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L’umanità sorprendente che ho visto nel carcere di San Vittore

Di Maurizio Tortorella
03 Aprile 2024
Appunti da una visita a Pasquetta nel penitenziario milanese, afflitto dal sovraffollamento e dal dramma della gestione dei detenuti “difficili”. Ma anche un luogo con barlumi di inattesa positività
Carcere di San Vittore, Milano
Carcere di San Vittore, Milano (foto Ansa)

San Vittore, inevitabilmente, è un luogo complesso. Inquietante e cupo come ogni grande prigione, contiene in sé un’ovvia quantità di sofferenza, ma anche un’umanità sorprendente. Il lunedì di Pasquetta sono entrato nel vecchio carcere milanese con una piccola delegazione d’iscritti al Partito radicale. I radicali sono rompiscatole, si sa, e per le loro iniziative spesso scelgono date in qualche modo fastidiose. Giacinto Siciliano, direttore del penitenziario dal dicembre 2017, è però un pugliese gentile e alle 10 di mattina del lunedì di Pasqua era all’ingresso, puntuale, e ci ha guidato in una lunga visita attraverso gran parte dei quattro bracci aperti dell’istituto (il 2 e il 4 da tempo sono chiusi).
Sovraffollamento e detenuti “difficili”
A San Vittore la “capienza ufficiale” dichiarata sul sito del ministero della Giustizia è di 754 posti. In realtà Siciliano, che alle spalle ha un’esperienza dirigenziale di peso (sei anni trascorsi alla guida della casa circondariale di Monza,...

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