre fatto. Vogliono non solo imporci nuove, false, sovversive istituzioni come il matrimonio fra persone dello stesso sesso, non solo eliminare i deboli e gli anziani con la truffa dell’eutanasia (un’altra falsa libertà, in realtà uno stratagemma per ridurre i costi economici di un welfare tutto statalista), non solo legalizzare le droghe per meglio controllare il popolo rimbambito (la cannabis è solo il primo passo della liberalizzazione di tutte le droghe, non lo avete ancora capito?). Vogliono soprattutto costringerci a parlare e alla fine pensare come loro (la legge contro l’omofobia è solo un inizio di provvedimenti contro la libertà di parola, finalizzati al controllo del modo di pensare della gente) e vogliono soprattutto fare il lavaggio del cervello ai nostri figli e nipoti a scuola, con lezioni di educazione sessuale e di teoria del gender sin dalle scuole elementari che in realtà sono vere e proprie violenze psicologiche contro i bambini e tentativi di corruzione dei minorenni.
Contro tutto questo è impossibile difendersi, perché anche quando si vince una battaglia politica, dopo qualche anno arriva la sentenza di una Corte di Cassazione italiana o di una Corte dei diritti umani europea o di una Corte costituzionale degli Usa che ribaltano leggi sulla fecondazione assistita o sul matrimonio approvate dalla maggioranza dei cittadini attraverso referendum o votando per partiti disposti a difendere i valori tradizionali.
Che fare allora? Propongo di dividere i territori dei paesi d’Europa in base alla percentuale di persone favorevoli e contrarie all’agenda Lgbt. Ognuno potrà portare avanti il proprio programma politico nel territorio di pertinenza: i liberal potranno farsi tutte le canne e le pere che vorranno, potranno sposarsi come vogliono, anche a gruppi di 10 persone di cinque diversi orientamenti sessuali (L, g, b, t, etero), potranno praticare l’eutanasia senza limiti, manipolare gli embrioni come neanche uno scienziato pazzo riuscirebbe a immaginare, potranno praticare aborti anche retroattivi fino al terzo mese di vita del bebé (è un’idea di Peter Singer, il filosofo australiano). Invece dall’altra parte si farà esattamente il contrario: cioè niente di tutto quello dianzi elencato, si conserveranno abitudini e proibizioni vigenti, si rispetterà l’antica istituzione del matrimonio monogamico fra uomo e donna, e in più si comincerà a dare un giro di vite alle legislazioni abortiste e si ripristinerà la legge 40 italiana sulla fecondazione assistita così com’era prima che i magistrati la sfigurassero.
Ma soprattutto l’impostazione culturale e la visione antropologica delle due entità politiche sarebbero profondamente diverse: nella prima si continuerebbe a mettere i capricci dell’individuo al di sopra di tutto, a piegare la natura e lo stesso corpo umano alla volontà volubile e senza freni del singolo, Dio di se stesso; nella seconda l’uomo si sforzerebbe di mettersi in ascolto della natura, di cercare nella realtà le tracce di un ordine che precede l’uomo, e al quale l’uomo tenterà di armonizzare sia la propria personale volontà che l’organizzazione sociale. Piena libertà religiosa, nessuna religione di Stato, ma una chiara scelta a favore del mettersi in ascolto della realtà per cercare di comprendere la parola, più grande di noi, che essa continuamente pronunciata. Questo lo diceva anche Martin Heidegger, che pure era ateo.
Prendetela pure come una provocazione, come la reazione di un ultracinquantenne esasperato. Ma ai liberal, agli ultraprogressisti e ai sostenitori dell’agenda Lgbt che non apprezzeranno la provocazione dico: avete presente il concetto di tutela della biodiversità? Se ne parla a proposito di agricoltura e di problemi ambientali. Si dice che le grandi monocolture basate su poche sementi selezionate dalle grandi multinazionali rischiano di impoverire la biodiversità vegetale, cioè di provocare l’estinzione di molte varietà vegetali. Più diventerà povero il corredo biologico delle specie coltivate, e più aumenta il rischio che pesti e patologie delle piante annientino i raccolti e portino il mondo alla fame. Bisogna tutelare la biodiversità, non bisogna ridurre le coltivazioni a poco immense monocolture, perché un domani potremmo pagarla cara, forse con l’estinzione della razza umana.
Ecco, io propongo di applicare lo stesso principio alla vita politica: per favore, potentissimi signori liberal, voi Hollande, voi Obama, voi Zapatero, permettete a chi vorrebbe vivere in società secondo regole diverse da quelle che voi vorreste imporre a tutti gli esseri umani di farlo. Permettete un po’ di biodiversità nel campo della biopolitica. Forse è meglio che ci sia in futuro qualche paese dove le droghe non sono tutte liberalizzate, o dove i figli sanno veramente chi sono i loro genitori biologici (coi matrimoni omosex e con le fecondazioni eterologhe saranno sempre di meno a saperlo), o dove gli anziani e i malati mentali non sono sospinti verso il suicidio di Stato. Forse quei paesi potrebbero rappresentare una riserva di umanità, di valori, di motivazioni, di spirito di sacrificio eccetera che verrà utile nel mondo di domani. Il mondo che voi avrete portato al tracollo a causa dell’assolutizzazione dell’individualismo e dell’egualitarismo. Per favore, lasciateci vivere a modo nostro e prosperare: potremmo essere l’ancora di salvezza della razza umana nel caso che i vostri esperimenti di palingensi biopolitica egualitarista finissero male.
“Ma in che senso questa proposta è una mediazione fra militanti e neo-monastici?”, vi starete chiedendo. Nel senso che concilia le preoccupazioni delle due diverse sensibilità. La convinzione dei secondi, per cui un certo tipo di socialità, improntata ai valori cristiani e al riconoscimento di una natura umana che ha bisogno di dipendere da qualcosa che viene prima di sé, si può realizzare soltanto in un ambito circoscritto; e la convinzione dei primi, secondo cui la dimensione politica è comunque essenziale e ineliminabile, perché propria della natura umana.
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32 commenti
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Se davvero come suggerito in questa bella provocazione potessimo spartirci l’Europa tra spiriti (diciamo) progressisti e (diciamo) cristiani, nel breve volgere di due o tre generazioni gli Stati retti dai primi sarebbero lande spopolate, governate dall’anarchia e dalla paura; e quelli dei secondi ordinati, sicuri, prosperi, popolosi e felici. Purtroppo, questa divisione è solo utopia.
si si come no, infatti le lesbiche con figli sono forse una mia invenzione??? anzi lo sai che una coppia lesbica può portare avanti due gravidanze contemporaneamente??? vi battiamo!
Erika T, non ti ho capito. Le lesbiche incinte di cui parli vengono chiaramente comunque fecondate da un uomo, dal suo seme, quindi “vi battiamo” che vuol dire? Batti chi? La biologia si impone e non c’è verso di batterla, due lesbiche, senza la “partecipazione” di un uomo, la gravidanza se la sognano…
Il Pensiero Unico sta modellando sulla teoria (indimostrata), cioè, sull’ideologia del gender la società attraverso media, industria dello spettacolo, scuola e legislazioni ad hoc. Inutile negare l’evidenza: non è contemplato il dissenso e proprio per prevenirlo si vuole elevare, secondo le linee-guida di un organismo dell’O.M.S., la masturbazione a valore pedagogico da instillare fin dalla più tenera età. Non si sa neppure se si nasce gay (predisposizione genetica) o si diventa gay (fattori culturali): nell’incertezza, si instillano nelle teste dei più piccoli le idee che commissioni in cui sono rappresentati gay con legami con associazioni pro-pedofile ritengono giuste e senza interpellare i genitori-monstre, cioè, le ‘famiglie tradizionali’ che mettono al mondo bambini pretendendo, poi, di educarli come ritengono opportuno.
Il processo di iniziazione precocemente inagurato, nota bene a quattro anni d’età, si concluderà verso i sedici, quando, fra l’altro, i giovani avranno appreso di essere il risultato di una unione dovuta a uno stereotipo culturale e a una ‘odiosa prevaricazione di genere’ che riconosce a due sessi soltanto quello che, no, deve spettare, di riffe o di raffe e banche del seme da acquistare e mercati di uteri da affittare, alle opzioni sessuali più disparate: tante quante vuole la (mono)cultura cui tutti devono attenersi (e la natura si arrangi).
In realtà, sembra che dei bambini si possa fare tutto: che li allevi una équipe socio-psicologica qualificata oppure due o più individui dello stesso sesso o famiglie composte da tre individui di un sesso e cinque dell’altro e sei o sette come gli va, che differenza fa, per i bambini? Ma rispetto a aberrazioni di questo genere, il primo diritto del bambino è avere una coppia di genitori che corrisponde agli individui sessualmente complementari che lo hanno generato, Ecco, questo loro diritto è, per gli adulti, un valore non negoziabile: e di questo sono consapevoli anche molti gay, tranne quelli che vengono a ‘batterci’ anche qui, in attesa di far chiudere un sito come questo e far rinchiudere chi dissente dalle follie del Pensiero Unico in galera per omofobia.
Ottimo articolo davvero. A commento della sintesi che l’autore suggerisce tra militanti e neo-monastici, credo sia bene rivolgere l’attenzione alla verità profetica che il Creatore degli universi ci ha trasmesso attraverso la sua parola affinchè non siamo ingannati.
Non so quanti di quelli che leggono concordano sul fatto che stiamo vivendo “il tempo della fine” della società umana di cui ha parlato il Messia, ma sono convinta che ne abbiamo tutti i segni, e l’oggetto dell’articolo è uno di questi. La totale apostasia (separazione) da tutto ciò che è giustizia, verità, ordine naturale divinamente impresso alle cose accompagnato ad una potentissima forza d’inganno che trasformerà per i più il male in bene e il bene in male (si legga, oltre alle profezie dello stesso Messia nei vangeli, 2 Tessalonicesi 2:3-12).
Questa apoteosi del male sarà consentita da Dio che finora ne ha “trattenuto” l’azione: questo spiega l’attuale vorticosa accelerazione di queste nuove (ma lo sono davvero?) dottrine sociali apparentemente improntate a tolleranza, uguaglianza, unità, “pace e sicurezza” del genere umano di cui siamo tutti testimoni. Chi ha letto la Bibbia sa che “quando diranno pace e sicurezza”……
Ma prima che il Messia torni a portarci la liberazione, deve accadere ciò che è scritto in Apocalisse 13:5-10………..E le fu data una bocca che proferiva parole arroganti e bestemmie. E le fu dato potere di agire per quarantadue mesi. 6 Essa aprì la bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome, il suo tabernacolo e quelli che abitano nel cielo. 7 Le fu pure dato di far guerra ai santi e di vincerli, di avere autorità sopra ogni tribù, popolo, lingua e nazione. 8 L’adoreranno tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti fin dalla creazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello che è stato immolato.
9 Se uno ha orecchi, ascolti. 10 Se uno deve andare in prigionia, andrà in prigionia; se uno dev’essere ucciso con la spada, bisogna che sia ucciso con la spada. Qui si vedrà la fermezza e la fede di quanti appartengono al Signore”.
Sappiamo quindi che l’intera umanità si inginocchierà davanti a questa Bestia: se siamo attenti ne vedremo già i connotati non solo nell’imposizione del regime del gender, ma anche di un regime economico, politico e infine spirituale già all’opera – anzi quasi pronto a proclamarsi apertamente – davanti ai nostri occhi.
Il dilemma tra militanti e neo-monastici si risolve nel comando che ci è dato di “restare in piedi fino alla fine”. Chi dice e crede di essere cristiano sappia e ricordi che la sua fede verrà provata grandemente (questo è il “battesimo del fuoco” di cui parlano le Scritture), ma altrettanto grande è la ricompensa promessa dal nostro Salvatore e futuro governante.
Stiamo in pace dunque, difendiamo la giustizia e la verità finchè ci sarà possibile, ma soprattutto assicuriamoci di avere costruito la nostra casa sulla roccia, altrimenti rientreremo automaticamente non tra i santi (dove santo significa semplicemente “separato, messo a parte”) ma tra i milioni che si inginocchieranno alla Bestia.
“Fedele è Colui che ha fatto le promesse” (Ebrei 10:23).
Ottimo intervento Giulia! Mi trovi perfettamente d’accordo. Maràna tha!
Perfetto Giulia. Ci siamo. E auguri di forza e coraggio a tutti gli uomini di buona volontà.
Dove lo vedete il regime totalitario? A voi cosa importa di quello che fanno gli altri? Pensiamo più tosto a pensare alle cose in casa nostra..
Ecco brava Veronica pensa ai fatti tuoi… il problema però è che se intervieni a commentare a margine di un articolo le considerazioni degl’altri ti contraddici un attimino…
In questo articolo si fa confusione tra due cose: la libertà per una donna di avere un pene, e la costrizione per una donna ad avere un pene. Sono due faccende distinte: se mai un giorno la tecnica consentisse alle donne di avere più organi sessuali, non vedo quale sia il problema bioetico, visto che non si fa male a nessuno e il corpo è il loro. Diverso è il caso prospettato di un’imposizione ad aggiungersi un pene, ma non si vede come dal primo scenario si debba passare necessariamente al secondo.
Il punto è solo uno in realtà: nessuno vi obbliga ad adeguarvi all’agenda LGBT, queste riforme servono solo a permettere a chi voglia farlo di aderirvi, e non a costringere chi non è gay è farlo. Se non siete favorevoli al matrimonio gay, banalmente non sposate una persona del vostro stesso sesso, ma lasciate a chi vuole il diritto di farlo. L’unico diritto che le leggi pro-gay vogliono togliervi, è il diritto di impedire ad altri di fare quello che credono della vostra vita. Quello che voi reclamate non è un diritto per voi stessi, è il diritto di poter continuare a nuocere ad altri, con le vostre idee bigotte. Ergo, nessuno vi obbligherà mai a contrarre un matrimonio gay, ma forse un giorno si arriverà a vietarvi di parlare male del matrimonio gay, come del resto è oggi vietato parlare male dei matrimoni tra neri e bianchi, e questo perché le vostre parole non sono volte a dare diritti a voi, ma a togliere diritti ad altri, e questo è un inaccettabile incitamento alla discriminazione.
“L’unico diritto che le leggi pro-gay vogliono togliervi, è il diritto di impedire ad altri di fare quello che credono della VOSTRA vita”. Fantastico lapsus calami. Rivelatore. Grazie, Freud.
Già su questi slogan vecchi come il cucco tipo “il corpo è mio” ” ho il diritto di fare ciò che voglio” ecc., ci sarebbe da riflettere.
Se il corpo fosse nostro decideremmo quando nascere, dove nascere, da chi nascere. Niente di tutto questo. Ci costruiremmo un corpo secondo i nostri canoni di bellezza e intelligenza, invece niente, siamo fatti come ci hanno fatti e spesso non ci piacciamo. Se anche, ad esempio, cerchiamo di smagrire per essere più belli ma il nostro fisico è di struttura robusta riusciamo solo ad ottenere una faccia da gufo e un corpo flaccido, ben lontano dall’agognata snellezza che sogniamo. Poi il corpo invecchia, nostro malgrado, si ammala contro la nostra volontà e muore nel momento stabilito sicuramente da un Altro. Noi non possiamo aggiungerci neppure un minuto in più di vita. E allora come si può dire che il corpo è nostro? Di fatto il nostro corpo non ci appartiene, è solo in usufrutto.
“Ho il diritto di fare tutto ciò che voglio”. Ma da dove viene questo diritto? Chi ce lo garantisce? Se io mi metto a sputacchiare per strada mi arriva uno schiaffone da che mi cammina vicino.
Dalla legge? le leggi cambiano rapidamente, si interpretano e non garantiscono mai, da che mondo esiste, di fare tutto quello che si desidera.
E come posso fare tutto quello che voglio se il corpo di fatto non è mio, la vita non è mia (adesso ci sono e tra un attimo posso non esserci più), la terra su cui vivo non è mia (basta uno tsunami per spazzarci via in massa), e il mio prossimo non sopporta affatto le mie bizzarrie?
Basta ripartire da queste premesse (e qualcuno mi dia una dimostrazione scientifica che non sono esatte) per costruire ragionamenti più realistici.
C’è poi il grandissimo discorso della felicità verso la quale tutti tendiamo e per la quale siamo nati. Se il nostro essere è determinato in un certo modo, ovvero se noi siamo creature dipendenti da Altro, la nostra felicità non può realizzarsi se non assecondando il progetto Altro.
@ Federico: le ultime quattro righe spiegano esattamente perché una certa forma mentale sia semplicemente pericolosa.
Sentiti ringraziamenti per aver tirato acqua al mulino di Casadei.
Avrò cura di diffondere il più possibile il tuo post.
Toh, Federico Ferrari, ed io che pensavo che quandi si parla di questi matrimoni tra neri e bianchi, credevo si trattasse di un uomo e una donna ! Poi, con questa storia dei diritti per tutti, state esagerando un pochino: esiste forse il diritto del pedofilo a vedere riconosciuta la sua unione? oppure esiste il dritto dell’incestuoso ad accasarsi con un figlio ? o ancora è concepile il diritto del poligamo?
Più banalmente, esiste il diritto di uno stonato a cantare in un coro polifonico ?
In ultimo, il ritornello che uno non è costretto a subire queste aberrazioni, suona tanto, ma tanto nazista: se una cosa è profondamente ingiusta non è che riguarda solo me. Certo, capisco che questi discorsi per chi guarda solo al suo ombelico e non ha figli, se non acquistati a peso d’oro come schiavi, suonano strani, ma ancora c’è qualcuno che si preoccupa di visioni egoistiche e menefreghistiche al massimo della società.
già…..dateci un lenzuolo di terra….preferisco essere chiuso lì dentro una “riserva cristiana”. Voglio essere tutelato come i pellerossa!
Aldous Huxley è stato davvero lungimirante con “Il mondo nuovo”..
Lei è pazzo, lo sa vero?
Mah?!
A me sembrava una provocazione, ma vedo che c’è chi prende la cosa sul serio.
Comunque, basterà insegnare ai nostri figli ad avere un po’ di senso critico e un giorno saranno loro a seppellire con una sonora risata il ridicolo totalitarismo lgbtxyz (magari insieme agli altri figli quando scopriranno che son stati comprati un tanto al chilo).
Sarà perché ho vissuto il crollo di tutte le menzogne del comunismo da un giorno all’altro che sono moderatamente ottimista?
Le famiglie naturali (cioè fondate sul matrimonio tra un uomo ed una donna) ridotte a “specie in via d’estinzione” da rinchiudere in una riserva/ghetto come i Pellerossa d’America o come gli ebrei a Varsavia durante lo Sterminio?
No, grazie, non ci sto!
Piuttosto battiamoci, insieme a Manif pour Tous Italia e Sentinelle in Piedi, perché la famiglia naturale non venga mai attaccata e distrutta da certe perverse ideologie!
Caro Rodolfo,
spero innanzitutto mi perdonderai questa libertà che mi prendo di rivolgermi a te con familiarità. Il tuo articolo è una seria provocazione per me perchè mi sento, forse come te, di fronte a quella possibilità di dualismo di cui parli in maniera così estesa e chiara. E mi pare di scorgere, come ammetti tu stesso, una sorta di sfogo che condivido in pieno. Mi domando sempre più spesso, con sempre più meraviglia e crescente rabbia (e quindi frustrazione) come sia possibile che accada tutto quanto stiamo vivendo in questi anni. Mi domando come sia possibile accecare a tal punto le coscienze di milioni di essere umani che si scandalizzano per un cappellino di pelliccia (vedi Hunziker) e plaudono al suicidio di anziani coniugi o all’eutanasia di bambini innocenti. Avendo imparato, durante gli studi di Fisica, ad osservare la Realtà, la Natura pieno di stupore per le meravigliose leggi che la governano è per me inconcepibile l’attacco all’oggettività che stiamo attraversando. La tentazione dell’Aventino è forte, ma lo spirito guerriero prevale. Non possiamo mettere la lanterna sotto il moggio. Dobbiamo lottare per quanto ci è dato, per quanto possibile. Un saluto
C’è una profonda tristezza nella visione del mondo che emerge dal pensiero dell’autore di questo articolo. Una grande difficoltà a confrontarsi con un mondo che cambia a una velocità maggiore che in passato. La reazione è simile a quella del soldato giapponese a distanza di anni continuava a combattete una guerra già persa. Io dico una sola cosa parafrasando i toni di Casadei: attenzione non tutto quello che è naturale è anche cosa buona e giusta!
Le auguro di superare questa sua stanchezza e di ritrovare l’equilibrio necessario per guardare avanti.
filomena, la trristezza la provo io pensando che tu vedi il sol dell’avvenire dove gli altri vedono il temporale. come fai a non vedere la schiavitù che state preparando per il futuro. come fate ad accettare tanta violenza alle leggi naturali . e soprattutto come fate a non avere rispetto per i bambini ma a trattarli come una merce e un prodotto. per questo non vi potrò mai approvare. e a casadei vorrei dire che siamo ancora maggioranza, ma le leve dell’informazione e i gangli politici e finanziari sono infettati dal virus gender. bisogna attaccare il centro . ( cominciando da lerner e boldrini)
Io sarò anche cieca ma contrariamente a quello che sostieni per fortuna siete voi una minoranza e in democrazia le leggi le fanno la maggioranza. Perfino i sondaggi fatti dal Papa, ad eccezione dei matrimoni gay, vi danno torto, compreso quello sull’aborto.
Per fortuna in democrazia le leggi le fa la maggioranza….
È tutto quello che arriva è automaticamente buono e giusto…
Senza usare la ragione e interrogarsene, si piglia tutto come arriva…
Perchè una famiglia naturale composta da un uomo e una donna che naturalmente procreano non è una cosa buona e giusta?
Quello proposto nell’articolo è un suicidio nonchè un andare contro il Vangelo.
Siamo sale della terra o no?! Lievito della pasta o no?! E allora significa che dobbiamo continuare a mescolarci con e nella società per continuare ad essere segno di contraddizione e speranza, nel mondo ma non del mondo.
E’ dura, per tutte le cose condivisibili scritte nell’articolo ma l’idea della riserva, sarà anche una provocazione, è una resa e come detto un errore.
Ecco cosa diceva Joseph Ratzinger
già nel 1971
“Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la Fede al centro dell’esperienza. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti. Allora la gente vedrà quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto. A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che ha già fatto fallimento con Gobel, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà mai più la forza dominante della società, nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la chiesa conoscerà una nuova fioritura ed apparirà agli uomini come la patria, che ad essi dà vita e speranza oltre la morte”.
Articolo interessante.
Forse sarò l’unico contrario, ma l’idea di crearsi uno stato “a sè stante” non la trovo giusta. Anzi.
Cmq sicuramente è un’idea che alle volte tenta. Sarebbe molto bello poter dire: “Sapete che c’è? io me ne vado in un paese dove la cultura della morte e dello scarto è bandita. Voialtri arrangiatevi. Autodistruggetevi pure.”
A mio parere se ne esce solo dando testimonianza di cosa sia la verità. Ognuno nei suoi ambienti.
Infatti fateci caso, dove la cd cultura della morte avanza galoppante è proprio dove è più forte il cd “secolarismo”. Prima le persone (e di conseguenza la società) diventano atee, poi iniziano con il proporre tutte queste “belle” ideonze. Anche nel 900 è stato così (ma forse in tutti i secoli).
Pensiamo a quanti cristiani si sono trovati in una società non certo cristian-friendly eppure non hanno ceduto all’idea di auto-emarginarsi. Non occorre risalire ai primi secoli. Pensate a giovannipaoloII in che razza d’ambiente è cresciuto. E come lui quanti altri nella storia? miliardi.
PS: Certo avere un gruppo editoriale ed un giornale attento a questi temi e impegnato a combattere la cultura della morte aiuterebbe molto.
PS2: se la scuola insegnerà a mio figlio la “maleducazione sessuale” (peni di legno, vagine di peluche, vibratori, masturbazione ecc ecc), prenderò le dovute “contromisure”. Ultimamente mi sto informando per l’educazione parentale.
PS3: Aleudin. Da che libro hai tratto la citazione di Ratzinger?
Puoi leggere qualcosa sui seguenti links:
http://www.culturacattolica.it/?id=17&id_n=32608
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/papa-el-papa-pope-benedetto-xvi-benedict-xvi-benedicto-xvi-22434/
Cardinal Ratzinger? Lo stesso cardinal Ratzinger che da Papa, nella Caritas in veritate ha scritto “”La Chiesa ha una responsabilità per il creato e DEVE FAR VALERE QUESTA RESPONSABILITA’ ANCHE IN PUBBLICO. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso. È necessario che ci sia qualcosa come un’ecologia dell’uomo, intesa in senso giusto. Il degrado della natura è infatti strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando l’« ecologia umana » [124] è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio. Come le virtù umane sono tra loro comunicanti, tanto che l’indebolimento di una espone a rischio anche le altre, così il sistema ecologico si regge sul rispetto di un progetto che riguarda sia la sana convivenza in società sia il buon rapporto con la natura”?
(Caritas in veritate, n. 51, 2° paragrafo)
Una provocazione da prendere davvero in considerazione….condivido tutto l’articolo. Occorre costruire una nuova arca di Noè ma questa volta “din-ont-organica”, parola tecnica un po’ difficile ma che esprime esattamente il senso di questo articolo. Coraggio ogni generazione ha la propria missione da compiere sempre nella Carità/Verità. Luca
Non ho trovato una sola parola che non condivido pienamente, credo che in queste frasi vi siano i pensieri di tantissime persone, dovrebbero essere scritti molti più articoli in questo modo.
I miei complimenti al Signor Rodolfo Casadei.