Ma Daqin, il vescovo fedele al Papa che il regime comunista cinese vuole “convertire”
La dichiarazione è stata accolta da un lunghissimo applauso dei fedeli ma il partito comunista non l’ha presa altrettanto bene. L’Associazione patriottica è un surrogato della Chiesa cattolica creato da Mao Zedong nel 1958. Tra i suoi scopi c’è quello di istituire una Chiesa indipendente dalla Santa Sede e dal Papa, considerato un capo di Stato straniero e ostile. Non a caso è stata definita da Benedetto XVI un organo «inconciliabile con la dottrina cattolica». Sacerdoti e vescovi in Cina, però, sono chiamati ad aderire alla cosiddetta “Chiesa ufficiale”, che pretende di stabilire cosa si insegna a catechismo, chi deve essere ordinato, cosa si deve studiare nei seminari e cosa devono dire i parroci durante le omelie. Ma Daqin ha deciso coraggiosamente di obbedire al Papa e non al partito comunista, e ha voluto dirlo pubblicamente a tutti i fedeli della diocesi di Shanghai.
Quel mandato non è cancellabile
Gli ufficiali del partito l’hanno subito portato nel seminario di Sheshan (foto a fianco), alla periferia di Shanghai, per farlo «riposare» e perché le sue azioni «hanno violato in modo grave il regolamento sull’ordinazione episcopale del Consiglio dei vescovi in Cina». In questa «gabbia dorata, isolato quasi completamente», come hanno riferito i testimoni che sono riusciti a visitarlo di nascosto, «è dimagrito e pallido». Il governo di Shanghai ha anche costretto la diocesi a sospenderlo, impedendogli di concelebrare la Messa per due anni e revocandogli l’incarico di prete parrocchiale della chiesa Nostra Signora di Lourdes di Tangmuqiao. Infine, la Conferenza episcopale della Chiesa cattolica cinese, non riconosciuta dal Vaticano perché nello statuto indica come autorità ultima un’assemblea democratica di prelati e non il Papa, ha revocato a monsignor Ma il titolo di vescovo ausiliario di Shanghai.
Nel frattempo Ma è diventato vescovo a tutti gli effetti di Shanghai. Il 27 aprile 2013, infatti, è morto Jin Luxian, vescovo “patriottico” ordinato nel 1985 senza l’approvazione del Papa e riconciliatosi con la Chiesa nel 2005. Monsignor Savio Hon, segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, ha parlato chiaro da Roma: «Ma Daqin è il legittimo vescovo di Shanghai. La “Conferenza dei vescovi cinesi” ha cancellato questo suo titolo, ma la Santa Sede ha precisato che nessuna conferenza episcopale, in nessuna parte al mondo, ha questo potere di cancellare il mandato pontificio. Tanto più in questo caso, in cui la “conferenza” non è riconosciuta dal Vaticano».
Il partito comunista, invece, ha dichiarato la sede vacante per bocca di Anthony Liu Bainian, presidente onorario dell’Associazione patriottica: «Ma ha ingannato i vescovi e il governo. Come potrebbe diventare responsabile di una diocesi grande come Shanghai? È plagiato da forze straniere (cioè dal Vaticano, ndr). Ha violato le regole della Chiesa ma è una persona dotata di talento e può essere riabilitato se si pente veramente e riconosce i suoi errori». L’errore di monsignor Ma Daqin consiste nel riconoscimento dell’autorità del Papa contro quella del partito comunista di Pechino, secondo il quale la volontà del Vaticano di nominare i vescovi in Cina è una «ingerenza indebita».
Prima del “caso Ma”, tra il 2010 e il 2012, il governo cinese ha interrotto il dialogo con la Santa Sede attraverso quattro ordinazioni illegittime senza l’approvazione del Papa: quella di Guo Jincai a vescovo di Chengde, quella di Paolo Lei Shiyin a vescovo di Leshan, quella di Giuseppe Huang Bingzhang a vescovo di Shantou e quella di Giuseppe Yue Fusheng a vescovo di Harbin. La Santa Sede in una nota ha ricordato che i vescovi illegittimi, e chi li ordina contro il volere del Papa, incorrono tutti nella scomunica secondo il canone 1382 del Codice di Diritto Canonico.
Ma Daqin, per sottrarsi all’autorità comunista, si è sottoposto agli arresti domiciliari e ai “corsi di studio” di Pechino. Scontata la pena di due anni, sembra però che la prigionia andrà avanti, secondo quanto dichiarato da ufficiali del governo a un raduno di sacerdoti e suore lo scorso 18 giugno: «Ma non sarà liberato perché deve continuare la sua azione di pentimento e riflessione». Nonostante la persecuzione, il vescovo non è abbattuto nello spirito come dimostrano le parole che ha fatto giungere a papa Francesco attraverso il cardinale Joseph Zen Ze-kiung, vescovo emerito di Hong Kong: «Non smetta di predicare la verità per timore di causare problemi a me».
Anche il popolo cattolico di Shanghai ha capito il valore della testimonianza di Ma. «Voi potete restringere la libertà di monsignor Ma, non potete però scuotere la sua fede», ha scritto il 7 luglio un fedele nel microblog del prelato, dove vengono pubblicate preghiere e riflessioni. «Potete minacciarci, ma non potete cambiare la nostra fede. Noi vi trattiamo con benevolenza, ma voi calpestate la nostra coscienza e ci guardate come rivoltosi. Potete demolire le nostre chiese, sbriciolare le nostre croci, ma Dio ricostruirà il Suo tempio nei nostri cuori per sempre».
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1 commento
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“…ma Dio ricostruirà il suo Tempio nei nostri cuori per sempre…”
Siamo capaci di rispondere almeno con un Amen noi cristiani della domenica?
Una grande preghiera per questi nostri fratelli e per questo Vescovo, che pagano sulla loro pelle l’amore per Cristo.
E una domanda: perchè nelle nostre chiese non si sente mai parlare della sofferenza di questi Cristiani perseguitati?