In Cina due nuove centrali a carbone a settimana nel 2022
La Cina ha approvato la costruzione di due nuove centrali a carbone a settimana nel 2022, il dato più alto dal 2015. L’anno scorso Pechino ha dato il via libera, a velocità record, a progetti in 82 siti per un totale di 106 gigawatts di capacità aggiuntiva, il quadruplo rispetto ai 23 GW del 2021. «Molti progetti procedono a velocità straordinaria», ha dichiarato Flora Champenois, ricercatrice presso Gem, che ha realizzato il rapporto sulle centrali a carbone cinesi insieme a Crea. «Nascono, ottengono i permessi e i finanziamenti in pochi mesi».
Aumento esponenziale di centrali a carbone
Negli ultimi trent’anni la Cina ha triplicato le sue emissioni di CO2, superando nel 2019 quelle di tutti gli altri paesi sviluppati messi assieme. La Cina ha promesso di raggiungere nel 2030 il picco di emissioni di diossido di carbonio, senza però mettere un tetto.
L’aumento esponenziale di produzione energetica attraverso centrali a carbone serve, secondo il rapporto, a impedire che quest’anno si verifichino frequenti blackout come negli ultimi due anni, quando il caldo e la siccità hanno messo in ginocchio le province che facevano affidamento sull’idroelettrico. In realtà, però, le centrali a carbone verranno costruite in tutto il paese e non solo nelle province che più contano sull’idroelettrico.
La Cina non rispetta gli impegni climatici
Nel 2021 il governo di Xi Jinping ha ordinato di «produrre quanto più carbone possibile», arrivando a bruciare nell’agosto 2022 la quantità record di 8,5 milioni di tonnellate di carbone al giorno per produrre energia. Il carbone è stato giudicato «indispensabile» dagli analisti della Guotai Jun’an Securities e lo stesso Xi Jinping ha dichiarato l’anno scorso che «non si possono raggiungere da un giorno all’altro il picco di emissioni e la neutralità climatica», prevista per il 2060.
La Cina non punta solo sul carbone. Nel 2022 ha aggiunto 125 gigawatts di capacità da eolico e solare, portando le fonti rinnovabili a soddisfare il 33% circa del fabbisogno nazionale. Il restante 67%, però, deriva ancora dal carbone.
Per mantenere gli impegni presi, Pechino dovrebbe chiudere circa 600 centrali a carbone nei prossimi sette anni. Invece che muoversi in questa direzione, però, il governo continua ad autorizzare la costruzione di nuovi impianti.
Pechino vanifica la transizione green dell’Ue
Nel 2022 la Cina ha consumato il 3,3% di carbone in più rispetto al 2021, emettendo l’1,3% di CO2 in più rispetto al 2021 (11,47 miliardi di tonnellate). Per fare un paragone, l’aumento di un solo anno in Cina è pari alla metà di tutta la CO2 che l’Unione Europea risparmierebbe se sostituisse tutte le auto a benzina e diesel con veicoli elettrici.
Se si considera che l’anno scorso la produzione in Cina è rallentata a causa dei lockdown imposti per frenare la diffusione del Covid, e che molte centrali a carbone approvate negli anni scorsi entreranno in funzione, è probabile che nel 2023 le emissioni cinesi aumenteranno ancora di più. Vanificando così, almeno teoricamente, i benefici ambientali del passaggio alle auto elettriche in Unione Europea.
Come dichiarato dal presidente del gruppo Omr Marco Bonometti in un’intervista a Tempi, che uscirà sul numero di marzo del mensile, il repentino passaggio all’elettrico rischia soltanto di essere un «suicidio» con scarsi o nulli benefici ambientali: «Se non definiamo regole uguali per tutti, l’Europa continuerà a subire la concorrenza sleale sia di Pechino che di Washington. Con tanti saluti al sogno del Green Deal di attenuare le emissioni di CO2».
Foto Ansa
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