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Prezzi dell’energia alle stelle, emissioni pure. Sul clima stiamo sbagliando tutto

È chiaro che la tattica di “punire” economicamente l’uso dei combustibili fossili è fallita e si sta ritorcendo contro di noi. È ora di rivoluzionare le politiche ambientali

Bjørn Lomborg
29/06/2022 - 6:27
Ambiente
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Emissioni di centrali a carbone in Germania

Per tre decenni, gli attivisti del clima si sono battuti per rendere i combustibili fossili talmente cari da costringere la gente ad abbandonarli. Il loro sogno sta diventando realtà: i prezzi dell’energia sono fuori controllo, e presto le cose peggioreranno. Tuttavia non siamo affatto più vicini a risolvere il problema del cambiamento climatico.

L’anno scorso i costi dell’energia sono aumentati del 26 per cento nelle economie industrializzate e quest’anno si alzeranno ulteriormente del 50 per cento a livello globale. Sebbene i governi occidentali incolpino la guerra della Russia all’Ucraina, i prezzi si stavano già gonfiando a causa di politiche climatiche studiate per strozzare gli investimenti sui combustibili fossili. Da quando nel 2015 sono stati firmati gli Accordi di Parigi, le 1.200 società energetiche più grandi del mondo hanno tagliato di oltre due terzi gli investimenti su petrolio e gas. Gli enormi aumenti dei prezzi sono il risultato inevitabile della scelta di buttare fuori altra energia da un sistema sempre più affamato.

La tattica adottata nelle politiche climatiche di tentare di allontanare consumatori e imprese dai combustibili fossili per mezzo di inasprimenti dei prezzi sta provocando sofferenze a fronte di scarsi profitti per il clima, e questo per due ragioni.

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Per prima cosa, il solare e l’eolico sono tuttora in grado di soddisfare una frazione del fabbisogno globale di elettricità. Nonostante i giganteschi sussidi e malgrado tutto il sostegno politico, solare ed eolico nel 2020 hanno prodotto appena il 9 per cento dell’energia elettrica globale. Riscaldamento, trasporti e processi industriali essenziali rappresentano un utilizzo di energia molto superiore alla sola elettricità. A conti fatti, solare ed eolico forniscono appena l’1,8 per cento dell’approvvigionamento energetico globale. E tra queste componenti l’elettricità è la più facile da decarbonizzare: ancora non abbiamo fatto progressi significativi nel rendere “green” i restanti quattro quinti dell’energia globale.

In secondo luogo, anche nel mondo ricco è chiaro che non sono molte le persone disposte a sobbarcarsi il prezzo strabiliante del raggiungimento delle zero emissioni nette di anidride carbonica. L’impennata dei costi sta facendo aumentare la povertà energetica nelle economie industrializzate, e i prezzi sono destinati a salire ancora. La Germania si avvia a sborsare per le politiche climatiche oltre 500 miliardi di dollari entro il 2025, eppure è riuscita soltanto a ridurre la propria dipendenza dai combustibili fossili dall’84 per cento del 2000 al 77 per cento attuale. Secondo le stime di McKinsey, azzerare la Co2 comporterà per l’Europa spendere ogni anno il 5,3 per cento del suo Pil in asset a basse emissioni, per la Germania sono oltre 200 miliardi all’anno. È più di quanto Berlino spenda annualmente per educazione, polizia, tribunali e carceri messi insieme.

I leader dei paesi occidentali non possono continuare a promuovere politiche così costose senza subire contraccolpi. Più i prezzi dell’energia schizzano in alto, più si rischia di generare risentimento e scontri, come è accaduto in Francia con il movimento dei “gilet gialli”.

Per miliardi di persone più povere, l’aumento dei prezzi dell’energia è un problema perfino più serio perché blocca la strada per l’uscita dalla povertà e rende i fertilizzanti inabbordabili per gli agricoltori, mettendo in pericolo la produzione alimentare. Le classi benestanti dei paesi ricchi saranno magari in grado di resistere alle dolorose conseguenze di qualche provvedimento per il clima, ma le economie emergenti come l’India o i paesi a basso reddito dell’Africa non possono permettersi di sacrificare la lotta alla povertà e lo sviluppo economico per mettersi a contrastare il cambiamento climatico.

A livello globale, la scarsa competitività dell’energia pulita significa che il mondo resterà dipendente dai combustibili fossili. Analizzando le politiche climatiche in vigore e quello solo annunciate, l’Agenzia internazionale dell’energia ha concluso che di qui al 2050 i combustibili fossili forniranno ancora due terzi dell’energia utilizzata globalmente, un leggero calo rispetto al 79 per cento di oggi.

E il fallimento dell’energia pulita è la ragione per cui le emissioni di anidride carbonica continuano tuttora ad aumentare. L’anno scorso si è registrato il livello più alto di sempre. Quest’anno è probabile che si alzi ancora. La politica climatica è andata in frantumi. Forzando l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili, i leader politici hanno messo il carro davanti ai buoi. Abbiamo invece bisogno di rendere l’energia pulita molto più economica e più efficiente.

Nel passato per vincere altre grandi sfide l’umanità si è affidata all’innovazione. Non abbiamo risolto l’inquinamento dell’aria obbligando tutti a smettere di circolare in auto, ma grazie all’invenzione del catalizzatore che abbatte drasticamente l’inquinamento. Non abbiamo ridotto la fame dicendo a tutti di mangiare di meno, ma attraverso la Rivoluzione Verde che ha permesso agli agricoltori di produrre più cibo.

Tuttavia l’innovazione nel campo dell’energia pulita è trascurata da tre decenni. Nel 1980 il mondo ricco spendeva più di 8 cent ogni 100 dollari di Pil in tecnologie a basse emissioni. Da quando il fulcro le politiche climatiche si è spostato sui rincari dei combustibili fossili, la spesa in ricerca green si è dimezzata a meno di 4 centesimi ogni 100 dollari.

I ricercatori che collaborano con il Copenhagen Consensus, tra cui tre economisti premi Nobel, hanno dimostrato che la politica climatica più efficace possibile consiste nel quintuplicare la spesa in ricerca e sviluppo in ambito green fino a 100 miliardi di dollari all’anno. Si tratterebbe comunque di una cifra molto inferiore ai 775 miliardi di dollari che il mondo ha speso l’anno scorso per le attuali, spesso inefficienti, tecnologie green.

Non sappiamo dove si verificheranno le scoperte. Potrebbero arrivare nel campo del nucleare, che è in grado offrire energia affidabile 24 ore su 24, a differenza dell’intermittenza che caratterizza solare ed eolico, ma che resta molto più costoso dei combustibili fossili. Con più ricerca e sviluppo, il nucleare “di quarta generazione” potrebbe arrivare a fornire energia molto più economica e più sicura. Ma dobbiamo ricercare scoperte in tutte le aree della tecnologia energetica, da un solare ed eolico più economici e con possibilità di stoccaggio massiccio e low cost, alla Co2, all’estrazione, alla fusione, ai biocombustibili di seconda generazione e a molte altre potenziali soluzioni.

Il cambiamento climatico non sarà risolto rendendo economicamente inabbordabili i combustibili fossili, ma abbattendo con l’innovazione il prezzo delle tecnologie pulite affinché chiunque possa permettersi la transizione.

Foto Ansa

Tags: cambiamento climaticoClimaemissioni co2energia pulitaprezzi energia
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