Una ragazza nigeriana rapita dai jihadisti racconta a Tempi la sua prigionia. Le violenze, gli insulti e quegli strani segni miracolosi durante la fuga
Irruzione nella notte in una scuola femminile di Jangebe. Si ripete l'incubo di Chibok. Ed è lotta tra fazioni jihadiste per avere il predominio del terrore
Hanno cercato di dimenticare il sangue, i corpi dei propri cari trucidati, gli spari. Poi hanno deciso di affrontare i terroristi: «Usano donne e ragazze come noi per gli attentati. Noi proviamo a fermarle»
La cattura, il parto, il Corano e l'indomita Leah Sharibu. Parla la donna che dopo cinque anni è riuscita a fuggire dai terroristi. Sopravvivendo alla fame e alle belve con il suo bimbo di tre anni
Grazie alle iniziative di Aiuto alla Chiesa che soffre siamo aiutati a ricordare che sparse nei quattro angoli del mondo esistono persone disposte a morire per la propria fede
«È stata condannata a morte». L'appello dei genitori per liberare la figlia quindicenne, l'unica tra le studentesse rapite dai jihadisti a Dapchi e a non essere stata liberata perché «non si è convertita all’islam»
La testimonianza di Joy Bishara, una delle 276 ragazze rapite in Nigeria a Chibok dai terroristi nel 2014: «Dopo la fuga sono diventata davvero cristiana. È incredibile quello che Dio ha fatto nella mia vita»
La giovane è l'unica studente di Dapchi (Nigeria) rapita dai jihadisti a non essere stata liberata perché «non si è convertita all'islam»: «Leah è l'ambasciatrice del cristianesimo nella Repubblica di Boko Haram».
Solo una finora ha potuto rivedere lo zio, le altre non hanno ancora riabbracciato i genitori. E anche le 21 liberate a ottobre vivono nascoste nella capitale lontane dai familiari