Ucraina nell’Ue. Vittoria simbolica, ma il percorso sarà lunghissimo

Di Redazione
25 Giugno 2022
Il Consiglio europeo dà il via libera alla candidatura dell'Ucraina per l'ingresso nell'Ue. Ma serviranno decenni per completare il cammino burocratico (e se le prime riforme non arrivano subito, Bruxelles può già depennare Kiev)
Zelensky, presidente dell'Ucraina, si collega al Consiglio europeo

Zelensky, presidente dell'Ucraina, si collega al Consiglio europeo

Era il gesto simbolico di cui aveva disperatamente bisogno. Nel giorno in cui Kiev ha dato ordine al suo esercito di ritirarsi da Severodonetsk, lasciando così la città in mano all’invasore russo, il Consiglio europeo ha dato il via libera alla candidatura dell’Ucraina per l’ingresso nell’Ue. La mossa va letta per quello che è: un segnale forte e importante di amicizia e sostegno a Kiev nel mezzo di una brutale invasione militare da parte della Russia. Ma il paese di Volodymyr Zelensky resta nei fatti lontanissimo dal blocco europeo.

Il trucco delle condizioni «confermative»

Contrariamente a quanto accade di solito, infatti, per l’Ucraina e la Moldavia – che ha ottenuto anch’essa lo status di candidato – sono state fissate alcune condizioni «confermative». I due paesi cioè dovranno soddisfare nei prossimi mesi sette condizioni perché la candidatura sia ritenuta valida. Come nota la Stampa, «a fine anno la Commissione farà una sua valutazione e teoricamente potrebbe persino ritirare lo status».

Il via libera è dunque condizionato: un compromesso necessario all’interno del Consiglio europeo per convincere anche i paesi più riottosi all’ingresso di Kiev nell’Ue a non mettere il veto. Se, com’è prevedibile, la decisione dei capi di Stato e di governo europei sarà confermata, l’Ucraina dovrà affrontare comunque il lungo e faticoso percorso standard per l’adesione. Secondo Emmanuel Macron, presidente della Francia, potrebbero volerci «due decenni» prima che il paese entri a tutti gli effetti nel consesso europeo.

«L’Unione Europea è ridicola»

La decisione del Consiglio europeo ha fatto infuriare sia la Georgia, che non ha ottenuto il medesimo privilegio di Ucraina e Moldavia, sia la Bosnia, che aspetta questo momento dal 2016, sia due paesi che da anni attendono di accedere allo step successivo delle trattative dirette: Albania e Macedonia del Nord. Da qui le parole durissime espresse dal premier albanese Edi Rama: «L’Albania ha ottenuto lo status di paese candidato otto anni fa, la Macedonia del Nord 17 anni fa. Spero che i cittadini ucraini non si facciano troppe illusioni. L’ingresso avverrà magari nel prossimo secolo».

Il premier albanese ha poi aggiunto: «Putin è malato, ma non sembra che l’Europa sia in salute. Oggi sono in lutto per l’Ue, mi dispiace molto per loro. La Bulgaria (che ha messo il veto all’accesso di Albania e Macedonia del Nord allo step successivo, ndr) è vergognosa, ma è il processo di allargamento dell’Ue a essere perverso. L’Unione Europea è ridicola perché incapace di liberare due paesi tenuti in ostaggio da uno Stato membro».

L’Ucraina spera, ma il percorso è lungo

Per accedere alla fase dei colloqui diretti è necessaria l’approvazione all’unanimità da parte di tutti gli Stati membri: la Turchia è entrata nella seconda fase nel 2005, sei anni dopo il riconoscimento di paese candidato, ma non è mai arrivata in fondo al percorso per ragioni economiche e politiche. I colloqui riguardano 35 capitoli riuniti in sei categorie e comprendono tra gli altri temi fondamentali e valori; mercato interno; competitività e crescita inclusiva; agenda green e connettività sostenibile; risorse, agricoltura, coesione e relazioni esterne. Per soddisfare le precondizioni richieste, invece, Ucraina e Moldavia dovranno approvare riforme su giustizia, lotta alla corruzione e stato di diritto.

È evidente a tutti in Europa che il percorso dell’Ucraina sarà lungo e faticoso, ma giovedì c’è stato spazio solo per le felicitazioni. «È un momento storico», ha twittato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. «Il nostro futuro è nell’Ue», ha esultato Zelensky. Nella speranza che «futuro» non significhi «il prossimo secolo».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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