Berlinguer: «La libertà di educazione è un diritto, non una concessione dello Stato. La sinistra aggiorni il suo vocabolario sulla scuola»
«Istituire una scuola paritaria in Italia è un diritto e non una facoltà, né tantomeno una concessione statale, come vorrebbe qualche magistrato». Pertanto, lo Stato deve «assicurare a queste scuole la piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quelli delle statali. Che non significa soltanto garantire loro il conseguimento del diploma, del pezzo di carta, ma sostenere tutta l’attività svolta». Così, intervenendo ieri mattina a Roma a un convegno dell’associazione TreeLLLe sul pluralismo della scuola pubblica, l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, illustre esponente del Pci-Pds-Ds-Pd, ha sottolineato l’importanza di garantire in Italia una reale parità scolastica e la libertà di educazione. Anche attraverso adeguate risorse finanziarie.
«LO DICE UN FIGLIO DELLO STATALISMO». «L’articolo 33 della Costituzione non è un menù dal quale si può prendere solo quello che pare e piace», ha detto il padre della legge numero 62/2000, che ha introdotto nell’ordinamento italiano il principio della parità tra scuole pubbliche statali e non statali. E ha aggiunto: «Ci sono fonti a non finire, come la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che parlano del diritto alla scelta educativa come di una libertà fondamentale. Purtroppo, però, l’Italia è ancora gravata dal fatto che, nel vocabolario della sinistra, la libertà educativa non c’è». Nel nostro paese, ha spiegato Berlinguer, «“pubblico” è ancora inteso come sinonimo di “statale”. Occorre una revisione culturale profonda. Lo dice un figlio dello stalinismo, che, forse, qualche anticorpo nei confronti di eccessi di liberismo l’ha conservato».
C’è bisogno di un «aggiornamento culturale prima ancora che un’azione politica a proposito di cosa effettivamente siano l’istruzione e l’educazione e di come esse stiano rapidamente cambiando», ha proseguito Berlinguer. All’estero questo scatto c’è stato e paesi come l’America e l’Inghilterra si sono inventati le charter school e le academy puntando tutto sull’autonomia scolastica. «È la tendenza delle nazioni più evolute per garantire il pluralismo», ha ammesso Berlinguer. «Da noi invece se ne parla ancora come di una fantasia. Sono stufo di vedere il nostro paese rimanere in coda soltanto perché non vogliamo cambiare».
«SENZA ONERI PER LO STATO». A confermare l’immobilismo italiano sulla scuola è soprattutto un dato, su cui l’Associazione TreeLLLe ha puntato i riflettori: il numero degli iscritti alla scuola paritaria in rapporto al totale degli studenti italiani è in calo dal Dopoguerra, ha raggiunto il 12 per cento e il declino non sembra destinato ad arrestarsi (vedi grafico qui sotto). Il fatto, secondo Rosario Drago, già consigliere del Miur, è da attribuire al protrarsi di una certa interpretazione del comma 4 dell’articolo 33 della Costituzione, il famoso «senza oneri per lo Stato». Una formulazione, «come ebbe a scrivere Crisafulli, “deliberatamente oscura in quanto risultante da uno di quei compromessi insinceri che molte volte si ebbero a verificare in seno alla Costituente”».
Non a caso la legge sulla parità, ha ricordato Drago, è ampiamente disattesa, visto che alle scuole paritarie è destinato solo «l’1 per cento dei finanziamenti statali, pari in media a 463 euro per alunno, rispetto al costo effettivo di un alunno della scuola statale, che è pari a 6.800 euro». Per altro la cifra è destinata quasi esclusivamente alle scuole primarie (tra i 500 e i 700 euro per alunno), tanto che il contributo è «irrilevante» per gli istituti secondari, e come se non bastasse, ogni anno deve essere rideciso e rinnovato dai governi, provenendo da diverse e frammentate voci di bilancio dello Stato, cosa che impedisce alle scuole libere – già provate da tasse come Imu e Tares – di progettare il proprio futuro.
L’AUTONOMIA COME RISPOSTA. Ma non si è parlato solo di parità scolastica. Andrea Ichino, docente di Economia Politica all’European University Institute di Fiesole, è intervenuto per illustrare la sua proposta, elaborata insieme a Guido Tabellini e al Forum delle idee per la crescita, di «liberare la scuola dallo Stato». Si tratta, in sintesi, di avviare in Italia una sperimentazione ispirata appunto al modello delle charter school statunitensi e delle academy inglesi. Una soluzione che consentirebbe ad alcuni istituti di “uscire” dallo Stato, per essere gestite da privati, pur godendo del medesimo livello di finanziamenti pubblici di prima, operando sotto attenta vigilanza da parte dello Stato in quanto a standard di qualità. «Il nodo cruciale – ha detto Ichino – riguarda la gestione dei contratti: i docenti coinvolti, infatti, andrebbero in aspettativa dallo Stato per essere pagati direttamente dalle scuole». Mentre queste ultime, godendo di piena autonomia scolastica e finanziaria, non potranno far pagare rette e dovranno garantire l’ammissione attraverso un sorteggio per evitare che siano scelti solo gli studenti migliori. Fantascienza? Niente affatto, ha spiegato Ichino: «Quando illustriamo questo nostro progetto all’estero, la gente ci chiede dove sia la novità. In altri paesi l’autonomia scolastica è realtà da almeno dieci anni. La notizia, semmai, è che in Italia è difficile perfino far passare questa sperimentazione su scala così piccola e con adesioni volontarie». Del resto cosa c’è da temere «visto che lo Stato, da noi, ha già fallito sulla scuola»?
UN MODELLO CHE FUNZIONA. A confermare la bontà del modello dell’autonomia scolastica – o, come lo ha definito il presidente di TreeLLLe Attilio Oliva, delle «scuole speciali ad autonomia rinforzata» – sono la Francia, l’Olanda, gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Per prima cosa, ha riassunto Oliva, all’estero le esperienze di autonomia scolastica hanno numeri decisamente più incoraggianti che in Italia (vedi tabella qui sotto): il 17 per cento degli studenti francesi frequenta scuole a contratto, analoghe alle charter school statunitensi, frequentate a loro volta dal 13 per cento degli studenti, in costante aumento. Così come in aumento sono gli alunni delle academy inglesi, che pure sono già il 26 per cento del totale. Nei Paesi Bassi, infine, il 71 per cento degli studenti frequenta una scuola non statale finanziata con risorse pubbliche.
Oltre all’effettiva autonomia finanziaria e didattica, la principale differenza tra questi istituti e le paritarie italiane è la retta. Mentre infatti la famiglia dell’alunno italiano che sceglie una paritaria paga due volte per l’istruzione del figlio (la prima con le tasse, la seconda con la retta) all’estero ciò non succede: charter school, academy e tutti gli altri modelli di autonomia scolastica godono di finanziamenti pubblici equivalenti al costo di un alunno in una scuola statale. Inoltre i finanziamenti pubblici “seguono” lo studente, premiando così le scuole migliori e garantendo una effettiva libertà di scelta.
SCUOLE APERTE A TUTTI. Al convegno di TreeLLLe tra l’altro è stata smontata anche la bugia secondo cui una reale parità tra scuole statali e scuole libere serva solo a favorire i “figli dei ricchi”. In Inghilterra le academy sono nate come modello per le scuole il cui progetto educativo stava fallendo: il più delle volte si trattava di istituti statali in quartieri disagiati con ragazzi poco inclini alle lezioni teoriche, ma attratti per esempio dallo sport o da altre materie “pratiche”. I laburisti di Tony Blair hanno pensato perciò di concedere loro più autonomia qualora fossero stati in grado di trovare sponsor e rilanciarsi, trasformandosi in fondazioni. L’esperimento ha funzionato ed è stato confermato dal successivo governo conservatore. E le academy sono passate dalle 200 dei primi anni Duemila alle 4 mila attuali.
Anche in America le charter school sono state sposate da governi di entrambi i colori: piacciono soprattuto perché, numeri alla mano, dimostrano risultati migliori nell’integrazione di alunni svantaggiati, soprattutto, ispanici, neri, poveri o altro.
QUANDO IN ITALIA? Da ultimo è intervenuto l’attuale ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, confermando che il governo Renzi adotterà un provvedimento sulla scuola a inizio settembre. «Ci sono ragioni economiche a favore di un sistema plurale della scuola», ha detto Giannini, che ha aggiunto: «Parliamone. Perché se in Italia le scuole non statali dovessero chiudere tutte insieme domani mattina, lo Stato dovrebbe mettere sul piatto 6 miliardi di euro». Motivo per cui occorre trovare una «soluzione diversa» rispetto all’attuale configurazione del finanziamento che destina 57,6 miliardi alle scuole statali e solo 500 milioni a quelle private, che pure offrono un banco a uno studente italiano su nove.
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22 commenti
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Gli studenti che frequentano scuole private tendono a conseguire risultati
significativamente migliori nelle rilevazioni PISA rispetto agli studenti che
frequentano scuole pubbliche
http://www.oecd.org/pisa/pisaproducts/pisainfocus/PISA%20in%20Focus%207%20(ITA).pdf
e basta raccontar balle !
Stefano,
Quella che citi è solo la prima parte del paragrafo. Ti “dimentichi” la seconda, che dice:
“ma gli studenti delle scuole pubbliche che provengono da un contesto socio-economico simile a quello delle scuole private tendono ad andare ugualmente bene.”
In altre parole: la differenza la fa la condizione della famiglia e non la scuola frequentata.
Infatti il documento che citi conclude così:
“Le scuole private – e le scuole pubbliche con popolazioni studentesche con background socio-economici più elevati – si avvantaggiano delle caratteristiche degli studenti che le frequentano; ma non c’è nessuna prova che mostri che le scuole private aiutino a innalzare la performance complessiva del sistema scolastico.”
Quindi, come scritto da altri qui sopra, i dati OCSE dimostrano che le scuole private non danno nessun vantaggio alla scuola, un dato confermato, per quanto riguarda l’Italia, da una ricerca della Fondazione Agnelli (sito www. fga. it), la quale, tra le proprie conclusioni, riporta la seguente:
“nonostante la presenza di alcune realtà di chiara eccellenza, la performance della maggior parte delle scuole non statali è deludente rispetto a quelle statali.”
Scuole statali 2 – Scuole private 0.
Palla al centro.
nessuna replica?
in Italia abbiamo la liberta’ di scelta sulla lavatrice ma non sulla scuola. questo e’ un dato di fatto. lo Stato contribuisce solo alle “sue” scuole e non a tutte. quindi la povera gente e’ praticamente costretta a mandare i figli in quella statale, anche se le fa schifo e ne preferirebbe un’altra. se la cultura non cambia continueranno ad essere penalizzati i piu’ poveri (i meno liberi). quando lo capiranno destra e sinistra ???????
La politica della sinistra relativa alla scuola è quello che è. ma i centrodestri moratti e soprattutto gelmini hanno devastato la Scuola italiana.
deve esserci un cambio di rotta dall’alto. nelle piccole realtà i genitori guardano a come funzionano asili e scuole e non all’ideologia. quella è nella testa degli assessori e degli insegnanti sindacalizzati .
Confermo quello che hai scritto: anche per me la Gelmini è stata un cancro per la scuola, in particolare per gli istituti tecnici.
Quella riforma aveva un solo significato: risparmiare soldi il più possibile in linea con le direttive di ridurre il più possibile i servizi per rastrellare denaro tentando di allontanare il più possibile il crollo economico della nazione, visto che la china era quella.
si, in effetti lo scopo era quello: tagliare i fondi alla scuola pubblica.
Perche i fondi alle scuoile privat sono stati anzi *aumentati*…
E’ sempre cosi, il cancro dei privati che si infiltrano nei beni pubblici, una miscela velenosa.
I risultati sono sempre gli stessi: aumento vertiginoso dei costi (basti pensare ai costi e ai risultati della sanita privata americana le peggiore del mondo e la piu costosa) e abbassamento della qualità.
“E’ sempre cosi, il cancro dei privati che si infiltrano nei beni pubblici, una miscela velenosa.”
Infatti funzionava il collettivismo marxista …..
Shiva101 …. mi dispiace non capisci niente …. e sei la prova del danno che realizza certa scuola pubblica.
Schiva, amico,
la vita è breve.
Non vorrai davvero presentarti al Giudizio carico solo del tuo fardello di scempiaggini?
La sinistra aggiorni il suo vocabolario sulla scuola, anche la destra dovrebbe farlo, infatti dalla legge
62/2000 non è stato fatto nulla per migliorarla, anzi il governo più liberista a maggioranza bulgara Berlusconi 2008 ( che io ho votato ) con i ministri Gelmini e Tremonti ha tagliato.
ma ti ricordi chi saliva sui tetti per solidarietà con gli universitari? con queste teste di legno non si va da nessuna parte. la sinistra è sclerotica.
bravo!… mi associo in pieno… ma Silvio è ormai un ricordo del passato, anche se i suoi epigoni liberal-omofilo e keynesiani seguitano a imperversare nei gangli dello Stato, seguitando a bancarottarlo.
Circa cosa fa e farà Renzi per la libertà di educazione, mi ero già espresso qui
http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2014/02/23/riflessione-semiseria-sul-governo-letta/
accennando anche alla possibile via d’uscita…
Tutti gli asili nido ai privati. Si risparmia, si abbassano le rette.Modello Vimercate, dove il sindaco è del Pd.
Questo è un esempio di un sindaco di sinistra che non è ideologicamente chiuso ma aperto al bene comune.
Lo stato dovrebbe prendere una lezione dalle scuole paritarie di come si fanno i conti senza sprecare un solo centesimo per poter sopravvivere.
Ma questo non sarà mai possibile, perchè la scuola di stato è un apparato di intoccabili e piena di sprechi.
Bisogna prendere esempio dalla Svezia che con il sistema dei voucher è lo stato che lascia più libertà alle famiglie di poter scegliere come e dove educare i figli e avendo un grande risparmio per le casse dello stato.
Ci vuole solo buonsenso è più sussidiarietà
le scuole paritarie sono pessime e di scarsa qualita rispetto a quelle statali e con rette molto salate quindi di che cacchio stai parlando?
Shiva, che ne dici del deprezzamento che inesorabilmente subirà il cartellino di Balotelli?
Che ne facciamo ora al Milan……..??
Io lo proporrei a una squadra Africana, ma prima deve andare a fare un corso di recupero anni da Shiva 101 così il suo tasso intellettivo aumenta e il prezzo del suo cartellino potrebbe avere un brusco rialzo.
Non è giusto generalizzare: ci sono sicuramente pessime scuole paritarie (come ci sono molte pessime scuole statali), ma c’è ne sono altre valide e serie (i miei figli ne hanno frequentate). Inoltre, le rette sono salate proprio perché lo Stato non concede il finanziamento adeguato, ma si limita ad un obolo che è poco più di una mancia, a fronte del notevole risparmio economico di cui beneficia per ogni alunno che frequenta la scuola paritaria. Sono i dati, non i ritornelli ideologici che contano!
Mi spiace per voi ma non è una generalizzaiozne,
sono i dati ufficiali OCSE… cercateli su google..
Le scuola statali preparano molto meglio perfino sotto il prfilo della disciplina.
Inoltre nelle scuole private ci sono problemi di lavoro sommerso ecc..
Le scuole religiose non hanno senso di esistere.
Dare ai privati le parti vitali di una societa, come l’acqua , la sanita o l’istruzione è semplcimente CRIMINALE.
@Shiva: senti, non pigliamoci per i fondelli.
Se anche le paritarie di ispirazione cattolica esprimessero – dalla prima all’ultima – un livello di qualità eccellente, tu le faresti chiudere ugualmente perché in ogni caso “fanno indottrinamento” (magari ti ricordi chi l’ha scritto).
Quindi, visto che ti piace parlare di doppia morale, evita di fingere che ti interessino rendimento e qualità dello studio. Grazie.
Ma che cavolo ne sai te, dottor Satutto?
Hai mai insegnato te, nelle scuole superiori statali?
Se vuoi ti do io un po’ di dritte di scuole in cui mi è SCIAGURATAMENTE capitato di soggiornare un anno scolastico o ampia parte di esso.
Scuole dove non vai a fare il professore, vai a fare il guardiano.
Classi dove un terzo sono pluribocciati raccattati dalle altre scuole del circondario, ed il resto stanno lì in attesa di arrivare a 16 anni.
E si suppone sia prima superiore.
Dove all’inizio dell’anno i colleghi ti dicono: “non farti illusioni, tira a campare fino a giugno, intanto prendi lo stipendio, fai i punti di graduatoria ed il prossimo anno andrai in una scuola decente, non più qua”.
Tu piuttosto, di che cacchio stai parlando?
Non si direbbe che hai alle spalle una pluriennale esperienza di insegnamento.
ma che non sai leggere?
Sono dati ufficiali, numeri statitstiche .. non sono cose che ho inventato io , è la fotografia della realta fatta da organi di valutazione super-partes
sei capace di usare google?
se si allora cerca “OCSE scuola pubblica privata”
forza su….