Super Tuesday, Santorum e Romney appaiati. Jeb Bush la sorpresa?
Super Tuesday, ci siamo. Si vota, tra l’altro, in Ohio, Tennessee, Georgia. Il più importante fra questi Stati, per le elezioni generali, è l’Ohio, uno “swing State”, cioè uno Stato che, a seconda della contingenza storica, è stato democratico o repubblicano. Il voto in Ohio è, dunque, importante per verificare la forza dei candidati Gop nei confronti di Obama. Qui, fino a settimana scorsa, i sondaggi davano favorito Rick Santorum, l’uomo amato dalla base del partito che difende il settore manifatturiero, qui molto sviluppato. Ma si sapeva che per Santorum non sarebbe stato semplice mantenere il vantaggio. Anche in Michigan una settimana prima del voto l’italo-americano era in vantaggio di dieci punti su Mitt Romney, poi la macchina elettorale del mormone e soprattutto le sue disponibilità finanziarie, imparagonabili a quelle di Santorum, gli hanno consentito a una vittoria risicata. E così, come in Michigan, anche in Ohio l’ex governatore sta spendendo milioni di dollari per farsi pubblicità e tentare la rimonta. Non a caso i sondaggi nel fine settimana pubblicati sul New York Times si sono ribaltati: Romney è al 36,2 per cento, Santorum al 36.
In Tennessee, invece, l’italo-americano è ancora in testa con il 35,7 per cento delle preferenze contro il 31,5 di Romney. In Georgia, invece, spopola ancora Newt Gingrich che qui ha giocato tutte le sue carte ed è al 46,5 dei consensi. Dietro a lui, di 20 punti, c’è Romney e Santorum è addirittura staccato di 25. Per quanto riguarda gli altri Stati, sempre secondo le proiezioni, l’ex governatore vincerà con un netto distacco da Santorum solo in Virginia e in Idaho. Il problema è che, in tutti gli altri Stati, i sondaggi segnalano un testa a testa fra i due front-runner. Il che significa che la distribuzione proporzionale dei delegati potrebbe non giovare significativamente a nessuno. Se così fosse, si verificherebbe quello che nella storia degli Stati Uniti d’America è capitato solo due volte. Ossia che si arrivi alla convention repubblicana di Tampa (a fine agosto) senza che nessuno dei candidati in corsa abbia raggiunto il numero di delegati legalmente necessario per accedere automaticamente alle presidenziali.
A questo punto potrebbe avvenire quello che accadde nel 1976: Ford e Reagan arrivarono vicinissimi (1.187 delegati contro i 1.070) e il partito scelse Ford. Oppure potrebbe succedere quello che accadde nel 1968, quando ai candidati che avevano corso le primarie senza raggiungere il numero legale per candidarsi alle presidenziali, fu preferito un uomo che non aveva partecipato alla corsa. Se così fosse, i nomi degli outsider repubblicani più probabili sarebbero due. Quello di Chris Christie, governatore del New Jersey, e quello di Jeb Bush, anche se quest’ultimo molto probabilmente rifiuterebbe. Si dice, infatti, che il figlio dell’ex presidente repubblicano abbia scelto di non correre le primarie perché certo della vittoria finale di Obama. Jeb, semplicemente, non vuole bruciarsi, per candidarsi nel 2016 e fare il primo presidente degli Stati uniti di terza generazione.
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