Fecondazione eterologa. La Consulta ha riaperto il suk dei gameti, ma le motivazioni dove sono?
Dal 9 aprile sulla home page della Corte costituzionale vi è una nota con la quale si informa che la stessa Corte «ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli (…) della legge (…) 40, relativi al divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita». Vi è la nota, ma non vi è traccia della sentenza. Eppure il comunicato stampa – 36 parole, 230 caratteri, un tweet e mezzo – ha riaperto il mercato dei gameti e delle cliniche, incrementando le illusioni e le sofferenze di tanti aspiranti genitori: prima ancora che, conoscendo le motivazioni, si possano individuare gli spazi operativi che vengono autorizzati.
Più volte la Consulta si è riunita per decidere su una legge impugnata, e fra la decisione e la pubblicazione della sentenza è trascorso del tempo, anche delle settimane. La singolarità del caso è l’annuncio dell’esito, accompagnato – a oggi, quasi due mesi dopo – dal mancato deposito della pronuncia. Una pronuncia con cui la Corte costituzionale ha proseguito la propria opera di demolizione della legge 40, avendo in passato già eliminato il divieto di crioconservazione e avendo reso possibile la selezione genetica degli embrioni. Perché un annuncio così inequivocabile, seguito poi dal silenzio? È vero che le sentenze della Consulta richiedono elaborazione e materiale stesura, ma è altrettanto vero che ogni giudice ha qualificati collaboratori – magistrati, avvocati o docenti – che preparano la documentazione e spesso redigono la bozza della sentenza: normalmente passano giorni, non mesi.Si ha l’impressione che nel caso specifico sia successo qualcosa.
La motivazione farà comprendere se l’accesso alle pratiche della fecondazione eterologa potrà essere immediato, ovvero se, a causa dei problemi che pongono, serve una legge che, negli argini fissati dalla Corte, scenda nel dettaglio. Si pensi solo alla disciplina del conflitto fra il diritto all’anonimato del donatore/donatrice di gameti e il diritto dei figli a conoscere i loro genitori biologici; ai rischi per la salute del figlio, derivanti proprio dall’anonimato del donatore, e quindi dall’impossibilità di una anamnesi completa; ancora, alla difficile “neutralità” della madre surrogata nel caso di affitto di utero (o “gestazione di sostegno”, come impongono le linee-guida Unar per i giornalisti), soprattutto nei casi in cui questa “madre” sia pure la donatrice dei gameti.
Domanda maliziosa. Pochi giorni dopo la decisione della Consulta si è avuta notizia di un caso di eterologa involontaria, al Pertini di Roma, con scambio di embrioni fra due coppie che erano ricorse alla omologa. I problemi esistenziali e giuridici che accompagnano questa tragedia fanno discutere e sembrano non risolvibili: ogni ipotesi avanzata presenta controindicazioni, né si incontra un Salomone pronto a dire con saggezza a chi vanno i bambini (ai suoi tempi la natura non era così violentata). La domanda è la seguente: non sarà che i gemellini nascituri hanno incrinato le certezze dei signori Giudici delle leggi? Non sarebbe la prima volta che un bambino diventa pietra di inciampo e ragione di scandalo…
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