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Ancora una strage in Myanmar: «Morti e feriti impilati insieme»

Almeno 82 civili sono stati massacrati a Bago venerdì dall'esercito, che ha ammassato i corpi dei cadaveri e dei feriti in una pagoda. Già 706 morti dall'1 febbraio

Leone Grotti
13/04/2021 - 3:00
Esteri
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I soldati di Tatmadaw, in Myanmar, dopo aver represso una manifestazione di protesta

Non accennano a fermarsi i massacri in Myanmar, dove già 706 civili hanno perso la vita per mano dei militari dal colpo di Stato dell’1 febbraio. L’ultima strage è avvenuta nella città di Bago, dove con mitragliatrici e lanciagranate Tatmadaw (così vengono chiamate le forze armate) ha ucciso 82 persone nella sola giornata di venerdì.

«Morti e feriti impilati insieme»

L’esercito ha assediato la città che si trova 90 km a nord-est di Yangon, la più grande del Myanmar, con 250 soldati assistiti dall’artiglieria pesante. Le barricate sulla strada centrale Ma Ga Dit sono state spazzate via e i civili non hanno potuto neanche occuparsi dei cadaveri visto che «l’esercito sparava a chiunque si trovasse per strada o si affacciasse alla finestra».

«Quaranta o cinquanta corpi», secondo quanto dichiarato da un testimone oculare a Myanmar Now, sono stati impilati all’interno di una pagoda, dove l’esercito avevo istituito una base. Morti e feriti «erano distesi insieme e dalla massa dei corpi si sentivano arrivare urla e grida di dolore». I cadaveri, così come i feriti, sono stati portati via nella notte e sabato la pagoda era tornata vuota. Venerdì sera, conferma un altro testimone, è stata staccata l’elettricità nella città di Bago «e la polizia ha arrestato decine di persone passando casa per casa». In tutto, secondo l’Associazione per l’assistenza dei prigionieri politici (Aapp), sono già stati arrestati per ragione politiche 3.059 persone.

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Barricate a Bago, in Myanmar, prima di essere spazzata via da Tatmadaw
Una barricata in strada a Bago

Milioni senza lavoro in Myanmar

Alla tragedia delle vittime civili si aggiunge quella dei condannati a morte. Gli ultimi 19, ha informato giovedì la tv di Stato, hanno ricevuto la pena capitale da una corte marziale per l’uccisione di un capitano dell’esercito nella zona di North Okkalapa, a Yangon.

A causa della violenta repressione delle proteste, la maggior parte dei negozi e degli uffici ha chiuso a Yangon e più di tre milioni di persone, secondo quanto riportato da Radio Free Asia, ha già perso il lavoro.

Tatmadaw vieta l’accesso all’Onu

L’instabilità in Myanmar è iniziata l’1 febbraio, quando il capo delle forze armate, il generale Min Aug Hlaing, ha annullato le elezioni di novembre, impedito al Parlamento di insediarsi, messo agli arresti la leader de facto del paese, Aung San Suu Kyi, e instaurato la legge marziale. Alla base del golpe, in apparenza inspiegabile, ci sarebbero ambizioni personali, problemi legati alla successione alla testa di Tatmadaw e timori di perdere il controllo sul paese in futuro.

Quella del 9 aprile a Bago è la seconda strage più cruenta da quando sono iniziate le proteste contro il colpo di Stato dell’esercito. La prima risale al 27 marzo, quando Tatmadaw ha massacrato 114 persone in un solo giorno con mitragliatori e granate a Mandalay. Alcune delle vittime, hanno riportato testimoni, sono addirittura state bruciate vive.

Christine Schraner Burgener, inviata speciale delle Nazioni Unite in Myanmar, non ha ancora avuto accesso al paese. «Sono pronta al dialogo», ha scritto su Twitter, «la violenza non porta a soluzioni pacifiche e sostenibili». Ma l’esercito le ha bloccato la strada.

@LeoneGrotti

Foto Myanmar Now

Tags: aung san suu kyicolpo di Statomyanmartatmadawyangon
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