
Anche la diplomazia è in stallo in Ucraina

Vladimir Putin attaccherà l’Unione Europea? La stragrande maggioranza degli analisti, delle intelligence e dei politici occidentali ha già risposto affermativamente a questa domanda. Se pochi ritengono che l’invasione della Polonia o di uno dei paesi Baltici possa avvenire già quest’anno, in tanti hanno indicato il biennio 2027-2028 come finestra temporale decisiva per lo scontro tra Russia e Nato.
Il vertice dell’Aja
Prima dell’apertura del vertice dell’Aja, in conferenza stampa, lo stesso segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha confermato che «tra 3, 5, 7 anni la Russia potrebbe essere in grado di attaccarci».
Per questo, aggiungeva, «bisogna cominciare a investire oggi negli armamenti» e portare il Pil speso in Difesa al 5 per cento, come poi approvato dai paesi membri.
Nato: «Putin non attaccherà l’Europa»
Eppure, sempre all’ultimo vertice dell’Alleanza Atlantica, in un briefing a porte chiuse alcuni funzionari della Nato hanno ridimensionato il rischio di un attacco russo all’Europa spiegando, come riporta Repubblica, di essere «sicuri che finché ci sarà l’articolo 5 che prevede il mutuo soccorso dei partner in caso di aggressione, il Cremlino non tenterà di muoversi contro i paesi Baltici».
Non solo, secondo i funzionari la Russia sta perdendo 167 uomini per ogni chilometro quadrato di Ucraina conquistato, un’enormità, e nel 2027 potrebbe ritrovarsi «in difficoltà». «E nonostante la pesante interferenza nella politica moldava, [la Nato] non vede mosse contro questo paese o in Transnistria».
Il piano di riarmo europeo
Simili analisi risultano fortemente contraddittorie sia rispetto alla richiesta di innalzare a livelli record le spese militari, sia alla postura assunta dall’Unione Europea, che ha redatto un Libro bianco sulla difesa che prende le mosse proprio dalla convinzione che Putin invaderà l’Europa presto o tardi.
Anche il piano di riarmo europeo, sempre più criticato, si fonda sulla necessità di difendersi da un’aggressione militare che per Bruxelles non tarderà ad arrivare, ma della quale nessuno è certo.
Mosca schiera 50 mila soldati per Sumy
Mentre emergono dettagli contrastanti sulle future intenzioni di Mosca, la guerra tra Russia e Ucraina prosegue secondo il solito copione, tendente allo stallo. Non riuscendo a sfondare le difese ucraine nell’Est, il Cremlino tempesta di missili e droni l’intero paese. Tra domenica e lunedì, oltre 500 raid nelle regioni di Kharkiv, Kherson, Zaporizhzhia, Dnipropetrovsk, Donetsk e Sumy hanno fatto almeno 6 morti e 26 feriti.
L’Ucraina risponde con attacchi mirati, come quello al ponte di Kerch, che ha costretto Mosca a chiudere il ponte di Crimea il 29 giugno dopo aver abbattuto almeno 5 droni dell’esercito ucraino.
Il Cremlino non ha però ancora abbandonato il sogno di vincere militarmente la guerra, se è vero, come riportato dal Wall Street Journal, che la Russia ha schierato 50 mila soldati nell’area intorno alla città di Sumy, con un rapporto di circa tre a uno rispetto alle forze ucraine.

La diplomazia è in stallo
Anche la diplomazia è in stallo. I tentativi di Donald Trump, culminati con i due incontri tra delegazione russa e ucraina del 16 maggio e del 2 giugno, hanno prodotto importanti scambi di prigionieri ma niente di più.
I memorandum su come terminare la guerra che Kiev e Mosca si sono scambiati sono di fatto inconciliabili e al momento non c’è alcuna volontà di modificarli. Se entrambe le parti si sono dette disponibili a riprendere i colloqui, nessuna ha proposto una data concreta.
La Germania vuole sostituirsi agli Usa
Il futuro della guerra dipenderà in parte da come agiranno gli Stati Uniti. Da quando Trump è stato eletto nessun pacchetto di forniture militari aggiuntivo rispetto all’era Biden è stato approvato dagli Usa. Settimana scorsa il tycoon ha ribadito che Putin «deve porre fine al conflitto», aggiungendo che il presidente russo sarebbe «mal consigliato».
Ieri il presidente americano si è detto certo che si arriverà a un cessate il fuoco perché «i prezzi del petrolio sono bassi», ma Kiev non si fida e insiste a chiedere batterie Patriot per la difesa aerea, che finora Trump non ha voluto concedere.
Chi sta cercando di sostituirsi all’America come principale alleato sostenitore dell’Ucraina è la Germania. Ieri il ministro degli Esteri Johann Wadephul ha fatto visita a Kiev assicurando che «faremo di tutto» per fornire a Volodymyr Zelensky nuovi sistemi di difesa aerea.

Mine antiuomo e bombe a grappolo
Nel frattempo, l’Ucraina pensa a difendersi da sola e così Zelensky con un decreto ha avviato l’uscita dell’Ucraina dalla Convenzione di Ottawa del 1997, che vieta l’uso, la produzione, lo stoccaggio e il trasferimento di mine antiuomo. «È un passo che la realtà della guerra ci impone da tempo», ha dichiarato su Facebook il deputato ucraino Roman Kostenko, segretario della commissione parlamentare per la difesa.
Kiev, con il sostegno occidentale, aveva già preso decisioni simili. Nel 2023 era stata fortemente criticata dalla comunità internazionale la decisione di Joe Biden di inviare all’esercito ucraino bombe a grappolo. Allo stesso modo la fornitura a Kiev di proiettili all’uranio impoverito da parte della Gran Bretagna aveva destato scalpore.
Ma c’è poco da stupirsi: in mancanza di un accordo che ponga fine al conflitto, questo non può fare altro che diventare sempre più crudele e violento.
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