Imu scuole paritarie. «L’introduzione improvvisa può mandare in tilt il bilancio»

Di Chiara Sirianni
28 Febbraio 2012
«Credo che la scuola paritaria, laica o confessionale che sia, faccia un’attività didattica. In generale, la situazione è di estrema difficoltà. I contributi statali arrivano in ritardo, e solo quando si trovano i fondi necessari». Intervista a Giulio Massa, presidente lombardo di Aninsei

Sia l’opinione pubblica cattolica sia i partiti politici (da Pdl all’Udc) hanno lanciato un grido d’allarme sulle sorti delle scuole paritarie cattoliche. L’Imu (la vecchia Ici) potrebbe rappresentare un vero e proprio colpo di grazie per molti istituti, con ricadute sulle rette scolastiche. Monsignor Michele Pennisi, segretario della Commissione episcopale per l’Educazione cattolica, la scuola e l’università, ha parlato di incongruenza: «Le scuole cattoliche sono paritarie e quindi svolgono un servizio pubblico». Inoltre «lo fanno non per fini di lucro, e spesso per le fasce più disagiate del Paese. Il rischio, per le scuole paritarie cattoliche, è solo quello della chiusura».

Il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo ha gettato acqua sul fuoco: «Il concetto è semplice: paga l’Imu chi iscrive un utile a bilancio, chi lucra paga per l’attività che svolge». Questo il principio ispiratore del decreto (ripreso anche dal ministro Corrado Passera: «Non penalizzeremo il vero no profit»). In sostanza, se la retta serve alla scuola parificata per sostenere i costi di gestione, non si può considerare attività commerciale. A far fede saranno i bilanci. 

Giulio Massa, presidente lombardo di Aninsei (Associazione Nazionale Istituti Non Statali di Educazione e di Istruzione), parte da una prospettiva di scuola libera a gestione laica: «Tutte le nostre scuole pagano l’Ici, e da sempre abbiamo considerato una diseguaglianza il fatto che i nostri “concorrenti” religiosi fossero esentati. Ma più in generale, si tratta di una discrepanza nel sistema scolastico: una tassa sempre vissuta, da tutti, come iniqua». Anche perché non si può fare scuola, specie per quanto riguarda gli istituti tecnici (dotati, quindi, di laboratori) in spazi ridotti. E l’impatto è forte. Massa è anche preside dell’istituto De Amicis di Milano: «I metri quadrati servono e l’ultima volta abbiamo pagato 41.000 euro».

E le scuole paritarie cattoliche cosa rischiano? «Io credo che la scuola paritaria, laica o confessionale che sia, faccia un’attività didattica. In generale la situazione è di estrema difficoltà. I contributi statali arrivano in ritardo, e solo quando si trovano i fondi necessari. Certo, un’introduzione improvvisa può mandare in tilt un bilancio. Vale soprattutto per le piccole strutture». Per legge le scuole paritarie fanno parte di un unico sistema nazionale di istruzione, e il sogno nel cassetto è quello di individuare «un regime identico, per scuole statali e non statali, che non meritano di essere trattate alla stregua di aziende».
twitter: @SirianniChiara
 

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