Terremoto in Nepal, due mesi dopo. «Quasi 9 mila morti e ora comincia la stagione dei monsoni»

Di Leone Grotti
22 Giugno 2015
La stagione delle violenti piogge finirà solo a ottobre e prima di allora non si potrà ricostruire nulla. Intervista al portavoce di Caritas Nepal, che sta cercando di fornire un riparo ai quasi 3 milioni di sfollati
Nepalese students wait for their school bus in front of a collapsed house as thousands of schools across the districts worst hit by two major earthquakes in Nepal reopened Sunday, in Kathmandu, Nepal, Sunday, May 31, 2015. With most school buildings damaged or unsafe, the Education Ministry ordered that classes be held in temporary classrooms. According to a UNICEF statement, 32,000 classrooms were destroyed and 15,352 classrooms were damaged after the two major earthquakes in Nepal. (AP Photo/Niranjan Shrestha)

Il 25 aprile la capitale del Nepal, Kathmandu, è stata sconvolta da un violentissimo sisma di magnitudo 7.8. Il 12 maggio, un secondo terremoto di magnitudo 7.3 ha peggiorato ancora di più la situazione. A due mesi dal primo sisma, il bilancio (ancora provvisorio) delle conseguenze è questo: otto milioni di persone colpite, 8.786 vittime, 22.310 feriti circa, 510.762 case rase al suolo, 291.707 danneggiate. Questi i dati di Caritas Nepal, il cui portavoce, Prakash Khadka, ha rilasciato un’intervista a tempi.it.

Dove vivono a due mesi dal terremoto gli sfollati?
Su 75 distretti, 39 sono stati colpiti e in questi molte persone sono rimaste sfollate in un modo o in un altro. Secondo l’Onu, stiamo parlando di circa 2,8 milioni di persone, mentre il governo non ha dati ufficiali. Nella valle di Kathmandu, sono riuniti nei grandi spazi pubblici, come lo stadio Halchowk, il Memorial Park, altri campi da gioco o anche sul ciglio delle strade. Alcuni sono ospitati da familiari o vicini, ma tanti sono ancora sotto i tendoni o ripari di lamiera. Però ora c’è un altro problema.

Quale?
Interi villaggi si sono spostati in altre città, ma ora potrebbero essere evacuati di nuovo in aree più sicure perché la stagione dei monsoni comincerà questa settimana. La terra continua a tremare, causando valanghe che hanno già ucciso centinaia di persone, ma gli smottamenti dureranno almeno fino alla fine di settembre, quando finiranno le violenti piogge.

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Di che cosa ha più bisogno la popolazione?
Riparo, prima di tutto, visto l’arrivo dei monsoni. Non si può neanche pensare di ricostruire qualcosa prima di ottobre o novembre. Quindi servono tetti temporanei per le famiglie. Caritas Nepal sta cercando di fornire materiali per il riparo insieme ad altre organizzazioni. Nei distretti dove è disponibile la lamiera ondulata, ne finanziamo l’acquisto per aiutare le famiglie e allo stesso tempo l’economia locale. Per ogni famiglia servono 15.000 rupie nepalesi (134 euro) o 18 pezzi di lamiera ondulata. Il governo si è impegnato a provvedere e noi stiamo lavorando a stretto contatto con loro.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Siete quindi ancora in una fase di transizione?
Sì. Quando piove troppo è impossibile ricostruire, così come non si possono trasportare materiali in villaggi di montagna dove le strade saranno allagate per mesi. Ad oggi, con aiuti di emergenza, Caritas Nepal ha già raggiunto oltre 250 mila persone in 15 diversi distretti, anche grazie al determinante aiuto della Caritas italiana.

La popolazione ha ancora paura di nuovi terremoti?
Per fortuna le scosse di assestamento sono molto diminuite. Prima ce n’erano tante, tremori ogni giorno e ogni notte. Ora sono poche, lievi e a grande distanza l’una dall’altra. Ma la gente è spaventata, molti non vogliono tornare dentro le case, anche se possono, e continuano a vivere all’esterno. La gente ora teme che i monsoni peggiorino molto le condizioni di vita. Noi come Caritas Nepal offriamo anche sostegno psicologico attraverso un gruppo teatrale che realizza scene su come riprendersi e recuperare dallo shock. Andiamo soprattutto nei centri di distribuzione, dove la gente si trova naturalmente insieme.

Quanto ci vorrà per la ricostruzione?
La strada è lunga, serviranno come minimo tre anni. Anche prima del terremoto, il Nepal era il quarto paese più povero del mondo. Noi speriamo che la comunità internazionale continui a pensare e pregare per noi, aiutando il popolo del Nepal. Noi siamo grati a tutto il circuito della Caritas che ci ha aiutato fino ad oggi e ci ha permesso di intervenire con prontezza in uno dei momenti più bui della nostra storia. Continuate a sostenerci, perché possiamo ricostruire tutto rendendolo anche meglio di prima.

@LeoneGrotti

Foto studenti Ansa/Ap

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2 commenti

  1. Franco Belli

    Nessun cenno alla misericordia del Signore?
    In fondo .. solo 9mila morti… ma quanti sono ancora vivi… per “miracolo”?

    1. SUSANNA ROLLI

      Tu sai già di che morte morirai? Da qlc parte o in qlc modo bisognerà morire..Io incomincio escludendo aborto (per me ormai è già troppo tardi), mi resta l’eutanasia, ma a ben pensarci non ci metto mano. Allora, voglio morir di quel che Iddio ha pensato per me..Che poi per noi cristiani non esiste la reincarnazione, e nemmeno la morte( “sorella morte”, San Francesco) perchè la morte non esiste, è un pasaggio. Dai, Franco Belli, tanto arriverà anche per te….Perchè arriva per tutti – è scientificamente provato, lo dicono studi autorevoli. A Medjugorje in tempi di guerra cadde una bomba -ancora lì impiantata ed inesplosa per metà davanti alla chiesa…ma qui mi fermo senno non mi basterebbero una ventina di anni per scrivere..E chi ce vo’ rimanere a lungo in questa terra piena di atei che credono nel nulla!!!

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