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«Gli sciiti mozzano le teste dei sunniti per vendetta». Non c’è pace per l’Iraq

Le milizie sciite, aiutate dai pasdaran iraniani, sono a Tikrit. Lo Stato Islamico perde terreno, ma «c'è una guerra civile strisciante». Intervista a Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera

Leone Grotti
14/03/2015 - 4:30
Esteri
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Mideast Iraq Islamic State

Non è ancora successo, ma Tikrit cadrà presto. La propaganda del governo iracheno, che ha lanciato un’offensiva il primo marzo, ha già dato da giorni per conquistata la città natale di Saddam Hussein, nelle mani dello Stato islamico dall’anno scorso. In realtà, si continua a combattere e ci sono ancora centinaia di jihadisti nella zona dei palazzi presidenziali. Il destino di Tikrit però è segnato e l’Isis ne uscirà decisamente indebolito, ma c’è una notizia che non fa ben sperare per il futuro dell’Iraq: «Gli sciiti hanno già cominciato a restituire ai sunniti lo stesso trattamento che è stato riservato loro», rivela a tempi.it Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera.

Che tipo di trattamento?
Girano video terribili di giovanissimi miliziani sciiti che brandiscono le teste mozzate dei sunniti. E mentre lo fanno, sorridono. Alcuni sembravano addirittura stranieri. Come l’Isis ha perpetrato crimini terrificanti contro gli sciiti e le altre minoranze, così ora il rischio è che gli sciiti compiano gli stessi crimini contro la popolazione sunnita. Io l’ho scritto fin da quando è partito l’attacco.

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Che cosa?
Il problema sta nella composizione delle forze che guidano questo attacco. Ad oggi non esiste un vero esercito iracheno, che è ancora debole dopo essere stato sbaragliato in modo clamoroso e vergognoso l’estate scorsa dallo Stato islamico. Sul terreno, di fatto, ci sono le milizie sciite e i pasdaran iraniani, guidati dal generale Suleimani. Essendo una forza settaria, il rischio è che prolunghi la guerra civile strisciante tra sciiti e sunniti.

E gli americani come la vedono?
Ci sono 3.000 consiglieri americani in Iraq e sanno bene tutto quello che succede. Sanno che la presenza dell’Iran è cresciuta dal loro ritiro nell’estate 2011. Barack Obama però ha fatto capire che in questo momento il pericolo numero uno è l’Isis e quindi chiude un occhio, anche se gli Stati Uniti hanno già ripetuto più volte che non stanno bombardando Tikrit. L’America farà di tutto perché questa violenza settaria non si verifichi, ma in parte purtroppo è già realtà.

Una vittoria degli sciiti a Tikrit può paradossalmente peggiorare la situazione in Iraq?
No, se pensiamo che il Califfato sia il pericolo numero uno. Però è chiaro che gli iracheni non possono vincere da soli e siccome gli Usa non vogliono portare truppe sul terreno, è inevitabile che Teheran si inserisca. 

Mideast Iraq Islamic State

Questa vittoria sull’Isis dunque non risolverà i problemi dell’Iraq?
No, perché il problema è strutturale: una guerra civile strisciante, un governo sciita centrale debole e incapace di essere inclusivo, comprendendo anche l’elemento sunnita. Questo problema è politico e risolverlo sarà dura: tutti sanno che a Tikrit, la roccaforte dei sunniti per eccellenza, l’Iran è considerato il nemico numero uno.

Ora però lo Stato islamico è nei guai.
Questa per i jihadisti è una delle sconfitte peggiori dopo Kobane. Perdono territorio, uomini e sanno che ora tocca a Mosul. La sconfitta di Tikrit, poi, allontana forse per sempre la possibilità di conquistare Baghdad, un obiettivo chiave dei jihadisti. Potrebbero ancora prenderla da Falluja, ma non possono più accerchiarla. È un bel cambiamento, visto che fino a poco tempo fa si parlava degli attacchi all’aeroporto internazionale di Baghdad. Ma c’è un altro grande problema per l’Isis.

Quale?
La propaganda dello Stato islamico è fortissima ma le debolezze interne sono tante. C’è uno scontro feroce tra i jihadisti arrivati dall’estero e i miliziani locali. Io poi conosco le tribù sunnite, so che loro hanno accettato di collaborare con l’Isis perché odiavano l’Iran, ma non amano certo gli uomini di Al-Baghdadi. La sconfitta di Tikrit accelererà la disgregazione interna. Questo vale per tutti i movimenti rivoluzionari: finché le cose vanno bene, si è tutti uniti ma il problema è durare.

Lo Stato islamico durerà?
No, ne sono convinto. Si sgonfierà.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

Tags: Corriere della SerairanIraqIsislorenzo cremonesimosulpasdaransaddam husseinsciitisunnititikrit
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