Anche se l’accordo tra Cina e Vaticano verrà firmato, resterà «impossibile»
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L’accordo tra Cina e Vaticano potrebbe essere firmato entro fine mese. Da oltre tre anni, a trimestri alterni, si leggono sulla stampa annunci di questo tipo ma questa potrebbe essere la volta buona. L’indiscrezione di pochi giorni fa del Wall Street Journal è stata infatti confermata dal Global Times, organo semi-ufficiale del partito comunista cinese. Secondo l’articolo firmato da Li Ruohan, «il Vaticano potrebbe inviare una delegazione in Cina presto, entro fine settembre. Non ci sono “dispute su questioni di principio” tra le parti e se l’incontro andrà bene, l’accordo sarà firmato».
[pubblicita_articolo allineam=”destra”] NOMINA DEI VESCOVI. L’intesa, spiega il giornale americano, comporterà per la prima volta il riconoscimento ufficiale del Papa come capo della Chiesa cattolica in Cina. «In cambio, papa Francesco riconoscerà formalmente sette vescovi cinesi scomunicati». Il cuore dell’accordo riguarda la nomina dei vescovi. Questi verrebbero selezionati da Pechino, forse da una Conferenza episcopale riconosciuta dalla Santa Sede, e il Papa manterrebbe il potere di veto.
PROBLEMI E DUBBI. I problemi e i dubbi sono moltissimi. Inizialmente sembrava che l’accordo prevedesse, da parte della Cina, il riconoscimento di circa 30 vescovi nominati da Roma ma non riconosciuti da Pechino. Questo punto, secondo quanto scritto dal Wsj, non è più all’ordine del giorno e le parti lo discuteranno più avanti.
PERDONO DIFFICILE. Resta da capire anche se il perdono che verrà concesso ai sette vescovi scomunicati comporterà la necessaria richiesta ufficiale e pubblica di scuse da parte dei diretti interessati. Come dichiarato a Tempi da monsignor Savio Hon Tai-Fai, oggi nunzio apostolico in Grecia, in precedenza segretario di Propaganda Fide, «i vescovi devono ammettere di avere sbagliato. Senza pentimento che perdono sarebbe? E deve avvenire davanti alla comunità. L’ordinazione illegittima è stata di pubblico dominio, dunque anche la richiesta di perdono e la sua concessione devono esserlo. Ma non vedo segnali in questa direzione».
RELIGIONE IN MANO AL PARTITO. Resta poi la questione più spinosa. In Cina non esiste una vera libertà religiosa e le strutture ufficiali di tutte le religioni sono nelle mani del partito comunista. Secondo AsiaNews, il Fronte unito, il ministero degli affari religiosi e l’Associazione patriottica vogliono mantenere la loro egemonia sulla Chiesa e lo scorso ottobre il Fronte unito è passato sotto la dipendenza diretta del partito. «Ciò significa che Xi Jinping, presidente e segretario generale del partito, è la sua autorità massima», scrive Bernardo Cervellera.
«COSA POTRÀ FARE IL PAPA?». La domanda dunque è una: ci si può fidare delle nomine dei vescovi fatte da organismi eterodiretti da un partito ateo? Secondo il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, no. «Papa Francesco è troppo ottimista. Il problema è che non conosce il governo cinese. Non ha esperienza del regime comunista», ha dichiarato a Bloomberg. «Una Conferenza episcopale approvata dal partito sarebbe fasulla, non avrebbe alcun potere. Il rischio è di creare una Chiesa scismatica con la benedizione del Santo Padre». È vero che il Papa avrebbe potere di veto sui candidati, ma «quando dicono che il Papa avrà l’ultima parola, che cosa significa? Il governo sceglierà i candidati, la Conferenza episcopale li presenterà al Santo Padre e lui cosa può fare? Porre il veto a tutti i nomi? Le conseguenze saranno tragiche e dureranno a lungo».
CHIESE DEMOLITE. Sia in Italia che all’estero il cardinale Zen viene descritto come il capofila di una «lobby» conservatrice e irrazionale che agisce «politicamente» contro il Papa e gli interessi della Chiesa. Ma basta guardare i fatti per capire che le sue preoccupazioni sono più che legittime: i nuovi regolamenti per le religioni (islam compreso) in vigore da febbraio impediscono a sacerdoti e vescovi di educare alla religione i ragazzi di età inferiore ai 18 anni, che non possono neanche più entrare in chiesa per la messa. La legge vieta anche raduni non autorizzati e pellegrinaggi. Soprattutto nella provincia dell’Henan vengono demolite chiese e rimosse croci, i corsi di catechismo fermati, le scuole religiose chiuse, gli studenti cristiani nelle scuole schedati, i genitori minacciati di non educarli alla fede se non vogliono vedersi licenziare dal lavoro o togliere i sussidi.
SINICIZZAZIONE. L’Associazione patriottica ha richiesto a tutte le diocesi cattoliche un piano quinquennale (2018-2022) per spiegare come intendono portare avanti la sinicizzazione della Chiesa cattolica in Cina. Il modello base del piano prevede un rigido controllo del partito non solo sui luoghi fisici dove si svolge la vita dei fedeli, ma anche un’invasione in campo culturale, teologico e liturgico. Sei ai membri del partito comunista è stato imposto l’ateismo, in alcuni villaggi si cerca di convincere gli abitanti a rimuovere le immagini di Gesù e della Madonna per sostituirle con quelle di Xi Jinping grazie «a un’azione di riforma del pensiero. Educhiamo le persone a credere nella scienza e non nella superstizione. Facciamo sì che credano nel partito comunista».
«SAREMO IN GABBIA». Se questi sono solo alcuni dei provvedimenti presi dal governo cinese nell’ultimo anno, condividere le preoccupazioni del cardinale Zen e di molti cattolici cinesi è più che legittimo. I negoziatori della Santa Sede sono del resto a conoscenza di questi problemi, se è vero quanto dichiarato da un’importante fonte vaticana alla Reuters già a febbraio: «Dopo l’accordo saremo ancora come uccelli in gabbia, solo che la gabbia sarà più grande».
MEGLIO LA PERSECUZIONE? Non è una prospettiva incoraggiante soprattutto perché, come ricorda ancora Zen, «il punto non è la misura della gabbia, ma chi è dentro la gabbia. I fedeli delle comunità sotterranee oggi non sono dentro la gabbia». Ora però li si vuole costringere a «entrare nella gabbia. Meglio essere perseguitati e rimanere fedeli a se stessi». Come affermato ad AsiaNews dal missionario del Pime ed esperto di Cina padre Sergio Ticozzi, «il governo cinese sa che se ora il Vaticano è pronto a riconoscere vescovi con amante e figli, in futuro non avrà problemi ad accettare ogni candidato che le autorità cinesi proporranno».
«ATTUAZIONE IMPOSSIBILE». La Santa Sede, continua il missionario, «vuole evitare uno scisma eliminando ordinazioni episcopali illegittime, favorendo così l’unità della Chiesa in Cina, ma di fatto non tiene conto della divisione attuale e della confusione dei fedeli: come trattare vescovi e clero che si dicono fedeli al Santo Padre, ma che aderiscono ai principi di autonomia e indipendenza dell’Associazione patriottica e obbediscono in tutto al Partito? L’attuazione quindi di un qualsiasi accordo sarà molto difficile, se non impossibile, a meno che il Vaticano si accontenti di teoria».
Foto Ansa
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