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Home Ambiente

La scuola del ministro Fioramonti spiegata al New York Times & co.

Tutto il mondo ci invidia il prode catastrofista climatico all'Istruzione. Ma l'unica catastrofe di cui dovrebbe occuparsi è quella del sistema scolastico italiano

Caterina Giojelli
10/11/2019 - 3:00
Ambiente, Interni
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«Oggi, in un’intervista al New York Times, spiego come l’Italia può diventare il primo paese al mondo a sviluppare un modello di educazione civica ancorata sulla sostenibilità e la sfida dei cambiamenti climatici»: tant’è, il New York Times pubblica un encomio del nostro poliedrico ministro Lorenzo Fioramonti, membro di un movimento «anti-sistema che da tempo ha posto le preoccupazioni ambientali al centro della propria identità», l’uomo che è «già diventato il bersaglio dei conservatori» per aver annunciato tasse su «zucchero e plastica» e avere incoraggiato gli studenti «a partecipare alle proteste climatiche a settembre invece di frequentare le lezioni».

ODE A FIORAMONTI L’ANTITRUMP

Dopo aver proclamato che dal prossimo anno tutte le scuole pubbliche d’Italia dovranno erogare 33 ore di lezioni sui cambiamenti climatici e che molte materie tradizionali, «come geografia, matematica e fisica, saranno studiate in una nuova prospettiva legata allo sviluppo sostenibile», il capo del dicastero dell’istruzione grillino non poteva che diventare il Bill de Blasio italiano per la bibbia liberal che – in un lungo articolo sull’Italia dove «incombe ancora» quel negazionista climatico di Salvini e l’instabilità dei governi ha impedito il successo di programmi educativi come quello promosso «da parte di un governo di sinistra di insegnare ai bambini come riconoscere la disinformazione» (link al grande progetto di “educazione civica digitale” proposto dall’allora presidente della Camera Laura Boldrini) -, ricorda che l’iniziativa del ministro mira a fermare i Trump di tutto il mondo, per insegnare ai bambini che un altro mondo è possibile.

In realtà il pezzo del Nyt non aggiunge una virgola all’intervista rilasciata qualche giorno fa da Fioramonti alla Reuters e che da El Paìs al Guardian fino al Washington Post ha scatenato il plauso mediatico intorno all’ex professore di economia della Pretoria University in Sudafrica, impegnato a «rappresentare l’Italia che si oppone a tutto ciò che Salvini esprime», un’ode al governo italiano che per primo, parola del ministro, farà della sostenibilità e del clima «il centro del modello educativo».

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OGNI GIORNO È UN «MI DIMETTO!»

Modello educativo? Ci chiediamo, dalla periferia dell’impero, se i giornaloni siano mai incappati in quell’antologia di dichiarazioni del ministro dello Stato etico e dietetico che qui in Italia è già diventata un genere letterario (copy Il Tempo). Ci chiediamo se sui bastioni che diffondono il verbo interplanetario di Greta Thunberg per salvare il pianeta al costo di qualche migliaio di miliardi, sia giunta notizia che dalle nostre parti il ministro Fioramonti è solito minacciare un giorno sì e l’altro pure cose come «tre miliardi in più per scuola e università o mi dimetto!». Uno che firma la giustificazione per l’ecobigiata proclamando «è in gioco il bene più essenziale, cioè imparare a prenderci cura del nostro mondo» e rimettendo al Miur  il monopolio di un’idea di bene comune che nella pratica, cioè nella scuola, non ha cavato una, dicasi una, soluzione.

LA PARITARIA NELLA DIFFERENZIATA

È il caso del “Salvaprecari bis” con cui il ministero ha dovuto sbrogliare un pasticcio creato dallo stesso Fioramonti quando, in barba alla legge 62 del 2000 sulla parità scolastica, aveva pensato di «assorbire il precariato nel settore statale» (con un concorso riservato a 24 mila insegnanti che hanno svolto tre anni di supplenze nello Stato), “dimenticandosi” del secondo pilastro del sistema nazionale dell’istruzione, la scuola paritaria. Una scuola che già si trova nella kafkiana situazione di essere obbligata ad assumere personale abilitato, ma di dover attendere che lo Stato avvii procedure per l’abilitazione: e che siccome queste coincidono con i concorsi di assunzione nella scuola statale, alla fine si ritrova senza insegnanti. Il tutto al netto della disparità economica che rappresenta il tallone d’Achille del sistema educativo in Italia: con che faccia il ministro pretende di prendersi cura del mondo quando non sa (non vuole) prendersi cura del suo?

ABBASSO LA LAUREA, VIVA GLI ALBERI

«Per fare l’insegnante non basta una laurea» tuona Fioramonti. Ma non serve una laurea nemmeno per capire che la scuola italiana (riassunto per gli amici del Nyt: decenni di sperimentazioni; edifici traballanti; insegnanti pagati poco, assunti dopo un calvario di supplenze e precariato, abilitati dopo laurea triennale, laurea specialistica, crediti formativi, concorsi oceanici, avvilenti corsi speciali e pseudo tirocini; presidi impossibilitati a scegliersi il personale) forse forse ha delle urgenze diverse dal trasformare entro il 2020 «l’Educazione civica in Educazione ambientale. E pianteremo due alberi in ogni scuola d’Italia!». Che forse, mentre il ministro coltiva gli alberi e il sogno di una scuola finlandese anche per l’Italia dimentica che in Finlandia la scuola non è sottoposta a controllo dello Stato e che si diventa insegnanti facendo l’università, professione economicamente riconosciuta.

PIÙ KIWI PER TUTTI

Ebbene, lo abbiamo scritto molte volte, nel Green New Deal immaginato dal governo giallorosso (con Fioramonti che prima promette un aumento di 100 euro per lo stipendio degli insegnanti, poi se lo rimangia paragonando la professione del docente a quella del donatore volontario di sangue, «quando si paga chi dona il sangue, diminuisce il numero dei donatori», poi lo reintroduce al grido «è questione di orgoglio nazionale»), è possibile immaginare di salvare economicamente capre e cavoli, insegnanti e alberi, scuole e pianeta svuotando le tasche degli italiani. Cioè sfruttando con la sugar, soda, fat tax, insomma le tasse etiche, la dipendenza del popolo da nutella e coca-cola: «In Italia il business delle merendine fattura miliardi. Non è un caso che l’uomo più ricco del Paese sia un produttore di merendine. Quello che a me preme è proteggere il futuro dei nostri ragazzi». Tassando le loro famiglie per il loro bene: «Nelle macchinette presenti nelle scuole troviamo bevande gassate, non kiwi o lattuga, merendine ipercaloriche invece di panini con la mortadella. È un dovere intervenire».

GESÙ E L’ULCERA DI NAPOLEONE

Mortadella? I doveri di Fioramonti che vuole una scuola in salute e bambini competentissimi nella raccolta della differenziata prevedono anche i repulisti dei muri delle aule: al posto del crocifisso «meglio una parete con una mappa geografica del mondo, un richiamo alla Costituzione e agli obiettivi dello sviluppo sostenibile». Nemmeno l’insegnamento della storia si salva dalla molto progressivamente aggiornata vocazione intellettuale dell’ex professore di Pretoria che crede in un approccio alla storia che superi «la superficialità del libro di testo»:

«Per esempio mio figlio mi ha sempre detto. “Ma perché, papà, la storia è una sequenza di battaglie?”. Tutti conosciamo le grandi battaglie di Napoleone. Ma quanti si ricordano lo sforzo più importante dell’epoca Napoleonica? Cioè la costruzione di un codice civile. (…) Cioè noi è come se raccontassimo una versione un po’ libresca del Trono di Spade e poi ci lamentassimo del fatto che la società in qualche modo incoraggia la violenza, vede nello scontro, anche nel conflitto un elemento essenziale della società». Lui, per esempio, ha «sempre amato per esempio i libri di storia che mi raccontassero le imperfezioni dei grandi del passato. L’ulcera di Napoleone, per esempio. La ragione per cui questo grande condottiero avesse la necessità costante di controllare il proprio stomaco, perché anche lui aveva dei problemi caratteriali, aveva delle paure, dei timori. Una cosa che noi abbiamo dimenticato. Ma le ragioni per cui Napoleone è sempre raffigurato con una mano sullo stomaco è quella che fondamentalmente andava di corpo».

IL PCUS DI ESPERTI, COME VANDANA SHIVA

Scrive il Nyt che Fioramonti si avvarrà per formare un ministero dell’istruzione all’avanguardia sul fronte ambientale di prestigiosi esperti, «come Jeffrey D. Sachs, direttore dell’Harvard Institute for International Development e Kate Raworth dell’Istituto di cambiamento ambientale dell’Università di Oxford». Non cita tra i “convocati” dal ministro, l’attivista indiana Vandana Shiva e il suo serbatoio di fake news, fra le tante, come la bufala dei 250 mila agricoltori indiani suicidatisi per colpa degli Ogm, la convinzione che non sia Xylella a dar la morte agli ulivi pugliesi ma la “chimica” dei regimi dittatoriali tecnologici che li vogliono estirpare: ergo, è necessario ribellarsi e abbracciare gli alberi mostrando loro affetto per fermare l’epidemia.

«FAREI BENE ALLA GERMANIA»

Secondo l’ultimo rapporto Ocse-Pisa, il sistema scolastico italiano è iniquo: egualitario sulla carta, nei fatti non solo non rimedia le differenze di partenza tra gli studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le rinforza. L’Italia spende male, non è più una possibilità per tutti, il tasso di abbandono scolastico si attesta sul 14,5 per cento (ben lontano dal 10,8 per cento della media europea) e le percentuali di quindicenni che hanno competenze in lettura, matematica e scienze al di sotto di un livello accettabile sono le peggiori d’Europa. E che fa il ministro? Sta su Facebook:

«Oggi il prestigioso settimanale tedesco Stern titola: “Perché un Ministro così servirebbe anche in Germania”, spiegando come le mie politiche siano un esempio di innovazione di cui tanti paesi europei avrebbero bisogno. E conclude: “Un Ministro come Fioramonti farebbe bene anche alla Germania. Uno che riconosce i segni del tempo e non li ignora, ma anzi reagisce ad essi”».

Bene, Stern, perché non vi prendete il ministro Fioramonti?

Foto Ansa

Tags: ClimaLorenzo Fioramontimiurnew york timesScuolavandana shiva
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