Un obiettivo per la “festa della scuola” con papa Francesco: togliamo l’istruzione allo Stato e lasciamola fare a chi la sa fare

Di Luigi Amicone
05 Aprile 2014
Il 10 maggio cattolici e laici insieme a Roma per liberare l'Italia dal monopolio statale (fascista) dell'educazione. Insegnanti e genitori sanno spendere le risorse pubbliche meglio dell'apparato. Vedi il caso paritarie

scuola-liberta-educazione-tempi-copertina«Immaginate una scuola autogestita da comitati di genitori, docenti o enti no profit, che contrattano con l’autorità scolastica gli obiettivi del progetto educativo. Bisognerebbe accettare anche in Italia che il ruolo dello Stato sia limitato a finanziare e regolare l’istruzione scolastica (pubblica o privata che sia), lasciando ad altri il compito di gestirla e di fornire il servizio alle famiglie». Parola della Conferenza episcopale italiana? Di un presidente di opere educative no profit? Di un dirigente di “diplomificio”? No. Progetto di riforma proposto da due laicissimi professori all’università di Bologna e alla Bocconi di Milano. Andrea Ichino e Guido Tabellini.

Qual è il tarlo che i due prof hanno individuato nella scuola italiana? Non i professori, non gli studenti, non i genitori. Tutte componenti che, nel bene e nel male, si arrabattano per tenere in piedi il carrozzone. Il tarlo è lo Stato. O meglio il fatto, quasi unico al mondo (eccetto nei paesi totalitari), che in continuità col fascismo lo Stato repubblicano ha mantenuto nelle proprie mani (bucate) il monopolio dell’istruzione. Perciò fa sorridere quando si sente dire (lo dice anche la ministra del governo Renzi) che la scuola è al centro dell’agenda politica in quanto il governo finanzia l’assunzione dei precari e i cantieri di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Iniziative lodevoli. Ma che equivalgono a soldi dei contribuenti buttati al vento se non si sterza decisamente verso l’autonomia proposta dalle intelligenze migliori.

Pensate, ogni studente scolarizzato nella scuola statale costa allo Stato (al contribuente) 7.319 euro. Contro i 500 euro che lo Stato spende per ognuno degli oltre 1 milione di studenti delle scuole pubbliche paritarie (risparmio totale: oltre 6 miliardi di euro all’anno). Ma se tutte queste risorse venissero consegnate al mondo della scuola, lasciandolo libero di scegliere se rimanere dentro il corpaccione dello Stato o gestirsi in autonomia, forse che insegnanti e genitori non saprebbero (come dimostra il caso paritarie) spendere bene e meglio dello Stato centralista?

D’altronde la fotografia Istat del sistema dell’istruzione monopolistica è abbastanza agghiacciante. In fatto di dispersione scolastica l’Italia è tra i paesi peggiori d’Europa: lascia i banchi troppo presto il 17,6 per cento degli alunni, con punte del 25 nel Mezzogiorno. Siamo maglia nera in Europa (appaiati alla Bulgaria e insidiando l’ultimo posto della Grecia) in fatto di giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo ma neppure impegnati in attività lavorative. E la cosa incredibile è che le regioni italiane che spendono di più in istruzione e formazione sono quelle del Sud, le stesse in cui i test registrano i peggiori rendimenti in termini di competenze.

Insomma, sarebbe bello, il 10 maggio, quando si troveranno a Roma insieme al Papa per la “festa della scuola”, che i cattolici portassero con sé la volontà di riprendere insieme ai laici una sacrosanta battaglia per la costruzione di una finalmente popolare e moderna scuola, liberata dal fallimentare (e di matrice fascista) monopolio statale dell’istruzione.

@LuigiAmicone

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7 commenti

  1. filomena

    A parte il fatto che dei dati economici andrebbe citata la fonte, chi mi dice che nel progetto della Madia non ci sia l’assunzione di docenti qualificati? Il problema è che per voi i docenti qualificati sono cattolici e questo non rientra tra i requisiti per essere un docente qualificato, è un fatto privato che con la scuola non c’entra nulla.

    1. piervise

      Il problema della scuola statale e comunque di tutti gli impiegati statali è che lo stato non applica nessun tipo di meritocrazia.
      Chiariamo subito , la gran parte degli insegnanti sono bravi (ritengo più del 90%), ma se qualche insegnante non svolge bene il suo lavoro, non può essere licenziato, non può ricevere a discrezione del preside un incarico diverso .
      La presenza anche di pochi soggetti negativi, sono uno sperpero di risorse economiche e umane di grandissimo danno per lo stato e per gli alunni.
      Se si applicasse un criterio di meritocrazia molti problemi si risolverebbero, ma è necessario togliere l’impossibilità di poter licenziare un dipendente pubblico.

      1. filomena

        Sulla meritocrazia ci darebbe molto da dire ma non credo che questo era il senso dell’articolo di Amicone. Lui infatti parla di contrattare con l’autorità scolastica gli obiettivi formativi non le competenze dei docenti. Mi sembra evidente che si vuole far diventare la scuola pubblica confessionale e questo in uno che per definizione è laico non è possibile

        1. Fran'cesco

          Filomena, devi sforzarti un po’ di piu’, ce la puoi fare. Se vuoi commentare un articolo leggilo TUTTO.

          “Parola della Conferenza episcopale italiana? Di un presidente di opere educative no profit? Di un dirigente di “diplomificio”? No. Progetto di riforma proposto da due laicissimi professori all’università di Bologna e alla Bocconi di Milano. Andrea Ichino e Guido Tabellini”

          Dov’e’ che si dice che si vuol far diventare la scuola confessionale?
          Forse perche’ la maggior parte delle paritarie sono cattoliche? Intanto non sono tutte; e poi forse vuol dire che le associazioni cattoliche (non il Vaticano come dice Shiva) ci tengono all’educazione…

        2. ftax

          Filomena. Mi sembra evidente che non hai capito un piffero della scuola pubblica e del principio di sussidiarietà…

  2. Shiva101

    Arturo, è l’intero sito che è un troll…

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