La guerra in Ucraina e il dilemma della Cina

Di Leone Grotti
16 Marzo 2022
Schierarsi con l'Occidente e dare il colpo di grazia a Vladimir Putin, emergendo come superpotenza "responsabile", oppure armare la Russia per evitare che capitoli, presto o tardi, a causa delle conseguenze della guerra in Ucraina? Forse Pechino ha già scelto la seconda
I presidenti di Russia e Cina, Vladimir Putin e Xi Jinping

I presidenti di Russia e Cina, Vladimir Putin e Xi Jinping

La Cina è davanti a un bivio: schierarsi con l’Occidente e dare il colpo di grazia a Vladimir Putin, emergendo come superpotenza “responsabile” agli occhi del mondo, oppure armare la Russia per evitare che capitoli, presto o tardi, a causa delle conseguenze della guerra? Fino ad oggi il regime di Pechino è rimasto a metà del guado, ma se i dispacci diplomatici americani “intercettati” dal Financial Times dicono la verità, la situazione potrebbe cambiare molto presto.

Alla Cina non piace la guerra in Ucraina

A 20 giorni dall’inizio della guerra, la Cina si è rifiutata di definire «invasione» o «aggressione» quella russa a danno dell’Ucraina. Non ha mai criticato la Russia o Putin, rimarcando gli errori dell’Occidente e della Nato nello scoppio del conflitto. Allo stesso tempo, però, ha devoluto 5 milioni di yuan (quasi un milione di dollari) in aiuti umanitari a Kiev e sicuramente non vede di buon occhio questa guerra.

Schierarsi con Putin, infatti, causerà un notevole danno d’immagine e di reputazione a Xi Jinping. La guerra, inoltre, danneggia l’economia mondiale e assesta un duro colpo a quel mercato globalizzato che ha permesso al Dragone non solo di prosperare, ma di diventare una superpotenza economica in grado di sfidare gli Stati Uniti. Anche senza il conflitto in Ucraina, infatti, la Cina quest’anno dovrebbe crescere meno rispetto all’ultimo trentennio.

Xi Jinping pronto ad armare la Russia

Nonostante gli ottimi motivi che potrebbero spingere il regime comunista di Xi ad abbandonare Putin al suo destino, la realtà dei fatti sembra portare a considerazioni completamente diverse. Dopo un incontro a Roma durato oltre sette ore tra il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, e il diplomatico numero della Cina, Yang Jiechi, Washington si è convinta che l’alleanza tra Russia e Cina è ancora forte. E la minaccia di «gravi conseguenze» nel caso il sostegno di Pechino a Mosca diventi «concreto», e non solo diplomatico, non sembra spaventare la Cina (che nel frattempo ha inviato 13 caccia militari nella zona di identificazione aerea di Taiwan).

Inoltre, secondo quanto contenuto in dispacci diplomatici riservati inviati dagli Stati Uniti agli alleati europei, la Russia avrebbe chiesto alla Cina cinque tipologie di armamenti per correggere la rotta di un’invasione che sta procedendo più lentamente rispetto a quanto immaginato dal Cremlino. La lista degli armamenti comprende missili terra-aria, droni, equipaggiamento di intelligence, veicoli corazzati e veicoli per la logistica e il sostegno alle operazioni militari.

Non è chiaro se Pechino abbia già rifornito Mosca delle armi richieste ma, secondo quanto dichiarato da un funzionario americano informato dei fatti al Financial Times, «la Cina sostanzialmente ha dato tacita approvazione alle azioni della Russia rifiutando di collaborare alle sanzioni, condannando l’Occidente e gli Stati Uniti per l’assistenza fornita all’Ucraina e affermando che desidera una risoluzione pacifica del conflitto pur non facendo nulla per ottenerla». Pechino, riassume il quotidiano della city, avrebbe anche «segnalato la sua apertura a fornire armi alla Russia».

I pessimi segnali da Estonia e India

Se la Cina si schierasse militarmente a fianco di Putin, l’Occidente probabilmente risponderebbe con nuove sanzioni ma non potrebbe evitare il rischio che il conflitto in Ucraina assuma dimensioni globali. A riguardo, ci sono altri due fatti preoccupanti: il primo è la disponibilità dell’India a comprare il petrolio «a prezzo fortemente scontato» che la Russia farà sempre più fatica a vendere ai partner occidentali. New Delhi, come ricorda la Cnn, pur non approvando l’invasione russa, si è astenuta nel voto di condanna all’Onu soprattutto perché acquista il 60% dei propri armamenti dalla Russia e non può permettersi di tagliare i rapporti con Mosca, dal momento che le tensioni al confine con la Cina non sono mai diminuite negli ultimi anni.

Se il mancato isolamento di Putin rappresenta un problema per l’Occidente, è preoccupante anche la risoluzione approvata lunedì dal Parlamento dell’Estonia, membro della Nato che confina con la Russia, chiedendo «agli Stati dell’Onu di stabilire una no-fly zone per prevenire il massacro dei civili in Ucraina». È la prima volta che un paese Nato chiede formalmente di istituire la no-fly zone sui cieli dell’Ucraina, aprendo alla possibilità dunque che aerei Nato abbattono quelli russi e che si scateni di conseguenza una nuova guerra mondiale.

L’analisi che spaventa Pechino

Resta da chiedersi perché la Cina voglia prendersi il rischio di allargare il conflitto invece che scaricare lo scomodo alleato russo. La risposta potrebbe venire da un’interessante analisi, che ha avuto enorme eco negli ambienti accademici, di Hu Wei, vicepresidente del Public Policy Research Center dell’ufficio di consulenza del Consiglio di Stato cinese e presidente della Shanghai Public Policy Research Association.

Secondo lo studioso, sia che Putin vinca sia che perda, la guerra non potrà che risolversi in una disfatta per lui. La Russia infatti si ritroverà nella migliore delle ipotesi dissanguata dagli effetti delle sanzioni economiche e con in mano un paese, l’Ucraina, ostile e ingestibile. Nella peggiore, invece, Mosca avrà perso militarmente sul campo e Putin sarà stato detronizzato.

L’immediata conseguenza di questo scenario è un rafforzamento della Nato, un rinsaldamento dell’alleanza tra Stati Uniti e Unione Europea, la destabilizzazione della Russia e il suo lento scivolamento nella sfera d’influenza occidentale. Una catastrofe per Pechino che si ritroverà «più isolata» e quasi accerchiata da Stati Uniti, Europa, Giappone, Corea del Sud, Taiwan e dalle loro alleanze: Nato, Quad e Aukus.

Perché la Cina può scegliere Putin

Ecco perché, secondo lo studioso, «la Cina ha ancora un periodo di una o due settimane per agire». Secondo Hu Wei, che ha pubblicato questa analisi il 5 marzo, la migliore soluzione per la Cina è abbandonare la sua «neutralità» e scegliere di schierarsi con l’Occidente per salvarsi dall’isolamento e «prevenire lo scoppio di guerre nucleari».

Le due settimane che secondo Hu Wei rimanevano alla Cina per scegliere cosa fare sono passate e i dispacci diplomatici sembrano suggerire che il regime comunista, pur condividendo la sostanza dell’analisi dello studioso, abbia deciso di agire in modo opposto: non sosterrà l’Occidente contro Putin, ma armerà la Russia per impedirle di capitolare. Sarebbe lo scenario più temuto, più preoccupante e più pericoloso.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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