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L’unica riforma della giustizia davvero equa resta la separazione delle carriere. Ecco le prove

Invece di riferirsi solo ai magistrati, il ministro della Giustizia Orlando dia un'occhiata ai dati raccolti dai grandi giuristi Di Federico e Sapignoli

Maurizio Tortorella
29/03/2015 - 3:30
Interni
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giustizia-shPubblichiamo la rubrica di Maurizio Tortorella contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Impegnato com’è da mesi nella sua difficile riforma della giustizia, il guardasigilli Andrea Orlando dovrebbe sforzarsi di trovare un’oretta per leggere un saggio a dir poco illuminante. Il libro è uscito nel 2014, ma è stato trattato dai mass media con la stessa ipocrita pruderie che avrebbero potuto riservare a un testo oscenamente pornografico: nemmeno una riga, buio assoluto, quasi una censura.

Eppure è un testo interessante, chiaro nelle analisi e controcorrente. In più, ha la concretezza e la velocità proprie del mondo cui si rivolge, quello degli avvocati penalisti. Vero, il titolo del saggio è un po’ aridino: I diritti della difesa nel processo penale e la riforma della giustizia (Cedam, 224 pagine, 22 euro). Ma non bisogna mai fermarsi alla facciata. I suoi curatori, del resto, sono una garanzia: il grande giurista bolognese Giuseppe Di Federico e il suo collega Michele Sapignoli che, sponsorizzati dall’Unione delle camere penali, hanno raccolto attraverso questionari le opinioni di un campione di 1.265 avvocati penalisti.

Dalle loro risposte emerge il plastico fallimento della giustizia italiana, visto dalla parte opposta rispetto a quella cui si rivolge Orlando. Nel 72,9 per cento dei casi gli avvocati sostengono che in tribunale il giudice accoglie «sempre o quasi sempre» una richiesta d’intercettazione avanzata dal pubblico ministero, e un altro 26 per cento dice che questo accade «di frequente». Affermano che il giudice è «più sensibile alle sollecitazioni del pm rispetto a quelle del difensore» nel 58 per cento dei processi «ordinari» e la quota sale al 71 nei procedimenti «rilevanti», cioè quelli più importanti e più seguiti da giornali e tv.

Farebbe davvero bene a leggerlo, Orlando, il ministro che continua a ipotizzare aumenti di pena e riforme di settore in prevalenza ispirate dalla lobby dei magistrati sindacalizzati. Scoprirebbe una faccia della giustizia che i giornali ignorano. Quale faccia? L’iscrizione ritardata nel registro degli indagati è una pratica lamentata dal 65,9 per cento degli avvocati. Molti penalisti denunciano di essere non soltanto intercettati mentre parlano con i loro clienti (e questo accade «sempre» o «di frequente» nel 28,9 per cento dei casi, e «a volte» nel 43,2 per cento), ma che l’intercettazione, pur se totalmente illegale, viene perfino trascritta e utilizzata negli atti. Scoprirebbe anche, Orlando, che il 92,1 per cento degli intervistati sostiene che, nell’esame in aula dei testimoni, il giudice pone «domande suggestive»: una pratica vietata dal codice di procedura penale a tutela del diritto di difesa.

Quanto alla prescrizione, l’orrido spreco della giustizia italiana, si scopre che nel 40 per cento dei casi (e i dati sono ministeriali!) matura già durante le indagini preliminari. Quindi ha una sola e unica causa: la lentezza dei pm che di quelle indagini sono i titolari. Meglio, i proprietari assoluti. Questo dimostra un’altra grande, disastrosa verità: un apparato giudiziario burocratico, senza alcun controllo e senza alcun coinvolgimento democratico, gestisce in maniera autoritaria i carichi giudiziari. Altro che obbligatorietà dell’azione penale. Bubbole. Le procure scelgono cosa fare avanzare e cosa chiudere nei cassetti. E frenano parecchio: perché sì, avete letto bene, quattro procedimenti penali su dieci vanno in prescrizione al loro inizio, prima che inizi l’udienza preliminare.

Soluzioni? Il ministro e la magistratura sindacalizzata non vogliono sentirne parlare. Ma la vera, grande riforma sarebbe quella che viene inutilmente proposta da tanti anni: separare le carriere tra pm e giudici. E separare anche il Consiglio superiore della magistratura: due consigli che decidono sulle carriere in modo separato per giudici e magistrati inquirenti. Altro che quella buffonata della “nuova” responsabilità civile dei magistrati…

@mautortorella

Foto giustizia da Shutterstock

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
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Tags: giudiciintercettazionimagistratiOrlandopmprescrizioneriforma della giustiziaseparazione carriere
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