Il problema non è il Cimitero per feti di Firenze, ma l’aborto
Matteo Renzi, sindaco di Firenze, ha disposto che il cimitero comunale abbia un reparto preposto all’accoglienza degli embrioni abortiti. Questa decisione ha suscitato lo sdegno di alcuni politici locali del Pd, che vedrebbero nel procedimento una messa in discussione della stessa legge sull’aborto, dando al feto la stessa dignità di una persona. Intanto, l’Ospedale Maggiore di Milano chiude la Biobanca, struttura predisposta a contenere i tremila embrioni criogenizzati contenuti nei diversi impianti nazionali. La costruzione del centro, prevista dall’ex ministro della Sanità Girolamo Sirchia nel 2004, è saltata dopo una spesa di 400 mila euro. Le ragioni sono di ordine principalmente economiche, ma non mancano le ambiguità di forma nella definizione di “embrione in stato d’abbandono”. Tempi.it ne parla con Lucetta Scaraffia, membro del Comitato Nazionale di Bioetica e docente di Storia Contemporanea alla Sapienza di Roma.
L’apertura dei cimiteri agli embrioni è una novità?
La pratica della sepoltura è avviata non solo per i feti, ma per tutti i resti umani. Anche in casi d’amputazione, l’arto può essere tumulato in specifiche zone del cimitero. Altrimenti, finisce tra altri residui biologici. Insomma, è un’iniziativa che si fa anche per le dita di una mano. Renzi ha proposto di creare una sezione, all’interno del cimitero già esistente, adibita a questi riti. È un compito che gli compete. Tuttavia, è cosa ovvia che ciò avrebbe suscitato polemiche. Soprattutto da chi dice che l’embrione non è una persona. La contraddizione è evidente: perché seppellire un non-umano? Ciò che viene discusso non è il cimitero, ma l’aborto. Una questione non risolta neanche dalle persone ad esso favorevole, che infatti reagiscono con disagio di fronte al progetto del sindaco toscano. Pensi che non si può neanche ammettere che esista la depressione post-aborto, perché è una seria minaccia contro le donne. Tutto ciò che è contro l’aborto, deve essere taciuto.
Come mai?
Esiste una deontologia del politicamente corretto che vuole che l’aborto sia un problema esclusivo della donna incinta. Ma anche le scoperte scientifiche più recenti rivelano che è il concepimento è l’inizio di un preciso e singolo essere umano. Quando è stata approvata la legge 194, le conoscenze sull’embrione erano più vaghe e molto meno accessibili di adesso.
È di questi giorni la notizia che la Biobanca dell’Ospedale Maggiore di Milano, strutturata per contenere la totalità degli embrioni criogenizzati su scala nazionale, non entrerà in funzione.
La chiusura deriva da un motivo economico. La Biobanca dell’Ospedale Maggiore di Milano doveva essere uno stabilimento dove raggruppare i pochissimi embrioni bioconservati – sono circa 3 mila – che non hanno genitori. Si voleva creare una struttura dove questi potessero essere conservati insieme. Ho paura che la decisione di chiudere la Biobanca metterà in pericolo gli embrioni. La dispersione in tanti piccoli istituti privati può facilitare la loro strumentalizzazione.
Che cosa farne?
Sono d’accorso con l’ipotesi di Adriano Pessina, direttore del centro di bioetica della Cattolica: consideriamoli come dei pazienti terminali tenuti in vita da una macchina. Effettivamente, se togliessimo l’alimentazione elettrica dei congelatori, morirebbero. Il problema reale è che una certa ricerca ha fame di embrioni. E il mancato accentramento in una struttura unica, disorganizzando la gestione, aumenta la possibilità che essi vengano venduti quale merce pregiata.
Twitter: @DanieleCiacci
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