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Eutanasia, o della medicina a immagine e somiglianza di Repubblica

Per Francesco Merlo il referendum renderebbe «più laica e neutrale» la professione del medico corrotta dai cattolici. Un ripasso sulla china presa nei laicissimi eden della dolce morte e la lezione del luminare Lucien Israel, vero laico cioè mai neutrale

Caterina Giojelli
01/09/2021 - 2:00
Salute e bioetica
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La raccolta firme per il referendum sull'eutanasia legale a Roma
La raccolta firme per il referendum sull’eutanasia legale a Roma (foto Ansa)

Ancora sull’eutanasia: «Anestesisti e rianimatori sanno che prolungare le sofferenze non è carità cristiana, ma il suo contrario. Il referendum servirebbe anche a rendere più laica e dunque neutrale la medicina». Così Francesco Merlo rispondendo su Repubblica al professor Guido Corallo, chirurgo oculare di Genova. Il professore si scagliava contro l’esistenza di una Associazione Medici Cattolici Italiani (Amci) «poco nota al di fuori dell’ambito medico, ma influente, anche perché beneficiaria dell’appoggio ecclesiastico» e i «condizionamenti» che ancora gravano «sulla Medicina da parte delle influenze confessionali».

Secondo il professore è «superfluo dire che, giusto per limitarci all’eutanasia legale, l’ispirarsi a un’etica religiosa non implica un trattamento più “caritatevole” da parte di un medico cattolico. Anzi. Se fosse per i medici cattolici, Dj Fabo starebbe ancora patendo le pene dell’inferno. E senza dimenticarci che la legge 194 è stata sì conquistata, ma è disapplicata (o azzoppata) perché la stragrande maggioranza dei ginecologi sono obiettori di coscienza». La tesi è che non si tratti di cattolici ma vittime di condizionamenti e di una discriminazione tra «medici di serie A e serie B», «scandalosa e offensiva nei confronti di chi, da una prospettiva laica, si sacrifica ogni giorno per alleviare la sofferenza dei pazienti. Ma alleviarla sul serio, non prolungarla fino all’esasperazione». Da qui la risposta Merlo: il referendum sull’eutanasia legale renderebbe più “laica e neutrale” la medicina.

Eutanasia, un gioco sporco di parole

Questo Repubblica. Questo è giocare sporco con le parole. Medicina, coscienza, carità, prospettiva laica. E poi “neutralità”. Sappiamo perché: se si dovessero chiamare le cose col loro nome medici e giornalisti sarebbero costretti ad ammettere che l’eutanasia o l’aborto non sono sono affatto un diritto “civile” ma una china drammatica. Che legalizzati o meno, spogliati da ogni prospettiva, condizionamento, influenza confessionale, ridotti all’osso restano pur sempre un omicidio. Un omicidio informato ma pur sempre un omicidio. E si capisce la necessità di chi si dice laico nello spostare il piano dalla sostanza, (un embrione in utero, un malato allettato), a quello della lotta contro l’oscurantismo clericale. Su quale intuizione e laica libertà si fonderebbe altrimenti il diritto di ammazzare il prossimo?

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“Carità” è quella mostrata per 15 anni dalle suore misericordine di Lecco verso Eluana Englaro, suore che non le fecero mancare cura, acqua, cibo e amore, o quella di chi l’ha lasciata morire disidratata in una asettica clinica di Udine? Che c’è di “neutrale” in chi ha trasformato la volontà di Piergiorgio Welby in un diritto e una lezione al credente cattolico? Si può chiamare “alleviare la sofferenza dei pazienti” offrire al morso di un paziente un pulsante per l’attivazione di un farmaco letale come quello morsicato da Dj Fabo? Se la giustificazione della soppressione di una vita umana è la pietà per il dolore altrui, allora chiunque può essere ucciso? Sono domande da laici o bigotti?

Che c’è di laico nell’omicidio informato?

Piaccia o meno a Merlo e lettori di Repubblica, dove porta l’eutanasia non è un problema del Vaticano ma dello Stato laico. Lo abbiamo scritto più volte: ecco a che punto si è arrivati in Olanda, Belgio e Canada, dove l’eutanasia da talismano dell’autonomia del paziente è diventata trappola mortale per anziani, depressi, malati mentali, disabili, perfino bambini, con enorme beneficio dei bilanci sanitari., dove ammazzare è risparmiare.

Non serve essere medici cattolici o giornalisti cattolici e nemmeno cattolici per provare orrore per tutto questo, non serve essere giuristi per ribadire a Merlo che il referendum nulla ha a che vedere con l’utopia di una medicina laica e neutrale dal momento che il suo scopo è liberalizzare «ogni forma di omicidio del consenziente, anche se determinato, ad esempio, da una depressione, da un fallimento finanziario, da una delusione sentimentale, da una momentanea fragilità psichica e anche se commesso con mezzi violenti» (mandare a memoria la posizione di Violante e Flick).

«Un medico non ammazza un suo simile»

Quanto al “prolungare la sofferenza” e volutamente far coincidere l’accanimento terapeutico con la contrarietà all’eutanasia, quanto all’alleviare la sofferenza dei pazienti, andrebbe ricordata la posizione assolutamente laica e per questo affatto neutrale di Ippocrate. E di un medico “immerso nel suo tempo” e nella sofferenza degli uomini come il grande Lucien Israel che ci ha lasciato nel 2017. Luminare dell’oncologia francese, agnostico, uno che piacerebbe ai Merlo e ai professori Corallo perché libero da qualunque condizionamento, influenza religiosa o di Repubblica.

A lungo presidente dell’Accademia di Scienze morali e politiche e dell’Unione Nazionale Interuniversitaria, per oltre vent’anni Israel ha diretto il reparto di oncologia dell’ospedale Avicenne di Bobigny e ha anche guidato la clinica universitaria di oncologia all’università di Paris-Nord: ai pochissimi parenti di malati gravi che esprimevano il desiderio dell’eutanasia rispondeva sicuro: «Un medico non può uccidere un suo simile. Fa ciò che è necessario per dare sollievo ai suoi dolori fisici e alle sue difficoltà psicologiche attraverso le cure, la gentilezza e tutto ciò che gli fa percepire che c’è qualcuno intorno a lui che si occupa di lui. Ma è fuori questione che io o uno dei miei allievi accettiamo di uccidere un nostro simile».

Il luminare Lucien Israel a Tempi

Non c’era ideologia: in una lunga intervista a Tempi Israel aveva raccontato la storia del paziente malato di cancro allo stomaco che gli aveva dato del “vigliacco” e di una boccetta rimasta intatta sul comodino (qui trovate tutta l’intervista). «È fuori questione attentare alla vita di un essere umano quando si è medici. Un malato ma anche una persona sana non deve mai poter immaginare che dei medici sarebbero capaci di dargli la morte. È il contrario dell’immagine di sé che un medico dovrebbe dare, e cioè quella di una persona che fa tutto il possibile per i malati anche facendosi carico dei casi disperati per cercare di attenuare i dolori e dare loro la compassione che un essere umano merita. Un medico che non si attenga a queste raccomandazioni, non è degno di esercitare la sua professione».

Un’immagine «terribile» della medicina

Per Israel il medico che approva l’eutanasia non è un medico caritatevole ma un medico che non sopporta vedere un altro che soffre, e per il quale non ha nessuna importanza che egli muoia adesso o fra sei mesi: «Non si può offrire questa immagine del medico agli studenti di medicina, o la medicina diventerà qualcosa di terribile». Altro che laica e neutrale. Posto che allo stato attuale «siamo in grado di placare tutte le manifestazioni dolorose», «per un malato guadagnare sei mesi può voler dire guadagnare molto di più. È possibile che qualcuno, a cui oggi si “concedono” sei mesi di vita, possa beneficiare, prima che scada tale tempo, di una cura che gli darà altri quattro anni di vita, e poi, nel giro di due-tre anni, di una cura che gliene darà altri dieci».

Che tipo di società è quella auspicabile da Repubblica in cui la gente può trovare serenità nel fatto che quando starà male potrà contare su un medico becchino che troverà normale uccidere piuttosto che su un medico che farà di tutto per lenire le sofferenze? Una società in cui un medico si considera “utile” al bene comune uccidendo i pazienti?

Era il 2009, quando Tempi incontrò Lucien Israel. Saputo che in Italia c’era chi affermava che bisognasse introdurre l’eutanasia nella legislazione in nome della laicità dello Stato si era spazientito: «Anche al di fuori di una qualunque ottica spirituale, un medico non è autorizzato a togliere la vita a qualcuno. Per quel che mi riguarda, la mia posizione non dipende da considerazioni religiose: un medico, chiunque egli sia, agnostico o credente, non deve riconoscersi il diritto di togliere la vita a qualcuno, quando in realtà è in grado di alleviare le sue sofferenze». Aveva risposto così il luminare dell’oncologia, realmente laico e cioè mai neutrale.

Tags: dj faboeluana englaroEutanasiafrancesco merlolucien israelPiergiorgio Welbyrepubblicasuicidio assistito
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