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Il regime a Hong Kong vuole chiudere le scuole cattoliche

Il governo forza le regole per penalizzare gli istituti cattolici e favorire quelli statali. Da decenni il Partito comunista cerca di strappare l'educazione ai cristiani. I genitori protestano e denunciano la «discriminazione», ma vengono ignorati

Leone Grotti
26/05/2023 - 5:30
Esteri
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Genitori e studenti protestano a Hong Kong contro la politica del governo che penalizza le scuole cattoliche
Genitori e studenti protestano a Hong Kong contro la politica del governo che penalizza le scuole cattoliche

Il ministero dell’Educazione di Hong Kong non permetterà a una scuola primaria cattolica di aprire una classe prima il prossimo anno, nonostante la proteste dei genitori. La Po Yan Oblate Primary School, storico istituto cattolico gestito dagli Oblati di Maria Immacolata, ha raccolto soltanto 15 pre-iscrizioni mentre il numero minimo richiesto alle scuole che ricevono un sostegno statale è 16. L’istituto fondato nel 1965 e specializzato nell’educazione di bambini con handicap «potrebbe chiudere definitivamente nel 2026», nota il South China Morning Post. Altre quattro scuole si trovano nella stessa situazione.

Hong Kong si accanisce sulla scuola cattolica

Non avendo raggiunto la soglia di pre-iscrizioni richiesta, l’associazione degli studenti della Po Yan ha avanzato una controproposta al ministero: permettere l’apertura di una classe prima privata non finanziata dal governo ma da una raccolta fondi. L’associazione è convinta di poter raccogliere 3 milioni di dollari di Hong Kong, pari a circa 350 mila euro.

Il ministero però, contrariamente a quanto concesso ad altri istituti, non ha permesso alla Po Yan di aprire una classe privata, condannandola potenzialmente alla chiusura definitiva.

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Le regole non sono uguali per tutti

I genitori della scuola hanno protestato, accusando il governo di «discriminazione». Il ministero infatti ha permesso ad altri due istituti che non avevano raggiunto la soglia delle pre-iscrizioni di aprire una classe privata. Una terza scuola ha avuto il permesso di creare una classe prima insieme a un altro istituto, unendo gli alunni. Un quarto istituto, invece, potrà aprire la classe anche senza i requisiti necessari.

Per denunciare «l’ingiustizia», alcuni genitori e studenti hanno organizzato un sit-in davanti a un istituto di Hong Kong nel distretto di Kowloon dove il ministro dell’Istruzione Christine Choi Yuk-lin stava tenendo un incontro. Si aspettavano di essere ricevuti, ma il ministro li ha ignorati.

Durante la giornata il ministero ha criticato poi i genitori per aver coinvolto i figli nella manifestazione: «Restare sotto il sole e al caldo per un lungo periodo di tempo non è l’ideale per degli studenti». Non lo è neanche privarli della loro scuola, ma il ministro non ha voluto sentire ragioni.

«Il governo vuole impadronirsi dell’educazione»

Da decenni i governi di Hong Kong cercano di diminuire l’influenza dei cristiani nella società strappando loro le scuole. Soltanto la Chiesa cattolica ne gestisce più di 300. Una riforma approvata nel 2004, e che gli istituti cristiani per anni si sono rifiutati di applicare, prevede che il consiglio di amministrazione che gestisce la scuola non sia più composto dall’associazione che l’ha fondata, ma per almeno il 40 per cento da una rappresentanza di genitori, insegnanti, studenti e membri della comunità.

L’obiettivo del governo, come denunciava a Tempi nel 2012 il cardinale Joseph Zen, è quello di infiltrare le scuole per imporre un’educazione patriottica e non cristiana: «Perderemo il carattere cristiano delle nostre scuole. Vogliono impadronirsi dell’educazione».

La situazione è peggiorata dopo l’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale nel 2020: dai libri di testo è stato eliminato ogni riferimento ad autori «sensibili» come Gandhi, Martin Luther King e Su Xun. Studenti e insegnanti sono stati invitati a denunciare anonimamente ogni forma di ribellione e protesta contro il governo e il Partito comunista. L’educazione patriottica è diventata obbligatoria, compreso l’insegnamento dell’utilità sociale della legge sulla sicurezza nazionale.

Denatalità e fuga dal regime di Hong Kong

Non ci si può stupire dunque se il governo di Hong Kong abbia deciso di chiudere un occhio sulla regola delle pre-iscrizioni quando riguardava scuole allineate al regime e di mostrarsi inflessibile quando riguardava scuole cattoliche.

La regola potrebbe mettere in difficoltà altre scuole in futuro: nel 2017 – l’anno di nascita dei bambini che inizieranno il loro percorso scolastico a settembre – a Hong Kong sono nati 56.500 bambini, contro i 32.500 del 2022. Oltre ai problemi demografici, ci sono quelli politici: decine di migliaia di cittadini, oltre 100 mila solo nel 2021, sono scappati dalla città dopo l’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale. La popolazione di 7,4 milioni è calata dell’1,6% in un solo anno.

Secondo un sondaggio condotto in 100 scuole, 1.474 studenti per una media di 15 studenti a istituto, hanno lasciato le classi solo dal luglio al novembre 2022.

Molte altre scuole, dunque, potrebbero dover chiudere in futuro per mancanza di studenti. L’esempio della Po Yan Oblate Primary School è indicativo del fatto che, come nota AsiaNews, «la scelta di quali scuole continuare a sostenere e quali invece soffocare non è politicamente neutra».

@LeoneGrotti

Tags: CinaCristiani Perseguitatihong kongjoseph zenlegge sulla sicurezza nazionalepartito comunista cineseScuolascuola cattolica
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