

La Cina sostiene da sempre che Taiwan fa parte della Repubblica popolare. La cosiddetta “riunificazione”, come ribadito da Xi Jinping anche all’apertura del Congresso del Partito comunista cinese, può avvenire prima o dopo, con le buone o con le cattive. Ma è una questione di “quando” e non di “se”.
Poiché soltanto il 6,5 per cento della popolazione di Taiwan vede di buon occhio la riunificazione, secondo un recente sondaggio, è evidente che se Xi volesse davvero raggiungere questo obiettivo dovrebbe farlo usando la forza.
Anche se la Cina non ha mai fissato in modo chiaro una data limite entro la quale la conquista di Taiwan deve avvenire, nel 2013 e nel 2019 Xi ha affermato che la soluzione della questione di Taiwan «non deve passare di generazione in generazione». Nel 2017, inoltre, il Partito comunista ha chiaramente collegato la conquista di Taiwan al «grande rinnovamento della nazione cinese», che deve essere raggiunto entro il 2049.
L’Esercito popolare di liberazione, dunque, dovrebbe tentare un’invasione su larga scala nei prossimi trent’anni. Il segretario di Stato americano, Anthony Blinken, ha dichiarato però pochi giorni fa che «la Cina è determinata a perseguire la riunificazione molto prima» di quanto previsto, sottolineando che agli occhi di Pechino «lo status quo non è più accettabile».
Prima quando? L’ammiraglio Philip Davidson, comandante della Marina americana nell’Indo-Pacifico dal 2018 al 2021, disse al Congresso l’anno corso che l’invasione potrebbe iniziare prima del 2027. Una prospettiva che oggi, secondo l’ammiraglio Mike Gilday, il capo delle operazioni navali della Marina, è addirittura ottimistica.
«Quando parliamo della possibilità che avvenga entro il 2027, io penso che la data sia già il 2022 oppure il 2023». Cioè tra pochi mesi. «Non voglio assolutamente essere allarmista. Semplicemente, non possiamo escluderlo», ha detto all’Atlantic Council.
C’è chi ritiene che l’ammiraglio esageri. La prospettiva è bollata come una «speculazione irresponsabile» ad esempio da Bonnie Glaser, esperta dell’universo cinese presso il German Marshall Fund. «Il Pentagono è convinto della data del 2027. Ma arriva a questa conclusione ragionando su quando l’esercito cinese sarà davvero pronto a tentare un’invasione piuttosto che su notizie di intelligence. Non si può escludere nulla ovviamente ma per me è pura speculazione», ha dichiarato al Financial Times.
Agosto e settembre sono stati mesi caldissimi lungo lo Stretto. Dopo la visita a Taipei di della speaker della Camera americana Nancy Pelosi, la Cina ha condotto esercitazioni militari senza precedenti, durate oltre una settimana, simulando il blocco aeronavale dell’isola e facendo le prove generali di un’invasione su larga scala.
Se al termine del Congresso, che si chiude sabato, Xi Jinping sarà rieletto per un terzo mandato a capo del Partito comunista, e di conseguenza del paese, potrebbe cercare di «entrare nella storia», come dichiarato a Tempi dal dissidente Zhou Fengsuo, attaccando l’isola. Ma se lo facesse, si prenderebbe un enorme rischio, spiegava a Tempi Wu Jieh-min, scienziato politico dell’Academia Sinica, il principale centro di ricerche di Taiwan:
«Prendere Taiwan con la forza per Xi Jinping sarebbe la ciliegina sulla torta. Xi certamente brama Taiwan, ma avventurarsi in una simile impresa militare prima che l’Esercito popolare di liberazione sia totalmente pronto metterebbe a rischio, in caso di fallimento, non solo la sua carriera politica ma anche la sua sicurezza personale».
Foto Ansa
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