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Hong Kong. «Per il regime cinese è “sovversiva” anche la Costituzione»

Lee Cheuk-yan commenta l'arresto di 55 attivisti e politici democratici per aver organizzato le primarie: «La prigione sembra un destino ineluttabile per tutti noi. Combatteremo vivendo nella verità»

Leone Grotti
08/01/2021 - 3:00
Esteri
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lee cheuk yan hong kong

Cinquantatré attivisti e politici democratici a Hong Kong sono stati arrestati mercoledì mattina, più altri due giovedì, per aver organizzato e partecipato, come previsto dalla Costituzione della città, alle primarie di luglio in vista delle elezioni, poi rinviate, di settembre. Si tratta della più vasta ondata di arresti da quando Pechino ha imposto in estate alla ex città autonoma la legge sulla sicurezza nazionale. Secondo la polizia, tutti e 55 sono indagati per il reato di sovversione, punibile da tre anni di carcere fino all’ergastolo. «Le accuse sono inimmaginabili, ridicole, irrazionali. L’obiettivo delle autorità è evidentemente spazzare via l’opposizione e intimidire la popolazione», dichiara a tempi.it Lee Cheuk-yan, parlamentare dal 1995 al 2016, segretario generale della Confederazione dei sindacati di Hong Kong e presidente dell’Alleanza a sostegno dei movimenti democratici in Cina.

«ORA ANCHE LA COSTITUZIONE È SOVVERSIVA»

A luglio 610 mila cittadini hanno partecipato alle primarie indette dal fronte democratico per scegliere i candidati migliori da far correre nelle elezioni di settembre. Si trattava di un appuntamento cruciale perché se avesse vinto più di 35 seggi nel Consiglio legislativo, dopo il successo alle elezioni distrettuali del novembre 2019, il fronte democratico avrebbe potuto porre il veto al budget proposto dal governo di Carrie Lam e così costringerla a dimettersi come previsto dall’articolo 52 della Costituzione di Hong Kong. Secondo il sovrintendente della polizia Steve Li, quello dei democratici era «un proposito sovversivo volto a rovesciare il governo» e pertanto sono stati arrestati tutti i partecipanti alle primarie e gli organizzatori. Il ministro per la Sicurezza di Hong Kong, John Lee, ha aggiunto che gli arresti erano «necessari» perché il fronte democratico voleva «rovesciare il governo e interferire gravemente con le sue attività».

«Com’è possibile che organizzare le primarie per le elezioni sia considerato illegale e sovversivo?», si chiede Lee parlando con tempi.it. «È la Costituzione che assegna alla maggioranza in Parlamento il potere di mettere il veto al budget del governo, è la Costituzione che dà il potere al governatore di indire nuove elezioni e che lo obbliga a dimettersi se viene messo nuovamente il veto al budget. La verità è che la Cina ha appena affermato che la stessa Costituzione di Hong Kong è sovversiva».

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«HANNO DISTRUTTO L’INTERO IMPIANTO DELLA DEMOCRAZIA»

Non era mai successo prima che 55 attivisti e politici a Hong Kong – tra di loro anche l’ex presidente del Partito democratico Wu Chi-wai, recentemente intervistato da tempi.it – rischiassero l’ergastolo per aver rispettato la legge. «È assurdo, è ridicolo», continua il segretario generale della Confederazione dei sindacati di Hong Kong. «Comportandosi così, Pechino ha appena dichiarato a Hong Kong e al mondo intero: “Noi possiamo fare tutto ciò che vogliamo e voi dovete avere paura di noi”. Agiscono volutamente in modo irrazionale per instillare la paura in tutta la popolazione».

Non solo, se le autorità si comportano così, «come possono pretendere che le nuove generazioni abbiano fiducia nel meccanismo elettorale? È evidente che a Hong Kong non potranno più esserci elezioni giuste e regolari. Stanno distruggendo l’intero impianto della democrazia. E la cosa più paradossale è che Pechino aveva già ottenuto tutto ciò che voleva».

L’UNICA DEMOCRAZIA PERMESSA IN CINA

Nonostante il successo delle primarie democratiche, infatti, le elezioni di settembre sono state posticipate di un anno, ufficialmente a causa della pandemia, anche se a Hong Kong si registrano appena una manciata di nuovi casi al giorno. Inoltre, diversi candidati democratici erano stati squalificati perché considerati «non idonei». Infine, espellendo quattro deputati democratici dal Parlamento per motivazioni risibili, la Cina aveva costretto tutti i parlamentari dell’opposizione a dimettersi come espressione di solidarietà verso i colleghi.

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«La Cina aveva già vinto su tutta la linea», spiega Lee, «ma voleva dare una ulteriore dimostrazione di forza, voleva far intendere a tutti che vincere o anche solo partecipare contro il Partito comunista è impossibile e che ormai l’unica democrazia permessa a Hong Kong è quella in cui il Partito comunista trionfa. È assurdo, ma è la nostra realtà oggi».

«LA SFIDA PIÙ DIFFICILE»

I 55 arrestati sono stati rilasciati su cauzione e nessuna accusa formale di sovversione è ancora stata formulata, ma «ora la loro libertà è fortemente condizionata» e alla maggior parte di loro è stato sequestrato il passaporto per impedire che cerchino asilo politico all’estero. Nella loro stessa situazione si trova anche Jimmy Lai, il magnate ed editore del più importante giornale pro democrazia della città, attualmente in carcere in attesa di giudizio con l’accusa di frode e collusione con le forze straniere. Rischia l’ergastolo. Sono invece già stati condannati a oltre un anno di carcere tre attivisti, tra cui Joshua Wong.

«Questa è la sfida più difficile che ci siamo mai trovati ad affrontare a Hong Kong», ammette Lee, che nel novembre 2019 è stato invitato da Tempi a Milano per raccontare la drammatica situazione della città nell’incontro “La libertà è la mia patria. Da piazza Tienanmen a Hong Kong” (qui il video). «Se in passato era difficile, oggi lo è ancora di più ma sappiamo già che il peggio deve ancora venire perché per il regime la repressione non è mai abbastanza».

«NON CI RESTA CHE VIVERE NELLA VERITÀ»

Oggi il fronte democratico ha poche alternative: «Non possiamo protestare in piazza, perché ogni riunione è proibita; non possiamo invocare l’aiuto della comunità internazionale, perché ogni appello in questo senso è considerato un reato di collusione con le forze straniere; non possiamo sfidare il governo attraverso le elezioni, perché può partecipare solo chi è d’accordo con il Partito comunista». Che cosa si può fare allora? «L’unica cosa che ci rimane, l’unico modo di combattere è vivere nella verità e non nella paura. È quello che ha fatto la popolazione in Polonia e in altri paesi dell’Europa dell’Est. Oggi Hong Kong è nella stessa situazione di quei paesi prima del 1989».

Lo stesso Lee dovrà comparire in tribunale il 16 febbraio per rispondere di diverse accuse, tra le quali quella di aver partecipato e istigato altre persone a partecipare ad assemblee non autorizzate. Tra queste, c’è anche la veglia di commemorazione delle vittime di Piazza Tienanmen, che a giugno è stata proibita per la prima volta nella storia di Hong Kong dal 1990. «Non so che cosa succederà», conclude il veterano della lotta per la democrazia. «Credo che la prigione sia un destino ineluttabile ormai. So che voi state soffrendo molto a causa del coronavirus, noi invece a causa di un altro tipo di virus, altrettanto pericoloso: quello della dittatura».

@LeoneGrotti

Tags: cina hong konghong kongjimmy laiJoshua Wongpartito comunista cina
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