«Perché mi batto, da laico, per parlare della Bibbia a scuola»
Articolo tratto dal numero di gennaio 2021 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
«Chi è quell’uomo che fa ginnastica appeso a una croce all’entrata del paese?». Quando Matthieu Faucher, 40 anni, si sentì rivolgere nel 2016 questa domanda da un suo alunno delle elementari capì che era giunto il momento di fare qualcosa. Al maestro, agnostico, non importava nulla se quegli alunni tra gli 8 e i 10 anni della scuola elementare statale di Malicornay non erano battezzati e non conoscevano il cristianesimo. Ma la «scristianizzazione» in quei bambini del piccolo comune rurale francese di neanche 200 abitanti, situato nel dipartimento dell’Indre nella regione del Centro-Valle della Loira, aveva provocato un «enorme vuoto culturale» dalle conseguenze molto pratiche. «Perché non si lavora a Pasqua?», aveva chiesto un altro giorno uno studente. «E chi sarebbe Gesù?». Ecco perché nel settembre 2016 Faucher annunciò ai genitori degli alunni riuniti in assemblea che avrebbe intrapreso con i loro figli un breve excursus biblico.
All’assemblea era presente l’80 per cento delle famiglie e nessuno ebbe niente da ridire. Pur nel pieno rispetto della legge francese, che prevede l’insegnamento laico del fatto religioso, nel gennaio 2017 Faucher non fece a tempo a concludere il suo minicorso della durata di dieci ore (lo 0,6 per cento del totale) che una lettera anonima arrivò sul tavolo dei responsabili dell’accademia di Orléans-Tours, sotto la cui giurisdizione ricade la scuola di Malicornay. Nella missiva Faucher veniva accusato di «proselitismo» e di aver utilizzato una «grande quantità» di testi biblici per un numero di ore del tutto sproporzionato allo scopo. Faucher, insomma, fu accusato di voler convertire al cristianesimo i giovani studenti di Malicornay.
Dopo l’apertura di un’inchiesta amministrativa il maestro fu dapprima sospeso per quattro mesi a causa di «mancanze manifeste e multiple verso i princìpi fondamentali della neutralità e della laicità» e poi trasferito in un’altra scuola.
Faucher non accettò mai la sanzione «ingiusta» e fece ricorso. Nel luglio 2019 il tribunale amministrativo di Limoges annullò la sanzione, giudicandola «sproporzionata», ma il gabinetto del ministro dell’Educazione nazionale, Jean-Michel Blanquer, fece ricorso. Dopo un altro anno di incertezza, il 21 dicembre 2020 è arrivata «la vittoria su tutta la linea» del professore francese: secondo la Corte amministrativa d’appello di Bordeaux, «Faucher non ha mai, in alcun momento, manifestato una qualche credenza religiosa nelle sue funzioni d’insegnante». Anzi, il suo corso ha permesso di approfondire il tema della laicità e il suo vero significato.
«Non sono io quello che ha pregiudizi»
Ora il ministero dell’Educazione nazionale ha «un mese di tempo» per restituirgli il suo posto di lavoro nella piccola scuola di Malicornay e Faucher, parlando con Tempi, può finalmente sfogarsi: «A quanto pare non ero io “a fare del pericoloso proselitismo”, né sono stato un “perfetto imbecille”. Non ho neanche “mancato di discernimento”. Il mio corso non è stato né troppo lungo, né inadatto all’età dei miei studenti. L’ex direttore dell’accademia dell’Indre, la rettrice dell’accademia Orléans-Tours e il ministro ora mi chiederanno scusa? È evidente che sono altri, non io, ad avere dei problemi con la religione cattolica».
Faucher è stato descritto sui giornali francesi come un professore all’antica: si veste bene, quando entra in classe chiede che gli alunni si alzino in piedi e fa cantare con orgoglio la Marsigliese. Il suo approccio classico potrebbe aver suscitato gelosie e fatto storcere il naso a qualcuno, anche se «da quando mi sono laureato nel 2002 fino al 2017 non ho mai avuto problemi di alcun tipo». Anzi, gli studenti e le famiglie hanno sempre apprezzato i suoi metodi di insegnamento e la lettura della Bibbia aveva esclusivamente scopi didattici.
Faucher si è limitato del resto alle letture essenziali: il passaggio del Mar Rosso, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il perdono dell’adultera. E poi ancora qualche estratto del Vangelo secondo Matteo di Pasolini e del cartone animato Il principe d’Egitto. «Nella mia famiglia ci tramandiamo il lavoro di professore nella scuola pubblica di padre in figlio da quattro generazioni», spiega Faucher. «Ma quando mio nonno affrontava in classe il tema del battesimo dei re della Francia, nessuno dei suoi alunni avrebbe mai alzato la mano per domandare: “Che cos’è un battesimo?”. Oggi le giovani generazioni hanno completamente perso questa cultura e questi riferimenti».
E mentre in tutta Europa, non solo Oltralpe, troppi intellettuali fanno finta che la «scristianizzazione» delle società sia un problema che riguarda solo la Chiesa, Faucher si è reso laicamente conto di non poter più insegnare la storia e la letteratura del suo paese, imbevute di cristianesimo come sono, senza che i suoi alunni fossero almeno a conoscenza di che cosa avvenne duemila anni fa. «La “scristianizzazione” è arrivata a livelli impensabili» continua. «Alcuni sono soddisfatti, altri dispiaciuti, in ogni caso nessuno può negare che i nostri figli non hanno più le chiavi per comprendere il mondo che li circonda, la letteratura del loro paese, i 1.500 anni di cultura e di storia che li hanno preceduti. Stiamo assistendo a un disastro culturale ed è mio dovere di professore fare di tutto per limitare i danni». Infatti, «se tra 30 anni nessuno sarà più in grado di leggere una pagina di Victor Hugo e di Charles Baudelaire oppure di comprendere un quadro di Leonardo da Vinci, io mi sentirei personalmente responsabile in qualità di professore. Purtroppo, per alcuni ideologi questo è un male necessario, perché secondo questi personaggi la religione è dannosa per l’uomo e, per fare “tabula rasa” della religione, bisogna anche annientare la cultura legata ad essa. Ma per me è inaccettabile».
È davvero paradossale che Faucher, agnostico, sia stato messo nei guai dalla lettera di «un imbecille che non conosce la differenza tra catechismo e cultura». Ma ancora più grave ai suoi occhi è che i suoi superiori non l’abbiano difeso, ritenendo «ingiustificabile che io abbia introdotto dei testi biblici in una scuola pubblica».
«Un pilastro della civiltà»
Il professore di Malicornay non riesce a capacitarsi di come il ministro Blanquer abbia potuto fare ricorso contro la sua assoluzione nel 2019. «Proprio lui ha dichiarato alla stampa a più riprese che l’insegnamento culturale e laico del fatto religioso è necessario. Quindi la pensa come me. Potrebbe aver subìto pressioni da alcuni funzionari dell’Educazione nazionale molto ostili alla religione», ipotizza. Di fatto, i giudici hanno riconosciuto che «tutte le accuse contro di me erano ridicole: sono i miei accusatori che non erano neutrali, accecati dal loro odio per la religione cristiana».
Faucher non si è mai lasciato abbattere dalle calunnie, ma «questi quattro anni sono stati molto difficili. Per fortuna ho una famiglia molto unita: mia moglie e i miei figli hanno affrontato questa lotta con me». I giudici hanno imposto al ministero di restituire al professore il suo posto nella scuola di Malicornay e Faucher aspetta fiducioso, così come attende «le scuse dei miei superiori per gli errori commessi». Oggi è impegnato nel sindacato degli insegnanti Action&Démocratie Cfe-Cgc e spera che dalla sua vittoria scaturisca una nuova consapevolezza: «È necessario che il ministro riaffermi che la Bibbia è un pilastro della nostra civiltà e che il ruolo degli insegnanti è di trasmettere questa cultura. Noi non saremo mai dei meri esecutori e abbiamo il diritto di utilizzare la nostra libertà pedagogica nel rispetto dei programmi ufficiali». Più laico di così.
Foto di Aaron Burden per Unsplash
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