Il compromesso non vincolante della Cop28 sui combustibili fossili

Di Piero Vietti
13 Dicembre 2023
I paesi della Conferenza sul clima raggiungono un accordo per accelerare l'abbandono di petrolio, gas e carbone in modo “giusto, ordinato ed equo”. Una vittoria diplomatica degli Emirati nella guerra globale sull'energia
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Il president della Cop28 Sultan Ahmed Al Jaber durante i lavori della Conferenza sul clima a Dubai (foto Ansa)

Dopo due settimane di discussioni i negoziatori della Cop28, la Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite di Dubai, hanno partorito l’ennesimo compromesso, come sempre definito «storico» dai media (e dagli organizzatori che devono pur giustificare il carrozzone messo in piedi negli Emirati in questi giorni).

Si parla di “abbandono dei combustibili fossili”

È vero che c’è una prima volta: i diplomatici dei quasi 200 paesi riuniti hanno concordato un patto globale che richiede esplicitamente “l’abbandono dei combustibili fossili” come petrolio, gas e carbone che sono i principali produttori di emissioni che contribuiscono all’aumento della temperatura globale, ma lo fa chiedendo solo di accelerare la transition away. Il teatrino visto in questi giorni è il solito che va in scena dagli anni Novanta: profezie di sventura, gaffe, polemiche, bozze di documenti che sembrano vanificare tutto e poi compromesso in extremis.

La Cop di Dubai ha mantenuto queste aspettative, e nella notte dell’ultimo giorno utile è arrivata «la firma di un nuovo accordo che i partecipanti sperano e fingono possa fare la differenza», per citare Bjørn Lomborg. I leader europei – da tempo preda di una autodistruttiva sindrome Green – e molte nazioni più vulnerabili alle condizioni meteorologiche estreme chiedevano di mettere per scritto la promessa di una completa “eliminazione graduale” dei combustibili fossili. Quella proposta ha incontrato un forte rifiuto da parte dei principali esportatori di petrolio come l’Arabia Saudita e l’Iraq, nonché da paesi in rapida crescita come l’India e la Nigeria.

Cosa dice l’accordo raggiunto alla Cop28

Il compromesso raggiunto invita i paesi ad accelerare l’abbandono globale dei combustibili fossili entro questo decennio in modo “giusto, ordinato ed equo”, ad azzerare le emissioni nette di gas serra entro il 2050, triplicare la quantità di energia rinnovabile entro il 2030 e a ridurre le emissioni di metano. Attenzione a leggere bene il nuovo accordo: non si chiede l’abbandono dei combustibili fossili entro questo decennio, ma solo di accelerarne l’abbandono, e non a tutti i costi, ma «in modo giusto, ordinato ed equo», tre aggettivi che più vaghi non si può. L’unica vera novità è la menzione esplicita dei “combustibili fossili”, assente dai precedenti accordi in cui si parlava solo di emissioni da tagliare.

Come sottolineato dal New York Times, «il nuovo accordo non è giuridicamente vincolante e non può, di per sé, costringere nessun paese ad agire. Eppure molti politici, ambientalisti e leader di aziende speravano che avrebbe inviato un chiaro segnale agli investitori e ai politici che l’era del crescente utilizzo di combustibili fossili sarebbe giunta rapidamente al termine. Nei prossimi due anni, ogni nazione dovrebbe presentare un piano formale e dettagliato su come intende ridurre le emissioni fino al 2035».

Quello della Cop28 non è un accordo vincolante

«Dietro la farsa del vertice sul clima», scriveva ancora Lomborg su Tempi, «c’è una grande bugia ripetuta in continuazione: che l’energia verde sia sul punto di sostituire i combustibili fossili in ogni aspetto delle nostre vite. L’affermazione ignora il fatto che qualunque transizione dai combustibili fossili potrà avvenire soltanto con enormi sussidi pagati dai contribuenti». A Dubai però è il momento delle pacche sulle spalle, e tutti celebrano l’accordo come «un chiaro segnale» all’industria dei combustibili fossili, svelando un undestatement che stride con la narrazione del “non c’è più tempo”.

Nella guerra globale per il controllo delle risorse energetiche, con produttori petrolio e gas da una parte e paesi ricchi di risorse minerarie per le rinnovabili dall’altra, l’accordo è una vittoria diplomatica per gli Emirati Arabi Uniti. E permette ai rappresentanti dei governi presenti alla Cop di farsi belli con promesse che non saranno loro a dover mantenere. «Resta da vedere», scrive ancora il New York Times, «se i paesi daranno seguito all’accordo». Non esattamente un dettaglio trascurabile.

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