«La Russia deve proteggere, salvaguardare e promuovere le tradizioni e gli ideali del mondo russo». È questo lo scopo della nazione guidata da Vladimir Putin secondo la nuova dottrina di politica estera enunciata in un documento di 31 pagine approvato lunedì.
La “politica umanitaria” di Putin
Presentata sotto il nome di “politica umanitaria”, come una sorta di strategia all’insegna del soft power che dovrebbe riavvicinare la Russia ai tanti paesi che un tempo facevano parte dell’Unione Sovietica, la nuova dottrina è preoccupante perché richiama alcuni concetti utilizzati per giustificare l’invasione dell’Ucraina.
Per proteggere gli ideali del mondo russo, Mosca deve «aiutare i propri compatrioti che vivono all’estero a ottenere il riconoscimento dei loro diritti, assicurare la protezione dei loro interessi e garantire che la loro identità culturale russa venga preservata».
Il mondo multi-polare secondo la Russia
Solo in questo modo la Russia potrà «rafforzare la propria immagine sulla scena internazionale come paese democratico che si batte per creare un mondo multi-polare», si legge ancora.
Di conseguenza, continua il documento, Mosca deve stringere ancora di più i rapporti con l’Abkhazia e l’Ossezia del sud, le due regioni della Georgia che il Cremlino ha riconosciuto come indipendenti dopo la guerra del 2008, con le Repubblica separatiste di Donetsk e Luhansk, con i paesi slavi, la Cina, l’India e i paesi di Medio Oriente, America latina e Africa.
La difesa dei russofoni
La dottrina, all’apparenza innocua, non lo è affatto se si considera che tra le ragioni con cui Putin ha giustificato l’invasione dell’Ucraina c’è anche la difesa degli abitanti russofoni (la stragrande maggioranza) nell’est del paese: «L’Ucraina è parte integrante della nostra storia e cultura. Non è solo un paese confinante, sono parenti, persone con cui abbiamo legami di sangue», disse Putin il 24 febbraio annunciando l’invasione.
Dopo il collasso dell’Unione Sovietica, circa 25 milioni di persone di etnia russa si sono ritrovate a vivere al di fuori della nascente Federazione russa. Ucraina a parte, la maggior parte di loro – considerando solo i paesi che facevano parte dell’Urss – vive in Kazakistan, Bielorussia, Uzbekistan, Lituania, Kirghizistan, Estonia, Turkmenistan, Lituania, Azerbaigian, Moldavia, Tagikistan, Georgia e Armenia.
Il Kazakistan può essere la nuova Ucraina
Il documento pubblicato dal Cremlino non può che preoccupare innanzitutto il Kazakistan, che condivide un confine di oltre 6.000 km con la Russia e dove la minoranza russa rappresenta il 20 per cento della popolazione. Secondo gli ultranazionalisti che siedono alla Duma, come Pavel Shperov, il Kazakistan «è parte della nostra terra che è stata temporaneamente separata dalla Russia. Ma i confini non sono eterni».
Parole che riecheggiano quelle che pronunciò Putin nel 2014, dopo l’annessione della Crimea, parlando dell’ex presidente del Kazakistan Nursultan Nazarbaev: «Gli è riuscita un’impresa unica: ha creato uno Stato su un territorio dove non c’è mai stato uno Stato. I kazaki non hanno mai avuto un loro Stato, lui l’ha creato». Putin utilizzò insomma le stesse parole usate a febbraio per giustificare l’invasione dell’Ucraina, «che fu creata dalla Russia. Lenin la chiamò in questo modo».
Il governo del Kazakistan è pienamente consapevole dei rischi che corre. Non a caso nel primo semestre del 2022 ha destinato alla sfera militare oltre due miliardi di euro, 303 miliardi in più dell’anno precedente.
I timori della Georgia
Anche la Georgia non dorme sonni tranquilli. Il presidente Salome Zurabishvili ha denunciato come «forma di annessione» la decisione del cosiddetto Parlamento dell’Abkhazia – riconosciuta indipendente dalla Russia nel 2008 – di cedere per 49 anni a Mosca un tratto di costa sul Mar Nero. Il presidente dell’Abkhazia, Aslan Bzhania, ha giustificato così la decisione ai residenti, contrari all’80%: «La Russia può vivere senza questa proprietà, ma noi possiamo continuare a esistere senza il sostegno della Russia? Questa è la vera domanda».
A marzo il leader dell’Ossezia del sud ha proposto un referendum per sancire l’annessione formale della regione alla Russia. È esattamente ciò che è avvenuto con le Repubbliche del Donbass. Se si considera, poi, che dalla Georgia passa anche il gas che arriva all’Italia attraverso il Tap, il paese assume importanza anche per la guerra del gas che si sta combattendo tra Bruxelles e Mosca.
Al momento niente dice che dopo l’Ucraina la Russia voglia impegnarsi in una nuova campagna militare. Ma Putin ha dimostrato di essere imprevedibile e la nuova dottrina sulla «protezione del mondo russo» è una minaccia concreta.
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