Biden sta combattendo il cambiamento climatico? Leggete questi dati
Gli Stati Uniti hanno fatto registrare il record di produzione petrolifera più alto di tutti i tempi. Secondo l’Eia, l’agenzia statistica e analitica del Dipartimento dell’energia, mai nessun paese al mondo aveva prodotto, come gli Usa nel settembre 2023, ben 13 milioni e 247 mila barili di petrolio al giorno per un mese. Washington non ha fatto neanche a tempo a registrare il record, che già lo ha superato di nuovo in novembre (13 milioni e 319 mila barili) e poi in dicembre (13 milioni e 315 mila barili). Ancora non sono usciti i dati del 2024, ma è probabile che la produzione sia ulteriormente aumentata nel primo trimestre di quest’anno.
Biden predica bene e razzola male
I numeri pubblicati dall’Eia sono sorprendenti e fanno ancora più rumore, come sottolineato dal Telegraph, se si considera che sono stati raggiunti dagli Usa durante l’amministrazione di Joe Biden. Dal giorno della sua elezione, infatti, il presidente democratico ha sempre promesso di fare il contrario: cioè di eliminare i combustibili fossili.
Solo pochi mesi fa, a dicembre, durante la Cop28 di Dubai, l’inviato del presidente Biden per il cambiamento climatico, John Kerry, ha dichiarato che «gli Stati Uniti sono favorevoli all’eliminazione dei combustibili fossili. Porre fine alla combustione di carbone, petrolio e gas è necessario per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi». Ha poi aggiunto: «Dobbiamo fare ciò che la scienza ci dice di fare. E la scienza è chiarissima».
Gli Usa trivellano nell’Artico
Come si conciliano queste parole con i dati dell’Eia, che confermano l’America al primo posto nel mondo per produzione ed esportazione di petrolio e gas naturale? L’industria energetica americana, oltretutto, è in continua crescita. Se il Texas, lo stato dove si trovano le formazioni di scisto più produttive degli Usa, per assurdo, si dichiarasse indipendente, diventerebbe da solo il quarto produttore di petrolio al mondo.
Se da una parte Biden ha aumentato la retorica contro i combustibili fossili, affermando che «il riscaldamento globale fa più paura di una guerra nucleare», dall’altra ha dato il via libera al progetto Willow della ConocoPhillips, che prevede la trivellazione di petrolio e gas su 9,3 milioni di ettari di suolo pubblico in tre siti nell’Artico.
Il progetto da 8 miliardi permetterà di produrre 576 milioni di barili di petrolio nei prossimi 30 anni, generando potenzialmente più del doppio delle emissioni di quelle tagliate grazie ai progetti di energia rinnovabile approvati, pari a 70 nuove centrali a carbone.
Biden se ne infischia del cambiamento climatico
Non solo: il presidente democratico ha anche dato il via libera a numerosi impianti per esportare a peso d’oro il Gnl, necessario ai paesi europei dopo il taglio dei rifornimenti russi, e facilitato la costruzione del gasdotto Mountain Valley Pipeline da 6,6 miliardi di dollari, che consentirà di trasportare il gas naturale dalla Virginia occidentale alla Virginia.
Infine, dopo aver promesso alla Cop26 e poi di nuovo al G7 di porre fine nel 2022 ai finanziamenti per costruire impianti inquinanti all’estero, l’amministrazione Biden ha approvato l’anno scorso, insieme a molti altri progetti simili, un prestito da 100 milioni di dollari per l’allargamento di una raffineria in Indonesia.
L’indipendenza energetica degli Usa
Il comportamento di Biden, unito a quello di Xi Jinping in Cina, fa capire che «l’accordo storico» raggiunto alla Cop28 di Dubai per allontanare rapidamente i sistemi energetici dai combustibili fossili in modo giusto e ordinato vale meno di zero.
Pensare che Biden o Donald Trump rinunceranno al petrolio e al gas, che permette agli Stati Uniti di essere indipendenti dal punto di vista energetico, per affidarsi a tecnologie green attualmente monopolio della Cina, è un’illusione.
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