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Leah ha compiuto 16 anni nelle mani di Boko Haram

Dalla Santa Sede a Washington, da Lagos a Londra, si chiede la liberazione della ragazzina cristiana. Rapita a scuola e ridotta a schiava dai jihadisti perché non si è convertita all'islam

Caterina Giojelli
15/05/2019 - 2:00
Esteri
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Ieri Leah Sharibu ha compiuto 16 anni. Ne aveva solo 14 il pomeriggio del 19 febbraio 2018, quando gli jihadisti fecero irruzione nel college femminile di Dapchi, nello stato di Yobe in Nigeria, sequestrandola insieme ad altre 110 scolare tra gli 11 e i 19 anni. Il 21 marzo seguente, dopo l’intervento del governo, 101 ragazze riuscirono a tornare a casa, altre morirono nelle mani dei terroristi. Una sola non venne liberata: Leah. «Dov’è mia figlia?», chiese sua madre Rebecca ai miliziani il giorno in cui entrarono a Dapchi per riconsegnare le compagne di prigionia alle loro famiglie. «Si è rifiutata di convertirsi all’islam, ha detto che non lo farà mai, ma finché non diventerà musulmana non sarà rilasciata», fu la risposta secca.

IL DESTINO DI JOY E DI RUTH

Così Leah vive da 450 giorni da qualche parte nella maledetta foresta di Sambisa, la roccaforte di Boko Haram, dove ha condiviso il destino di più di mille minori, rapiti nel nord est del paese negli ultimi anni, e di centinaia di ragazzine. Come Joy, una delle 276 studentesse sequestrate a Chibok nel 2014, convertite all’islam e date in spose ai terroristi, o come Ruth, che col suo bambino di tre anni avuto da un terrorista riuscì a scappare sopravvivendo per 90 giorni nella foresta della morte. Ruth è stata una delle ultime persone ad avere visto Leah viva, un piccolo muro separava le due celle durante la prigionia, «ha una fede incrollabile e un carattere forte e non ha mai smesso di pregare per tutti noi».

UNA GIORNATA DI MARCE E PREGHIERE

Anche i genitori di Leah continuano a pregare: «Siamo forti in Cristo e non smetteremo di chiedere il rilascio di nostra figlia», ha detto ad Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) suo padre Nathan Sharibu, nel giorno del triste anniversario a un anno dal rapimento; «un’eroina della fede cristiana del XXI secolo e un simbolo della resilienza di quest’area della Nigeria in cui i cristiani soffrono persecuzione da molto tempo», ha aggiunto il pastore Gideon Para-Mallam, tutore e portavoce della famiglia. Proprio per celebrare la testimonianza di Leah sulla fede e la resilienza, numerose comunità si sono strette ieri ad Abuja, Jos, Lagos, Yola e Port Harcourt, per pregare ore e ore in occasione del suo compleanno, marciare e chiedere a gran voce la liberazione della ragazza e sicurezza per i bambini nelle scuole, più volte attaccate da Boko Haram. Una veglia di preghiera si è tenuta anche davanti alla Nigerian High Commision a Londra a cui ha partecipato il deputato David Linde, autore di una lettera indirizzata all’inizio del mese al primo ministro Theresa May in cui esorta «il governo di Sua Maestà a fare ogni sforzo per fare pressioni sul governo nigeriano per dare priorità alla liberazione di Leah Sharibu, Alice Ngaddah e delle restanti 112 ragazze rapite nel 2014 dalla loro scuola a Chibok, nello Stato del Borno».

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SAIFURA E HAUWA, “APOSTATE” GIUSTIZIATE

Infermiera e dipendente Unicef, Alice Loksha Ngaddah è stata sequestrata l’1 marzo 2018 insieme alle ostetriche del Comitato internazionale della Croce Rossa (Icrc) Hauwa Mohammed Liman e Saifura Husseini Ahmed, quando i combattenti di Boko Haram hanno attaccato la città di Rann nello stato di Borno: il 18 settembre Saifura, madre di due bambini, è stata costretta a inginocchiarsi ed è stata giustiziata con un colpo alla nuca. Il video dell’esecuzione è stato inviato dai terroristi al quotidiano nigeriano The Cable, promettendo la stessa sorte per Hauwa, Alice e Leah se il governo non avesse soddisfatto le loro richieste entro un mese. Alla scadenza del quale anche Hauwa, costretta a inginocchiarsi, con le mani legate, avvolta in un hijab bianco, è stata freddata da un colpo di pistola sparato a distanza ravvicinata. «Abbiamo mantenuto la parola», hanno scritto i terroristi a The Cable: «Saifura e Hauwa sono state uccise perché considerate “murtad” (apostati, ndr): da musulmane hanno abbandonato l’islam nel momento in cui hanno scelto di lavorare con la Croce Rossa, e per noi non c’è differenza tra Croce Rossa e Unicef. Uccideremo gli apostati tra loro, uomini e donne, e sceglieremo chi uccidere e chi tenere come schiavi».

IL PAPA E IL PREMIO NOBEL

Merce “preziosa” e utile a chiedere riscatti e scambiare prigionieri per i terroristi, che più volte hanno minacciato di ucciderla, la Chiesa non ha mai smesso di lavorare per la liberazione di Leah. Il 23 aprile scorso il quotidiano nigeriano The Punch riportava le parole di monsignor Hilary Paul Odili Okeke, vescovo di Nnewi: «La Conferenza episcopale della Nigeria ha coinvolto formalmente il Santo Padre, Papa Francesco». Secondo il vescovo, la Santa Sede ha contattato il presidente Muhammadu Buhari per parlare della ragazza. Il 19 maggio anche il premio Nobel Wole Soyinka, ha reso un commovente tributo all’eroina di Dapchi alla Georgetown University di Washington, negli Stati Uniti. «Il suo “no” mi ha ricordato Mandela che ha rifiutato il rilascio su cauzione», ha detto il poeta e drammaturgo, ricordando come dietro a Boko Haram non ci sono solo povertà ed emarginazione e deplorando i 20 intellettuali americani che si sono opposti alla designazione della setta come “organizzazione terroristica straniera”: «Dobbiamo abbandonare il linguaggio del politicamente corretto. Il politicamente corretto sta trasformando il continente africano nel cimitero della libertà se non chiamiamo le cose con il proprio nome»

A SOLI 16 ANNI, «SEI MADRE DI TUTTI NOI»

Il 10 maggio l’Unicef  ha diramato un comunicato: «Oggi 894 minorenni, fra i quali 106 ragazze, i più giovani dei quali di appena 13 anni, sono stati rilasciati dalle fila della Civilian Joint Task Force (Cjtf) a Maiduguri, nel nord est della Nigeria, come parte dell’impegno preso dalla milizia per porre fine e prevenire il reclutamento e l’uso di bambini». I rapporti delle Nazioni Unite stimano che nel conflitto armato in corso nel Nord-est della Nigeria, più di 3.500 bambini siano stati reclutati e utilizzati da gruppi armati tra il 2013 e il 2017. Molti altri sono stati rapiti, mutilati, violentati o uccisi. Nelle sue ultime incursioni Boko Haram ha rapito circa 1.000 bambini, ucciso oltre 2.000 insegnanti e distrutto più di 1.400 scuole. Molte ragazzine rapite hanno dato alla luce figli dei terroristi. Di Leah non si sa nulla da giorni. Su Twitter, dove un intero paese ha trascorso la giornata di ieri ricordandola, Leah è già diventata la ragazza che «a soli 16 anni sei già madre di tutti noi per la speranza che incarni».

Tags: leah sharibuNigeria
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