La sconfitta del Pd e il mondo moderato in cerca d’autore
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«Una grande sconfitta per i partiti tradizionali che rappresentano il sistema, a cominciare dal Pd per finire a Forza Italia, le formazioni che pensavano di trovare l’accordo fra loro per governare dopo il voto». Comincia con quest’affermazione l’intervista a Stefano Folli, notista politico di Repubblica. «I partiti tradizionali – prosegue Folli – sono stati sonoramente sconfitti e la vittoria è di Lega e M5s, forze molto radicali che cambiano lo scenario politico italiano».
I quotidiani scrivono che siamo il paese più anti-estabilishment d’Europa.
È un atto di accusa verso la scarsa credibilità dell’attuale classe politica. Per me, però, questo voto è soprattutto di protesta, non vedo una grande richiesta di alternativa. L’alternativa va costruita, ma è dura per il radicalismo e il populismo di forze che, se davvero volessero tenere fede alle promesse fatte in campagna elettorale, costringerebbero il paese a impegnarsi in politiche dal costo esorbitante, incompatibili con i conti dello Stato.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]L’Italia oggi è un paese ingovernabile.
Spetterà al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, trovare il modo di risolvere il rebus: ci vorrà molto tempo. Siamo di fronte a uno scenario di grande cambiamento e ricchissimo di incognite, non esiste una maggioranza in parlamento che sia politicamente sostenibile, dal punto di vista sia numerico sia politico.
Il M5s si è affermato bene ovunque, ma è soprattutto al Sud che i suoi risultati sono impressionanti.
Sì, è vero. Hanno dilagato per tanti motivi: il Sud è più sensibile alle proteste anti-sistema e il Mezzogiorno è stato molto trascurato in questi anni. Questo, naturalmente, ha provocato alla lunga un risentimento sociale che si è espresso in questo voto. L’Italia viene da lunghi anni di recessione economica e anche i segnali di ripresa sono fragili rispetto ad altri paesi europei.
Se il Sud è andato ai cinquestelle, al Nord ha prevalso la Lega.
La Lega ha prevalso su un Berlusconi ormai spento e arrivato alla fine del suo ciclo. Il Nord, per un verso, e il Sud, per un altro, sono i protagonisti di questo cambio di scenario. È un dato che deve far riflettere tutte le forze politiche e intellettuali del paese. È una situazione nuova, che non ha paragoni con passato.
I governi del Pd vantano dei risultati, ma quanto hanno cambiato la vita delle persone?
Secondo me poco, soprattutto al Sud. C’è il tema dell’immigrazione che preoccupa moltissime fasce sociali, magari a torto, pero è una realtà con cui si deve fare i conti. La Lega ha avuto successo perché su questo tema è stata intransigente e dura. In politica è difficile vincere le elezioni rivendicando ciò che si è fatto in passato. Anche Winston Churchill, dopo aver vinto nella Seconda guerra mondiale, perse le elezioni. Non basta rivendicare il passato, occorre dare una prospettiva, ma il Pd, azzoppato dagli scandali sulle banche, non ci è riuscito. Ha dato la sensazione di aver gestito la crisi bancaria a vantaggio di alcuni amici degli amici, e questa sensazione è diventata senso comune. Ora che Renzi si è dimesso per il Pd inizia una fase di profondo travaglio: dovrà fare un congresso e azzerare tutto. Ma non basta cambiare il segretario, il Pd, così come Leu, deve ripensare se stesso.
La sinistra italiana esce distrutta da queste elezioni. In tutte le sue versioni, più radicali o innovative, nel complesso esce disarticolata.
E da qui deve ripartire per riflettere sul da farsi. Non sarà facile perché il problema dell’identità si risolve a lungo termine, non con un congresso.
E Berlusconi? E Forza Italia?
Sul piano della leadership, Berlusconi non può fare altro che ammettere che il tempo è passato anche per lui. Sul piano più generale della presenza di una forza moderata di centrodestra, io credo che in Italia non esista solo la Lega. Salvini ha dimostrato di essere capace di raccogliere molti consensi, ma solo per il vuoto di leadership di Forza Italia. C’è un grande mondo moderato, soprattutto al Nord, che non si riconosce nella Lega e vorrebbe un’offerta politica diversa. Per anni, con tutti i suoi limiti, l’ha incarnata Berlusconi.
Chi può ricostruire anche in questo campo?
Serve una forza moderata che non accetti l’egemonia della Lega e che rimanga nel solco del Ppe. L’Italia è un paese moderato, occorre ricostruire un rapporto con l’opinione pubblica. Non è facile dire come.
Salvini non può farlo?
Salvini si ispira alle forze della destra europea, che sfruttano le difficoltà dell’Ue. Il leader leghista ha saputo sfruttare a suo vantaggio la sensazione che l’Europa si è incagliata nella tecnocrazia e il diffuso scetticismo sulla moneta unica. Ha posizioni dure sull’immigrazione e anche su questo riesce a intercettare lo scontento di un paese che, più di altri, soffre le forti quote di immigrati e non sa come integrarle.
Oggi la Lega è questo, ma domani?
Difficile dirlo. Al Sud è debole e i cinquestelle la sovrastano sul piano della protesta. La forza della Lega è al nord e un po’ al centro.
Guardi la sfera di cristallo e ci dica cosa farà Mattarella.
Il presidente può lasciare decantare le situazioni di tensione. Il primo passo saranno le elezioni dei presidenti di Camera e Senato. Finché non c’è questo, Mattarella non può cominciare le consultazioni. Formalmente deve aspettare che il 23 marzo si riunisca il Parlamento e questo sarà importante per vedere quali tipi di maggioranze si formeranno per l’elezione dei presidenti. Sulla base di questo, comincerà a dipanare la matassa. Si potrebbe pensare di arrivare con tempi lunghi a un governo che raccolga una base parlamentare ampia ma non legata da un patto politico, garantita dal capo dello Stato, con un leader neutrale che raccolga una maggioranza parlamentare per fare poche cose: la finanziaria e tentare di cambiare questa brutta legge elettorale per tornare alle elezioni il prima possibile.
Foto Ansa
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