Siria. L’Occidente non vede l’ora di attaccare Assad (e favorire Al-Qaeda)
[cham_inread]
C’è qualcosa di paradossale nella frenesia con cui i leader delle principali potenze occidentali diffidano Bashar al-Assad dall’utilizzare armi chimiche a Idlib. La provincia settentrionale della Siria è l’ultimo tassello che manca al governo di Damasco per completare la riconquista del paese. Tra il dittatore e il suo obiettivo si frappongono circa 15 mila terroristi, per lo più appartenenti ad Al-Qaeda.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”] SI SCALDANO I MOTORI. Da circa un mese le potenze occidentali, Stati Uniti in testa, minacciano Assad. Scaldano i motori dei jet e dei cacciatorpediniere, raccolgono prove preventive sull’utilizzo di armi chimiche, si scambiano messaggi come quello recapitato da Washington ad Angela Merkel: se insieme a Francia e Inghilterra attacchiamo la Siria, ti unisci a noi? A Berlino i partiti hanno già cominciato a discutere se un intervento armato sia legittimo o meno.
ELIMINARE ASSAD. Ancora non è successo nulla eppure l’Occidente si prepara preventivamente a giustificare un’offensiva. Viene quindi da chiedersi se paesi come la Francia, che non hanno mai mandato giù di non essere riusciti a trasformare la Siria in una seconda Libia, non stiano preparando un colpo di coda per spodestare Assad.
ARMI CHIMICHE. L’utilizzo di armi chimiche nella guerra siriana è ormai materia da romanzo. Più volte l’esercito di Assad è stato accusato di avere usato agenti chimici proibiti in battaglia, ma le agenzie dell’Onu non sono mai riuscite a dimostrarlo. Per quanto riguarda il presunto attacco del 7-8 aprile a Douma, che ha spinto Londra, Parigi e Washington ad attaccare la Siria, l’Opac ha dichiarato che «non sono stati usati gas nervini o prodotti derivati».
DICHIARAZIONI PREVENTIVE. Si è trattato quindi di una messinscena da parte dei ribelli che speravano di provocare l’intervento dell’Occidente? Non è dato saperlo. Di sicuro le dichiarazioni preventive dei leader occidentali potrebbero favorire un simile scenario. Tanto che l’intelligence russa sta raccogliendo prove secondo le quali i jihadisti starebbero organizzando, con l’aiuto dei britannici, un finto attacco con il cloro per attribuire la colpa a Damasco e giustificare un blitz.
PROPAGANDA. Tutti gli attori in gioco (Russia, Siria, fazioni jihadiste e potenze occidentali) hanno mezzi di propaganda e cercheranno di giocare la loro partita nella battaglia finale della guerra siriana. Vedremo come andrà a finire ma l’elemento paradossale è un altro.
TERRORISMO ISLAMICO. Al netto dei risvolti geopolitici di una vittoria della guerra da parte di Assad, e quindi di Russia e Iran, che può piacere o meno all’Occidente e ai suoi alleati in Medio Oriente, Europa e Stati Uniti dovrebbero avere a cuore la lotta al terrorismo jihadista internazionale. Pochi giorni fa ricorreva il diciassettesimo anniversario dell’11 settembre e tutti dovrebbero avere interesse a sconfiggere quelle milizie siriane che si proclamano in continuità ideologica con gli attentatori delle Torri gemelle. Invece sembra che le potenze occidentali facciano a gara per favorirle e proteggerle.
CATASTROFE IN YEMEN. È ovviamente giusto e sacrosanto l’impegno mondiale per limitare le vittime civili della battaglia di Idlib, che potrebbe rivelarsi catastrofica, magari con un accordo politico tra i principali attori in gioco. Ma allora perché non si leggono proclami scandalizzati da parte dei leader europei nei confronti della mattanza saudita in Yemen? Pochi giorni fa gli Stati Uniti hanno addirittura dichiarato, contro ogni evidenza, che la Coalizione sunnita che da oltre tre anni devasta il paese della Penisola arabica sta «prendendo misure evidenti per ridurre il rischio contro i civili nel quadro delle operazioni militari».
I DRONI DI OBAMA. Il costante utilizzo di due pesi e due misure da parte dell’Occidente, che si gira dall’altra parte quando a sganciare le bombe sono i sauditi e grida scandalizzato quando a farlo è Assad, non fa che diminuire la credibilità di Trump, Macron, Merkel e May. Senza dimenticare i «danni collaterali» della “guerra dei droni” americana, che secondo il Bureau of Investigative Journalism ha fatto oltre 1.100 vittime civili innocenti in Pakistan, Yemen e Somalia. Ma quella era promossa dal premio Nobel per la pace Barack Obama e le bombe “umanitarie” non meritano l’indignazione del mondo.
Foto Ansa
[cham_piede]
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!