Pubblichiamo l’intervento di Mario Fresa, magistrato, apparso oggi nello spazio dedicato alle lettere dei lettori del quotidiano la Repubblica. Ci sembra che il testo debba essere riproposto così com’è, perché quando un magistrato si sente in dovere di celebrare certe recenti sentenze come «decisioni giurisprudenziali innovative» prese con «professionalità» e «coraggio» da giudici non «conformisti», non c’è bisogno di aggiungere commenti.
Vi sono state negli ultimi anni decisioni giurisprudenziali che hanno spostato verso orizzonti più lontani le frontiere dei diritti fondamentali dell’uomo (si pensi al tema del danno biologico e, in genere al diritto alla salute, compreso il cosiddetto diritto di non nascere se non sani, al tema della libertà religiosa, a quello della famiglia di fatto, ai problemi connessi all’immigrazione, al caso Englaro ed al tema della fine della vita).
Anche questa estate non sono mancate decisioni giurisprudenziali innovative su diritti fondamentali dell’uomo. Così, abbiamo letto del caso del neonato conteso a seguito dello scambio delle provette, dell’autorizzazione alla fecondazione eterologa e, infine, del caso di adozione di un bambino da parte di una coppia omosessuale (figlio naturale di una delle due donne).
Per prendere certe decisioni ci vuole, oltre che professionalità e competenze specifiche, coraggio. Il coraggio di disattendere precedenti giudiziari di segno contrario, anche di legittimità e di interpretare il complesso sistema normativo in mancanza di specifiche leggi che regolamentino specifiche materie. L’interpretazione sistematica e evolutiva (non certo quella letterale, assai più agevole) – che tenga conto degli indirizzi delle Corti sovranazionali e dei valori fondamentali della Costituzione – è il cuore del nostro lavoro ed è la garanzia più autentica della difesa dei diritti umani, anche laddove non esistano leggi specifiche e chiare.
Da sempre il diritto precede le riforme legislative per il semplice motivo che i casi concreti e la evoluzione della società viaggiano a velocità più elevata rispetto alle leggi generali e astratte. Nel nostro Paese questa caratteristica è resa più evidente da una inerzia legislativa derivante da una politica sempre meno disponibile al perseguimento del bene comune e sempre più intrisa di corporativismo.
Un magistrato conformista non è, secondo me, un buon magistrato. E la spada di Damocle di una responsabilità civile senza una adeguata clausola di salvaguardia interpretativa ingesserebbe il diritto così come oggi è ingessata la politica.
Mario Fresa
magistrato, già componente Csm