Meglio i cattivi alla Trump che i buoni alla Banksy

Di Luigi Amicone
17 Settembre 2020
Oggi l’emotività è eretta a criterio di adesione (vedi le navi delle Ong e dei trafficanti di uomini dipinte di romanticismo). Ma neanche i bambini funzionano emotivamente
Donald Trump

Articolo tratto dal numero di settembre 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Tra i potenti della terra ritengo che Donald Trump sia il più credibile. Dopo decenni di presidenti degli Stati Uniti gendarmi del mondo non ha fatto guerre. E ciò che è ancora più importante, concettualmente Trump è una persona consapevole del fatto che Cesare non è il signore di alcunché dell’anima nostra. Queste sue qualità dovrebbero bastare a riconfermarlo alla Casa Bianca contro il concorrente Joe Biden, guerrafondaio impenitente e, da vice Obama, supporter del peggior presidente della storia americana.

Purtroppo, come ben sappiamo, almeno a livello di schiuma superficiale ma diffusa a ogni livello della società e soprattutto istruita nei giovani con metodi da autentico regime (globalista), la linea del potere sovrastante è piuttosto l’altra, quella cosiddetta “progressista”. Parola che non significa più niente oramai. Ma che concretamente ha nella Cina del capitalismo organizzato come sistema totalitario schiavista il più cogente rappresentante. E nell’Europa il più valido esempio di organismo ad alta ideologizzazione e perciò predisposizione alla schiavitù. Tutto ciò avviene grazie alla penuria di personalità espressive di una vita libera. E, in contrappunto, al predominare di personalità autoreferenziali, ottuse, conformiste e perciò alternative alla libertà, cioè massificanti.

Non è soltanto il fenomeno dei personaggi del media system idolatrati e imitati. È la vicenda molto più prosaica di società caratterizzate da élite vuote e aride, dal conseguente vuoto e aridità di intelligenze e luoghi educativi. Così, se c’è un assetto “educativo”, inteso come sistema di istruzione dominante, oggi è quello dell’emotività eretta a criterio di adesione. Ma neanche i bambini funzionano emotivamente.

La società della tenerezza e delle vittime, quale è quella in cui abitiamo, è un degno frutto dell’erba voglio privata dell’educazione che una volta non cresceva neanche nel giardino del re. E che invece adesso il re – il Potere – pianta nella testa delle masse sterminate di suoi fedeli sudditi che si credono liberi e invece sono schiavi fin nel midollo dei loro sentimenti, in quanto sono stati resi incapaci di libertà (che passa dalla presa di coscienza di sé e del reale).

Non si ha più alcuna idea della vita nella libertà che non sia vita e libertà puramente animalesca, quindi serva del padrone. Ma si crede che alla fine di una qualche impresa sociale, accompagnandosi sempre alla stessa identica manichea postura di alternativa tra buoni e cattivi, onesti e disonesti, ladri e benefattori dell’umanità, la Giustizia (di dare un senso alla vita) infine, come una volta “Bandiera Rossa”, la trionferà. Una giustizia che poi viene sempre misurata con il metro dei tribunali. Richiesta ai preti in divisa, togati o scettrati essi siano, che sono di moda al momento.

Si è arrivati a far credere che la misericordia è un accidente del passato, un cascame della tradizione cristiana ormai ampiamente dietro le nostre spalle. Il problema è che la misericordia non è semplicemente il passato o un aspetto minore della giustizia. È che senza misericordia non c’è proprio giustizia. Condanna, carcere, sanzione sono forme molto approssimative (ognuno pensi a se stesso) di sanzione e contenimento dell’ingiustizia. Mentre il perdono è un dovere. Chi non perdona, non si è e non sarà perdonato.

Dunque il risentito e l’indignato permanente si auto condannano all’impossibilità di risolvere l’esistenza in maniera indipendente e libera. Dopo di che, Trump è un modello di sanità mentale e perciò di approssimazione alla giustizia sociale tanto quanto non lo sono coloro i quali il media system elegge a eroi dell’umanità. Questi Banksy che dipingono le navi dei trafficanti di esseri umani per confermare il pregiudizio diffuso dal vuoto e dall’aridità al potere che le Ong sono “buone” nel loro romanticismo scriteriato e (nei fatti) criminale. Mentre la razionalità che impone la necessità dei confini e del loro controllo per non trasformare il mondo nel caos della lotta per la sopravvivenza di tutti contro tutti, viene suggellata di disumana e fascistica propensione.

Non è nient’altro che il trionfo delle “buone intenzioni” di cui l’Italia si è fatta maestra negli ultimi lustri, con le conseguenze che si possono oggi verificare. Perciò, forza libertà. Forza Trump. E Forza Italia.

Foto Ansa

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