Tempi
  • ACCEDI
ABBONATI
  • Esteri
    • Unione Europea
    • USA
    • Cina
    • Cristiani perseguitati
    • Islamismo
  • Politica
    • Elly Schlein
    • Giorgia Meloni
  • Giustizia
    • Magistratura
    • Carceri
  • Economia
    • Recovery Fund
    • Lavoro
    • Euro
    • Mutui
  • Ambiente
    • Clima
    • Crisi energetica
  • Salute e bioetica
    • Covid-19
    • Eutanasia
    • Fecondazione assistita
    • Aborto
  • Chiesa
    • Cristianesimo
    • Papa Francesco
    • Benedetto XVI
    • Luigi Giussani
    • Comunione e Liberazione
  • Sfoglia Tempi
    • Sfoglia Tempi digitale
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
    • Novembre 2022
    • Ottobre 2022
    • Settembre 2022
Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
  • Esteri
    • Unione Europea
    • USA
    • Cina
    • Cristiani perseguitati
    • Islamismo
  • Politica
    • Elly Schlein
    • Giorgia Meloni
  • Giustizia
    • Magistratura
    • Carceri
  • Economia
    • Recovery Fund
    • Lavoro
    • Euro
    • Mutui
  • Ambiente
    • Clima
    • Crisi energetica
  • Salute e bioetica
    • Covid-19
    • Eutanasia
    • Fecondazione assistita
    • Aborto
  • Chiesa
    • Cristianesimo
    • Papa Francesco
    • Benedetto XVI
    • Luigi Giussani
    • Comunione e Liberazione
  • Sfoglia Tempi
    • Sfoglia Tempi digitale
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
    • Novembre 2022
    • Ottobre 2022
    • Settembre 2022
Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
Tempi
ABBONATI
Home Esteri

Myanmar. San Suu Kyi va difesa dai militari (nonostante i rohingya)

Dopo il colpo di Stato dell'esercito e l'arresto della Dama birmana, molti puntano il dito contro di lei perché non difese la minoranza etnica musulmana. Ma cosa poteva fare senza potere reale?

Leone Grotti
02/02/2021 - 11:54
Esteri
CondividiTwittaChattaInvia
san suu kyi min
Aung San Suu Kyi insieme al generale Min Aung Hlaing

Lunedì Aung San Suu Kyi, capo de facto del governo birmano, è stata arrestata dall’esercito, conosciuto con il nome di Tatmadaw, e il capo delle forze armate, il generale Min Aung Hlaing, ha assunto tutti i poteri in Myanmar. Dopo aver annunciato il golpe, l’esercito ha dichiarato lo stato di emergenza per un anno e affidato la presidenza ad interim al generale Myint Swe. I militari hanno giustificato la mossa a sorpresa parlando di brogli alle recenti elezioni di novembre, promettendo un nuovo voto l’anno prossimo, ma molti si chiedono perché l’esercito al di là delle dichiarazioni di facciata abbia compiuto un colpo di Stato per arrogarsi un potere che, di fatto, già detiene.

LA DITTATURA MILITARE E LA DEMOCRAZIA INCOMPIUTA

I militari instaurarono una dittatura nello Stato del sud-est asiatico nel 1962, governando il paese da allora attraverso un sistema politico monopartitico. Nel 1990, l’esercito organizzò libere elezioni che portarono alla clamorosa e schiacciante vittoria del partito di Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (Nld). La giunta militare si rifiutò di cedere il potere e incarcerò la “Dama” birmana, costringendola agli arresti domiciliari per 21 anni fino al 2010. Dopo le modifiche costituzionali del 2008, nuove elezioni furono indette nel 2010 e l’esercito mantenne il potere sotto una veste civile attraverso il Partito dell’unione della solidarietà e dello sviluppo (Usdp), sciogliendo l’anno successivo la giunta militare. Alle elezioni del 2015, le prime libere dal 1990, la Nld di San Suu Kyi ottenne nuovamente la maggioranza assoluta dei seggi e la Dama, che a causa delle modifiche costituzionali non poté assumere formalmente la presidenza, divenne la leader de facto del paese. Alle elezioni del novembre dello scorso anno, il partito del premio Nobel per la pace ha ottenuto la stessa schiacciante vittoria del 1990 e del 2015, conquistando oltre l’80 per cento dei seggi, anche in zone del paese storicamente controllate dai militari, a fronte di un’affluenza superiore al 70 per cento.

Nonostante il successo nelle urne da parte di San Suu Kyi, il processo di democratizzazione del paese è bloccato dalla Costituzione approvata dai militari nel 2008, che riserva all’esercito i ministeri di Difesa, Interni e Affari riguardanti i confini, il 25 per cento dei seggi nei parlamenti nazionale e regionali, oltre al potere di veto sugli emendamenti volti a cambiare le parti principali della Costituzione. Grazie allo smisurato budget a disposizione del ministero della Difesa (quasi 800 milioni di dollari), che il Parlamento non può discutere né contestare, l’esercito mantiene intatti i suoi proventi economici e il sistema di corruzione che gli permette di non temere ripercussioni legali di alcun genere. Perché dunque ordire un colpo di Stato proprio ora?

LEGGI ANCHE:

Resti della barca che trasportava i naufraghi vicino alla costa di Crotone, 26 febbraio 2023 (Ansa)

Appello islamo-cristiano: «Affrontiamo insieme la realtà delle migrazioni»

2 Marzo 2023

«Ho attraversato l’inferno». Storia di Nour, sposa bambina francese

3 Febbraio 2023

UN POSSIBILE AUTOGOL

Secondo il New York Times, l’esercito birmano teme che il crescente e persistente sostegno popolare a San Suu Kyi possa in futuro minare il controllo dei militari da parte del paese. Inoltre, il generale Min Aung Hlaing, che ha evitato di ritirarsi cinque anni fa dopo aver esteso da 60 a 65 anni l’età pensionabile per l’incarico che ricopre, teme che una volta lasciato il potere possa essere incriminato per pulizia etnica a danno dei rohingya. Resta da vedere, continua il Nyt, se un simile colpo di Stato non sia di fatto «controproducente», risultando impopolare all’interno dello stesso esercito.

Dal canto suo San Suu Kyi non ha nessuna intenzione di restare a guardare e ha già lanciato un appello al popolo: «Non accettate il colpo di Stato». I giornali occidentali sono stati piuttosto freddi con la Dama birmana in seguito al suo incarceramento. Le imputano infatti non solo di non aver portato avanti la democratizzazione del paese una volta assunto il potere, evitando di mettere i bastoni tra le ruote all’esercito, ma anche di aver difeso i generali nel 2019 davanti alla Corte internazionale di giustizia, quando questa li ha accusati di genocidio.

IL DILEMMA SUI ROHINGYA

La questione è spinosa. Il gruppo etnico di religione musulmana che vive nel nord-est del Myanmar, nella regione di Rakhine, al confine con il Bangladesh, è composto da circa un milione di persone. Queste non sono mai state accettate dalla maggioranza della popolazione birmana, che è buddista al 92 per cento, e che rifiuta perfino il nome “rohingya”, preferendo definirli “bengalesi di fede musulmana”. Per non irritare la maggioranza buddista, il regime militare ha sempre combattuto i rohingya sostenendo che sono entrati come immigrati nel paese dopo l’annessione dell’impero britannico del 1826 e che non hanno nessun diritto a risiedere in Myanmar. In realtà, esistono documenti che attestano la loro presenza nel paese fin dal 1799.

La discriminazione dello Stato nei loro confronti è fortissima e si traduce spesso in una vera e propria persecuzione, anche violenta, che negli anni scorsi ha costretto circa 500 mila rohingya a rifugiarsi nel vicino Bangladesh per sfuggire alle violenze dell’esercito. L’odio verso i rohingya da parte della popolazione buddista è stato anche alimentato dalla loro tentata secessione nel 1948, fallita definitivamente nel 1961, che spinge il governo a vederli come una popolazione nemica che vuole creare uno Stato a parte. La nascita di un gruppo terroristico in seno alla comunità musulmana, chiamato Harakah al-Yakin e guidato da alcuni membri scappati in Arabia Saudita, non ha fatto che aggravare il pregiudizio.

HA RAGIONE FASSINO

L’Occidente si aspettava che nel nome del rispetto dei diritti umani San Suu Kyi avrebbe difeso i rohingya dalla violenza dell’esercito, appoggiato in questa operazione dalla stragrande maggioranza della popolazione, e quando la Dama non ha voluto (o potuto) farlo, le ha voltato le spalle. Ma la verità è che San Suu Kyi, per quanto leader de facto del paese, non aveva affatto il potere reale per contrastare l’esercito, tanto meno prendendo posizioni che le avrebbero alienato il favore dei birmani.

Come afferma giustamente oggi sulla Stampa Piero Fassino, inviato Ue per il Myanmar dal 2007 al 2011,

«i generali hanno deciso di rompere il patto perché si sono resi conto che stavano perdendo potere. San Suu Kyi non ha fiancheggiato i militari, né li ha mai difesi. Ha dovuto convivere con loro sperando che la transizione consolidasse la democrazia. E sulla repressione dell’esercito contro i rohingya ha aperto una commissione d’inchiesta. Ma è rimasta schiacciata nella tenaglia: doveva mediare tra un confronto duro con l’esercito e il sentire di un popolo che guarda ai rohingya come a un corpo estraneo e pericoloso. Ha cercato di preservare la transizione alla democrazia, ma i generali l’hanno tradita. Bisogna aiutarla. Anche l’Europa ha una responsabilità politica e morale, non può limitarsi a stilare un comunicato stampa di condanna».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: aung san suu kyibirmaniaIslam
CondividiTwittaInviaInvia

Contenuti correlati

Resti della barca che trasportava i naufraghi vicino alla costa di Crotone, 26 febbraio 2023 (Ansa)

Appello islamo-cristiano: «Affrontiamo insieme la realtà delle migrazioni»

2 Marzo 2023

«Ho attraversato l’inferno». Storia di Nour, sposa bambina francese

3 Febbraio 2023
Danza del ventre

Fifi Abdou e quel suo ventre conturbante che inghiottì perfino la sharia

2 Febbraio 2023
Ali e Zahra

«Qui in Iran non c’è posto per voi altri sporchi cristiani»

30 Gennaio 2023
Murale contro gli Stati Uniti a Teheran, Iran

Così l’Iran ha scelto di disfare la “Repubblica” e farsi “Stato islamico”

29 Gennaio 2023
Ramin Bahrami

Ramin Bahrami: «La mia musica per Teheran»

23 Gennaio 2023

Video

Caorle 2023
Video

Chiamare le cose con il loro nome. Tutti a Caorle a giugno

Redazione
6 Marzo 2023

Altri video

Lettere al direttore

Ribadiamo: l’inchiesta di Bergamo sulla pandemia ha solo «valore catartico»

Emanuele Boffi
14 Marzo 2023

Read more

Scrivi a Tempi

I nostri blog

  • La preghiera del mattino
    La preghiera del mattino
    La grande chance offerta dall’incontro Landini-Meloni
    Lodovico Festa
  • Memoria popolare
    Memoria popolare
    Quei cattolici popolari in difesa della (vera) lotta operaia e contadina
    A cura di Fondazione Europa Civiltà
  • Il Deserto dei Tartari
    Il Deserto dei Tartari
    Caso Cospito. Ritorneranno gli anni di piombo?
    Rodolfo Casadei
  • Lettere al direttore
    Lettere al direttore
    Ancora sull’unità in politica (con arrabbiatura)
    Emanuele Boffi
  • Good Bye, Lenin!
    Good Bye, Lenin!
    La vita «ordinaria, tragica e bella» di Elena Bonner
    Angelo Bonaguro

Foto

Foto

“Bisogna pur aver fiducia di qualcuno”. Il concorso dei Nonni 2.0

13 Marzo 2023
Foto

Cosa c’è di allegro in questo maledetto paese?

10 Febbraio 2023
8/2/2014 Milano Giornata Banco Farmaceutico
punto raccolta farmaci presso Farmacia Foglia C.so di Porta Romana 56
Iconphotos/Paolo Bonfanti
Foto

Inizia oggi la Giornata di raccolta del farmaco: ecco come e perché aderire

7 Febbraio 2023
Benedetto Antelami, Deposizione dalla croce, Duomo di Parma
Foto

Davanti alla Deposizione di Antelami. Quello che non avevo mai “visto”

3 Febbraio 2023
Foto

Karabakh. Il conflitto invisibile. Cosa sta succedendo alla popolazione dell’Artsakh

28 Gennaio 2023

Altre foto

Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994

Codice ISSN
online 2499-4308 | cartaceo 2037-1241

Direttore responsabile
Emanuele Boffi

Editore
Contrattempi Società Cooperativa
Piazza della Repubblica, 21 – 20124 Milano
[email protected]
C. F. / P. Iva 10139010960
Iscrizione ROC n. 30851

Redazione
Piazza della Repubblica, 21 – 20124 Milano
+39 02.51829864
[email protected]

  • Chi siamo
  • Scrivi a Tempi
  • Iscriviti alla newsletter
  • Pubblicità
  • Privacy policy
  • Preferenze Privacy
  • Sfoglia Tempi digitale
  • Gestione abbonamento
  • Abbonati con carta di credito
  • Abbonati con bonifico/bollettino
  • Archivio storico

Copyright © Contrattempi Società Cooperativa. Tutti i diritti sono riservati | Contributi incassati nel 2022: euro 211.883,40. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70

Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
  • ACCEDI
  • Sfoglia Tempi
    • Sfoglia Tempi digitale
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
    • Novembre 2022
    • Ottobre 2022
    • Settembre 2022
  • Esteri
    • Guerra Ucraina
    • Unione Europea
    • USA
    • Cina
    • Cristiani perseguitati
    • Terrorismo islamico
  • Politica
    • Elly Schlein
    • Giorgia Meloni
  • Giustizia
    • Magistratura
    • Carceri
  • Scuola
    • Scuole paritarie
    • Educazione
  • Ambiente
    • Clima
    • Crisi energetica
  • Salute e bioetica
  • Chiesa
    • Cristianesimo
    • Papa Francesco
    • Benedetto XVI
    • Luigi Giussani
    • Comunione e Liberazione
  • Cultura
    • Libri
  • Economia
    • Recovery Fund
    • Lavoro
    • Euro
    • Mutui
  • Società
    • Obiettivi di sviluppo sostenibile
    • Razzismo
    • Politicamente corretto
    • Lgbt
    • Sport
  • Spettacolo
    • Cinema
    • Tv
    • Musica
  • Tempi Media
    • News
    • I nostri blog
    • Video
    • Foto

Welcome Back!

Login to your account below

Forgotten Password? Sign Up

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

All fields are required. Log In

Retrieve your password

Please enter your username or email address to reset your password.

Log In

Add New Playlist