Lo stadio Olimpico non sarà intitolato al Grande Torino. Ed è un peccato

Di Marco Margrita
16 Gennaio 2013
"La Juventus è universale, il Torino è un dialetto. La madama è un esperanto calcistico, il Toro è gergo". Storia di uno stadio e dell'amore di una città per la propria squadra.

Lo ha deciso, ieri, la Commissione toponomastica del Consiglio Comunale: lo stadio Olimpico (già Comunale “Vittorio Pozzo”, ed ancor prima “Benito Mussolini”) non sarà intitolato al Grande Torino. La formazione che, a cavallo del secondo conflitto mondiale, vinse cinque scudetti consecutivi, trovando la morte nello schianto dell’aereo contro la collina di Superga, il 4 maggio 1949, al ritorno da un’amichevole in Portogallo. Viene così bocciata la proposta che ha avuto come ultimo sponsor l’alfiere grillino a Palazzo di Città, Vittorio Bertola. In passato sostenuta, in modo trasversale, da diversi esponenti politici.

Da un lato, la scelta è motivata dal fatto che recentemente agli Invincibili è stato dedicato un piazzale nei pressi dello stadio. Dall’altro, con la speranza che l’intitolazione possa essere messa all’asta, con conseguente impiguamento delle casse comunali, tra eventuali sponsor.

Edificato in previsione dei Mondiali del 1934, inaugurato con i Giochi Littoriali dell’anno precedente, era il più imponente del Paese, con una capienza di 65 mila posti. Fu intitolato, senza troppa fantasia, a Benito Mussolini, che ne aveva personalmente voluto la costruzione. “La vasta costruzione – precisava un comunicato ufficiale dell’epoca – è tutta in cemento armato e sorge nel mezzo di un campo sportivo, ove sono altri terreni di gioco, piscine, palestre. L’architettura è di stile razionale”.

Fu la casa della Juventus. Il Torino, infatti, giocava nel non troppo lontano campo di via Filadelfia (il mitico Fila, vera Fossa deI Leoni). Stadio di cui rimangono, con grande scorno della Torino granata, solo i ruderi.

Con l’abbandono del Filadelfia, nel 1960, entrambe le torinesi giocarono al Comunale. Qui il Toro, sotto la presidenza di Orfeo Pianelli e la guida tecnica di Gigi Radice, con assi come Sala e Pulici, vinse l’ultimo scudetto, con due decisive vittorie nei derby contro i bianconeri, nel campionato 1975/76.

Con la costruzione, in periferia a Le Vallette, in occasione di Italia ’90, del “Delle Alpi” fu abbandonato. Ristrutturato per le Olimpiadi Torino 2006, con una notevole riduzione dei posti, ha ospitato le cerimonie di apertura e di chiusura dei Giochi Invernali. Viene assegnato al Torino, con il contemporaneo acquisto del diritto di superficie per 99 anni da parte della Juventus dell’area del “Delle Alpi” (che demolito e ricostruito diventa lo Juventus Stadium). Dal 2011 è lo stadio dei soli granata.

In molti si aspettavano l’intitolazione alla squadra di capitan Valentino Mazzola. Anche perché ad annunciarlo, nel novembre del 2005, fu il supervisore dei Giochi Olimpici, Mario Pescante. Disse, infatti, in occasione della presentazione del diario olimpico e rivendicando la ristrutturazione nei tempi previsti: “Lo stadio si chiamerà Grande Torino e l’ idea mi piace moltissimo. La soddisfazione è per aver trovato un nome, quello della leggendaria squadra scomparsa in un incidente aereo dopo aver vinto cinque scudetti consecutivi, davvero significativo”.

A Torino la toponomastica legata al calcio (e la vicenda degli stadi) anima, non da ieri, il confronto. In una città in cui la scelta della squadra del cuore è quella tra due filosofie di vita. Con una rivendicata maggioranza granata in città a far da contraltare al farsi “fidanzata d’Italia” della squadra di casa Agnelli . Una situazione che fece scrivere allo juventino che pure compose, ed in piemontese, la più celebre delle poesie sul Grande Toro, Giovanni Arpino: “La Juventus è universale, il Torino è un dialetto. La madama è un esperanto calcistico, il Toro è gergo”.

Così il corso Grande Torino che, ancora fino al 21 novembre scorso, conduceva allo Juventus Stadium è diventato (dovuto diventare, con irrituale procedura) corso Gaetano Scirea. Con la necessaria par condicio, la settimana successiva, della già richiamata intitolazione al Grande Torino della piazza di fronte alla torre della Maratona (la curva dei tifosi torinisti) dell’Olimpico.

Da decenni, poi, si discute della possibile ricostruzione del Filadelfia (ma non c’è riuscito nemmeno l’ex-sindaco rosso e cuore granata Diego Novelli con una Fondazione ad hoc). Mentre sulla concessione alla Juventus di un’ulteriore vasta area alla Continassa, nei pressi del suo stadio, la maggioranza del sindaco Fassino ha visto da vicino la crisi. Un’area su cui troveranno realizzazione: campi di allenamento, la sede societaria, un albergo, oltre ad iniziative commerciali e di intrattenimento ed edilizia residenziale.

Contro l’assegnazione ha protestato anche Oscar Giannino, non ancora silenziato da Radio 24. ” La giunta – tuonò  l’attuale leader di Fermare il Declino – ha deciso di dare l’area in concessione alla Juve per la bella somma di 0,58 euro al metro quadrato per un’area di 350 mila metri quadrati. Un appartamento, per dire, costa 1.500 al metro quadrato. Il Pd fa alla Fiat questo regalo. Non parla il torinista, ma il torinese scandalizzato per il metodo usato per trattare aree pubbliche sulle quali sono stati buttati soldi pubblici. Vergogna!”.

Insomma, non è difficile immaginare quanto  lasci l’amaro in bocca alla Torino granata la scelta di non intitolare l’Olimpico alla squadra che giunse ad essere schierata, proprio su quel campo, per dieci undicesimi in Nazionale (11 maggio 1947, Italia-Ungheria 3-2).

Sarà anche vero, come scrisse sul Corriere Indro Montanelli all’indomani dei funerali del Grande Torino, che «gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto “in trasferta”». Ma questa “trasferta dal ricordo” solleva, sotto la Mole, più di un dissenso, per quanto con sabauda sobrietà.

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