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Quando avrà fine la violenza contro Maira, Rebecca e le altre donne cristiane?

Rapimenti, conversioni e nozze forzate, sevizie filmate, figli annegati. Dal Pakistan alla Nigeria, il rapporto “Ascolta le sue grida” di Aiuto alla Chiesa che soffre pubblica le testimonianze di madri e figlie umiliate e brutalizzate tutti i giorni della loro vita

Caterina Giojelli
25/11/2021 - 16:18
Esteri
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In Pakistan il 70 per cento delle donne e delle ragazze costrette a convertirsi e contrarre matrimonio è di fede cristiana
In Pakistan il 70 per cento delle donne e delle ragazze rapite, sottomesse all’islam e costrette al matrimonio è di fede cristiana (foto Aiuto alla Chiesa che soffre)

«Quegli uomini mi hanno trascinata all’interno di una macchina, bendata e portata via. Sono stata torturata e violentata. I miei aguzzini hanno filmato le sevizie infertemi e mi hanno ricattata minacciando di diffondere il video. Sono quindi stata costretta a firmare un documento in cui dichiaravo di essermi convertita e di aver sposato il mio rapitore. Se avessi rifiutato di farlo, avrebbero ucciso i miei familiari».

Oggi è il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e questa è la testimonianza di Maira Shahbaz pubblicata nel rapporto “Ascolta le sue grida. Rapimenti, conversioni forzate e violenze sessuali ai danni di donne e bambine cristiane” di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) dedicato alle donne.

Pakistan, spose bambine in pasto all’orco islamista

Tempi vi ha raccontato più volte la sua storia, analoga a quella di altre duemila ragazzine rapite, sottomesse all’islam e ridotte in spose o schiave sessuali di orchi senza scrupoli in Pakistan. Aveva solo 14 anni il 28 aprile 2020 quando un barbiere di Madina Town, già sposato e con due figli, le ha teso un agguato con due complici, costringendola lo stesso giorno ad abiurare, sposarlo, farsi violentare. «Dopo che mia madre si è recata alla polizia per cercare di farmi tornare a casa, il mio caso è giunto davanti all’Alta Corte di Lahore che purtroppo si è espressa in favore del mio sequestratore con il quale ho dunque dovuto continuare a convivere».

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«Due settimane dopo, a mezzanotte, sono scappata e sono andata alla stazione di polizia dove ho ribadito di essere cristiana, ma gli agenti hanno continuato a dare ragione al mio aguzzino il quale, con i suoi complici – tra cui alcuni membri del partito islamico fondamentalista Tehreek-e-Labbaik Pakistan – voleva la mia morte. Ora, con mia madre, le mie sorelle e mio fratello, sono costretta a nascondermi e a vivere chiusa in un’unica stanza. Nella zona in cui viviamo sono stati avvistati dei tipi sospetti che fanno domande su di noi». In Pakistan il 70 per cento delle donne e delle ragazze costrette a convertirsi e contrarre matrimonio è di fede cristiana. Il rapporto racconta anche la vicenda della 12enne Farah Shaheen e della trentenne Neelam Masih.

Assicurarsi «una generazione di jihadisti»

«Riuscite ad immaginare cosa significhi per una madre sapere che queste cose terribili vengono fatte alla propria figlia e scoprirsi impotente davanti a tanto obbrobrio? Tutto questo avviene a causa della fede che professiamo». A parlare è una delle moltissime madri di bambine ridotte a schiave sessuali e perseguitate nei paesi dilanianti da guerre e conflitti e dove «casi sistematici di rapimenti, violenze sessuali, matrimoni e conversioni forzati di donne cristiane in Paesi come la Nigeria, possono essere classificati come casi di genocidio».

Nel paese insanguinato da Boko Haram il 90 delle donne e ragazze detenute dagli islamisti e che subiscono «abuso orribili» è di fede cristiana: «Attraverso il rapimento delle loro donne, metteremo in atto nuovi sforzi per far sì che i cristiani temano il potere dell’Islam» è il credo di terroristi e affiliati all’Isis, per i quali «Gravidanze e conversioni forzate costituiscono un mezzo per assicurarsi “la prossima generazione di jihadisti”» spiega l’esperta di persecuzione anticristiana Marta Petrosillo nel rapporto.

I rapimenti delle donne copte orchestrati in Egitto

Sei in particolare i paesi esaminati: oltre a Nigeria e Pakistan anche Egitto, Iraq, Mozambico e Siria. Le segnalazioni non si contano, le denunce purtroppo sì: troppo poche, paura, stigma sociale, minacce, ritorsioni, vergogna ma anche resistenza di tribunali e forze dell’ordine fanno delle persecuzioni nei confronti di donne, ragazze e bambine cristiane i crimini più impuniti.

In Egitto «un ex-membro di una banda che sequestrava le ragazze copte ha raccontato che i rapimenti sono meticolosamente orchestrati, “tessono una ragnatela intorno [alle ragazze]”. La maggior parte delle vittime viene poi consegnata a gruppi salafiti che le costringono a convertirsi “e quando raggiungono l’età legale, arriva appositamente un rappresentante islamico per rendere ufficiale la conversione”. L’ex-membro della banda ha anche dichiarato che i rapitori sono pagati profumatamente dai gruppi fondamentalisti e che gli agenti di polizia spesso registrano le giovani donne come scomparse anziché rapite, aiutando di fatto i sequestratori». Agghiaccianti le storie raccontate nel rapporto di Ranya, insegnante di inglese e madre di tre figli, o delle studentesse ventenni Marian e Magda.

Donne e bambini comprati dai jihadisti

«Quando Papa Francesco ha visitato l’Iraq nel marzo 2021, sul volo papale un giornalista gli ha consegnato un listino prezzi delle donne cristiane e yazide schiave di Isis (Daesh)»: inizia così il capitolo dedicato a Iraq e Siria, 43 dollari statunitensi per una donna tra i 40 e i 50 anni, 172 dollari il prezzo di una bambina di età compresa tra uno e nove anni. Nonostante la sconfitta militare la riabilitazione delle donne torturate come Rita e Rana resta un percorso difficile e dolorosissimo, mentre dai territori occupati continuano le segnalazioni di stupri, rapimenti, omicidi.

In Mozambico il gruppo islamista Ansar Al-Sunna continua a infliggere sequestri e conversioni forzate alle cristiane e ai loro figli: «Suor Eliane stessa è stata tenuta ostaggio sulle montagne per 24 giorni dai terroristi» ha raccontato padre Kwiriwi Fonseca, sacerdote che assiste le famiglie sfollate a causa della violenza islamista, «e mi ha supplicato: “Padre Fonseca, per favore non dimentichi le persone che sono state rapite, soprattutto i bambini e gli adolescenti che vengono addestrati a diventare terroristi. I terroristi li obbligano a combattere nelle loro fila, mentre le ragazze vengono violentate e costrette a diventare loro “spose”. In alcuni casi, quando si sono stufati, le ragazze vengono semplicemente buttate via”. Possiamo parlare di centinaia di casi». Sono 2.600 le denunce di scomparsa di giovani e bambini tra il settembre 2020 e l’aprile 2021. Drammatica la testimonianza di Aana, una delle tante cristiane rapite e costrette a scegliere tra sposare un combattente o diventare sua schiava, ragazze abusate e indottrinate all’islam fino allo sfinimento.

Rebecca e un bimbo annegato da Boko Haram

E poi ci sono Ruth, Sadiya e soprattutto Rebecca, catturata in Nigeria vicino a Maiduguri. Per 28 giorni i combattenti che pensava avessero ucciso il marito la costrinsero a camminare incinta con i suoi due piccoli Jonathan e Zachariah di tre anni per mano, immersa fino al collo nel lago Ciad. Perse il bimbo che aveva in grembo, venne venduta e data in sposa a un combattente, per non farsi toccare «prendevo le feci dei miei figli e le strofinavo sul mio corpo». E così venne punita: picchiata, fustigata, i terroristi gettarono il suo Jonathan nel lago Ciad e lo lasciarono annegare, la buttarono in una fossa, la violentarono e misero incinta. Diede alla luce un altro piccolo e con lui e Zachariah riuscì a scappare, vagando nella boscaglia per tre settimane. «Alla fine, sono giunti a Diffa, in Niger. Le truppe dell’esercito li hanno portati a Maiduguri, dove la donna ha scoperto che suo marito era ancora vivo, ma che credendola morta si stava preparando a risposarsi. L’uomo ha annullato il matrimonio, ma era sconvolto per il bambino che Rebecca aveva avuto dal combattente di Boko Haram».

Oggi è il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. E queste sono le storie di Maira, Aana, Rebecca raccolte da Acs per sostenerne la causa e ascoltarne le grida: «È spaventoso, chi ci aiuterà?».

Tags: aiuto alla chiesa che soffreBoko HaramCristiani PerseguitatiEgittoIraqIslamMaira ShahbazmozambicoNigeriaPakistanSiriaspose bambineTerrorismo Islamico
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