La preghiera del mattino

Col suo surreale cinismo Macron finisce per fare il gioco di Xi Jinping

Emmanuel Macron e Xi Jinping
Il presidente francese Emmanuel Macron durante il viaggio in Cina con il suo omologo Xi Jinping, 7 aprile 2023 (foto Ansa)

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «La Cina – dicevo – trova così una riconsacrazione diplomatica mentre gli Stati europei si presentano disuniti. Scholz si era già recato in Cina in solitudine e così oggi fa Macron, mentre sauditi e iraniani superano le loro differenze storiche profondissime e così rendono cupo l’orizzonte alle soglie del continente europeo. Le relazioni internazionali si scompongono sempre più in forma asimmetrica».

I segni di una situazione internazionale sempre più tesa sono numerosi. Sommergibili atomici americani sono annunciati in tutte le aree del pianeta, dal Mediterraneo al Golfo Persico, all’area indo pacifica. Mentre Pechino organizza intorno a Taiwan manovre di guerra (accompagnate da dichiarazioni di Emmanuel Macron in puro stile Neville Chamberlain) che ricordano quelle russe precedenti l’invasione dell’Ucraina. La sensazione che il disordine mondiale cresca senza che si dispieghi una strategia per affrontarlo è molto forte. Come ci spiega bene Sapelli.

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Su Startmag Chiara Rossi scrive: «Airbus raddoppia capacità produttiva in Cina. Il produttore di aerei europeo avvierà una seconda linea di assemblaggio di aeromobili a Tianjin, raddoppiando la capacità produttiva di aeromobili A320 in territorio cinese. Lo ha annunciato il presidente esecutivo di Airbus Guillaume Faury: la firma dell’accordo è avvenuta a margine della visita del presidente francese Emmanuel Macron in Cina dove ha incontrato l’omologo Xi Jinping. Airbus ha già una linea di assemblaggio A320 a Tianjin dal 2008, che ha prodotto più di 600 aeromobili A320. Il più grande costruttore di aerei del mondo, che ha superato Boeing come fornitore della Cina tra le tensioni tra Washington e Pechino, ha anche ottenuto il via libera per consegnare 160 jet già venduti».

Il cinismo macroniano che accompagna una strategica missione diplomatica per “la pace nel mondo” con tanto di presidente della Commissione europea al fianco, con una sorta di operazione da commesso viaggiatore delle industrie francesi, ha un che di surreale, un po’ come le imprese di Angela Merkel che contrastava l’influenza russa in Europa mentre metteva l’economia tedesca nelle mani di Mosca. La sensazione è che molte delle mosse di Parigi nascano dalla disperazione, innanzi tutto da una situazione interna che si pensa di risolvere con diversivi in politica estera. Però la questione centrale è quella strategica: di fronte allo svilupparsi di una vocazione all’egemonismo mondiale della Cina popolare è impossibile proporre una politica estera basata sul multipolarismo. Senza un articolato ma saldo atlantismo, il quadro internazionale finirà fuori controllo.

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Su Atlantico quotidiano Michele Marsonet scrive: «Pechino e la Santa Sede non hanno mai reso noti i dettagli dell’accordo, ma le fonti ufficiali vaticane hanno più volte ribadito che esso prevede nomine “congiunte”. Ciò implica che una nomina, per essere valida, necessita dell’approvazione preventiva del Vaticano. Il ragionamento di papa Francesco è il seguente. Meglio stipulare un accordo imperfetto, che consenta comunque a Roma di avere almeno una certa influenza sulla nomina dei vescovi, piuttosto che troncare i contatti lasciando i fedeli cinesi in balìa del regime. Pechino, tuttavia, non è mai stata tenera con le varie confessioni religiose presenti nel suo territorio. Tralasciando il celebre caso degli uiguri musulmani del Xinjiang, pesantemente perseguitati, non se la cavano bene nemmeno le numerose confessioni cristiane protestanti attive nella Repubblica popolare. Il problema è che il Partito/Stato non tollera alcuna concorrenza “spirituale” che possa mettere in pericolo il suo predominio ideologico. Per dirla in altri termini, il Partito vuole conquistare anche il cuore e l’anima dei cittadini, e per questo adotta un approccio antireligioso a tutto tondo».

Il Vaticano ha pensato di poter costruire un rapporto che aiutasse a far crescere la libertà religiosa in Cina. Questo approccio ha di fatto aiutato Pechino ad allargare la sua forte influenza in Sud America. Ora però Xi Jinping dà l’impressione di voler attuare una svolta alla Ghazan Khan, quando i mongoli scelsero l’islam invece del cristianesimo per tentare di completare il loro dominio sul mondo. Le nuove mosse cinesi verso i musulmani – se ne scrive nel primo blocchetto di questa rubrica – rispondono all’obiettivo di costruire una salda egemonia in Asia centrale, Medio Oriente e soprattutto in Africa. Magari si metterà in difficoltà qualche alleato italiano come i cattolici Romano Prodi e Giuseppe Conte, ma la posta in gioco val la pena di qualche sacrificio.

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Su Formiche Giovanni Tria dice: «“Ho letto il documento di Berlino e le dico la verità, mi sembra qualcosa di migliore rispetto alla proposta della Commissione. La quale prevedeva che ogni paese dovesse trattare, negoziare, la riduzione del debito, dopo che Bruxelles avesse effettuato una analisi di sostenibilità dei conti. In più, dividendo i paesi dell’Ue in buoni e cattivi. Dando vita a una diversificazione della sostenibilità del debito”, spiega Tria. “E poi, crediamo davvero che la Commissione avrebbe imposto una riduzione dello stock minore dell’1 per cento all’anno? La verità è che la proposta tedesca toglie l’analisi della sostenibilità del debito, che per l’Italia è molto pericolosa, ma prevede un benchmark per tutti. Evitando a Roma l’ombra del sospetto, che sappiamo quanto agiterebbe i mercati. Analizzare i conti, analizzare la sostenibilità del debito, metterebbe il governo e il paese in cattiva luce. Per questo lo schema tedesco è molto più favorevole per l’Italia di quanto sia invece l’idea dell’Ue”».

L’analisi di Tria è interessante e aiuta a capire quale potrebbe essere la strategia di Berlino nei prossimi mesi: evitare di mettersi nelle mani del velleitario terzopolismo macroniano e rafforzare un’Unione Europea che tratti più fruttuosamente con gli Stati Uniti. Questo approccio potrebbe offrire qualche interessante chance politica all’Italia.

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