Articolo tratto dall’Osservatore Romano – Non si arresta l’avanzata dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). Nonostante l’intensificazione dei raid russi e di quelli della coalizione a guida statunitense, i miliziani stanno guadagnando terreno nella Siria centrale, conquistando anche località strategiche.
Pochi giorni fa, gli uomini di Al Baghdadi hanno assunto il controllo della città di Mahin, prendendo possesso anche di un importante deposito di armi dell’esercito siriano. Ieri la stessa sorte è toccata a Sadad, città nella provincia centrale di Homs, non lontana da Qaryatayn caduta sotto il comando jihadista ad agosto.
A Sadad la maggioranza della popolazione è cristiana. Stando a fonti di stampa l’arrivo dei miliziani sta provocando la fuga di almeno diecimila persone. Ovviamente, come sottolineano diversi commentatori, la conquista della città rappresenta un nuovo duro colpo alla salvaguardia delle comunità cristiane in Siria. Nelle zone controllate dall’Is i cristiani – così come tutte le minoranze non musulmane – sono costretti a siglare un umiliante “Patto di protezione” che include il pagamento di una tassa speciale.
Nonostante i raid russi nell’area si siano intensificati – nelle ultime 48 ore i jet hanno compiuto 131 operazioni colpendo 237 obiettivi – le capacità logistiche e militari dei jihadisti non sembrano essere diminuite. Sulla carta, la conquista di Sadad rappresenta un passo in avanti importante verso il raggiungimento del principale obiettivo dell’Is: il controllo dell’autostrada che unisce Damasco e Homs, considerata una delle principali arterie del Paese e una via privilegiata per gli approvvigionamenti all’esercito di Assad.
A peggiorare il clima si è unito anche il leader di Al Qaeda, Ayman Al Zawahiri, che ieri, in un nuovo messaggio audio diffuso su internet, ha rivolto un appello «all’unità dei combattenti islamici» per lottare contro Stati Uniti e Russia e ha chiesto che cessino i combattimenti tra i miliziani islamisti. «Dobbiamo unirci, accantonare le dispute e cessare i combattimenti tra di noi» ha detto. La registrazione, che dura 16 minuti e la cui autenticità non è verificabile, sembra dunque indicare un cambio di atteggiamento di Al Qaeda rispetto ai rivali dell’Is, anche se Al Zawahiri non nomina mai direttamente il gruppo. Al Zawahiri ha chiesto l’unità dei musulmani, dal Marocco al Caucaso alla Somalia, e ha sottolineato che la loro è «una battaglia globale».
Sul piano politico, intanto, il premier britannico David Cameron, ha deciso di ritirare la richiesta al Parlamento per avviare raid in Siria. Cameron – riferisce la stampa – ha preso atto di non aver i voti necessari per ottenere il via libera ai bombardamenti contro l’Is (gli stessi che dallo scorso anno vengono effettuati in Iraq) per cui non presenterà la mozione per poi vedersela respingere.
Cameron non è riuscito a convincere un numero sufficiente dei deputati laburisti – gliene servivano almeno quaranta per essere sicuro – guidati dal leader Jeremy Corbyn. A ciò si aggiungono le tensioni interne ai Tories. Da ultimo, due giorni fa la commissione Esteri dei Comuni aveva avvertito il Governo dei rischi di procedere con i raid in Siria «senza una strategia internazionale coerente sia per sconfiggere l’Is che per porre fine alla guerra in Siria». Per i membri della commissione i raid avrebbero «distratto» il Governo dal «molto più grande e importante compito di trovare una soluzione alla guerra», iniziata a metà marzo del 2011.
E sui raid, intanto, il segretario di Stato americano, John Kerry, ha dichiarato ieri che gli Stati Uniti sono pronti a un maggior coordinamento con la Russia se Mosca «assumerà un diverso approccio verso l’aspetto politico del processo di pace». Sul tavolo, dunque, c’è ancora la questione cruciale del futuro del presidente siriano Al Assad.