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La geopolitica l’ha avuta vinta sul rigore finanziario e sul principio di condizionalità, e così l’Egitto straindebitato e impoverito di Abdel Fattah al-Sisi se l’è cavata anche stavolta: pur di non perdere una sponda decisiva nel contenimento della crisi di Gaza e di non regalare agli avversari dell’Occidente e dei regimi arabi il gigante del Nilo coi suoi 110 milioni di abitanti, quegli stessi governi della regione e quelle stesse istituzioni internazionali che fino a qualche mese fa si rifiutavano di prestare altro denaro al Cairo hanno aperto i cordoni della borsa per un totale di 55 miliardi di dollari fra investimenti e prestiti che hanno immediatamente stabilizzato le finanze egiziane.
Ne è prova il fatto che nel solo mese scorso l’Egitto ha emesso e venduto titoli di Stato per 8,5 miliardi di dollari a fronte di richieste per ben 21 miliardi. Gli investitori, che l’anno scorso erano fuggiti a gambe levate dai mercati finanziari egiziani presagendo un crac imminente, sono tor...
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