Memoria popolare

Perché fu proprio il comunismo a permettere il trionfo dello spirito borghese

Di A cura di Fondazione Europa Civiltà
21 Luglio 2023
La parole con cui il grande Del Noce nel 1976 profetizzò la «collusione qui in Italia tra il laicismo radicale, proprio della borghesia progressista, e il comunismo»
Antonio Gramsci
Antonio Gramsci

Seconda parte della rassegna dell’intervento pronunciato da Augusto Del Noce a Rimini nel corso II Convegno nazionale per insegnanti e operatori della scuola promosso da Comunione e Liberazione nell’agosto 1976. Tutte le uscite della serie sono reperibili in questa pagina.

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Nella parte centrale del suo intervento al II Convegno nazionale per insegnanti e operatori della scuola promosso da Comunione e Liberazione Augusto Del Noce formula la sua convinzione che il marxismo eretico di Antonio Gramsci, nel quale l’immanentismo e la filosofia della prassi prendono il posto del materialismo storico e del materialismo dialettico, è destinato a rafforzare l’egemonia dello spirito borghese anziché a far trionfare la Rivoluzione socialista. Rilette quasi mezzo secolo dopo, le pagine di Del Noce appaiono profetiche.

«Per il marxismo autentico», dice il filosofo cattolico, «la scomparsa della religione è un risultato che consegue all’avvento della società senza classi e alla fine dell’oppressione e della miseria. Per Gramsci, invece, è la condizione: la rivoluzione culturale antecede la rivoluzione economico-sociale […]. Quanto alla scuola, l’intransigenza di Gramsci sul bando dell’insegnamento religioso è assoluta. Introdurlo nella scuola primaria vuol dire assegnare il popolo a quella fase arretrata della storia cui corrisponde la religione; significa rifiutare di educarlo, volerlo mantenere nella concezione magica del mondo e della natura».

Il Pci di Gramsci servo dell’élite radicale

È su queste basi che avviene la «collusione […] qui in Italia tra il laicismo radicale, proprio della borghesia progressista, e il comunismo. Al punto che si può parlare di un blocco storico di alleanze, di cui il comunismo è la forza egemone, e a cui partecipano laici radicali e cattolici del dissenso». Ma tale egemonia non è destinata a durare.

«È discorso corrente quello della borghesia che offre la corda con cui il comunismo la impiccherà. Non ne sono così sicuro. Anzitutto perché ogni addebito si può muovere alla borghesia tranne quello di non saper fare i suoi interessi». La borghesia progressista «vuole realizzare entro l’ordine borghese, inteso come predominio di una classe, […] gli stessi contenuti etico-religiosi del marxismo (la scomparsa dell’idea di Dio e di ogni traccia di verità eterne, valori assoluti, eccetera), sostituendo, come sua legittimazione (o come oppio del popolo, perché qui veramente i due termini si equivalgono), il benessere alla religione […]. Vuole, cioè, servirsi dell’occasione del comunismo per realizzare lo spirito borghese allo stato puro, finalmente libero da ogni compromesso con la tradizione. Comune con il marxismo ha il programma di laicizzazione di tutta la vita. Diversamente dal marxismo, pensa che non sia possibile una società senza classi, e soltanto propone la sostituzione di élite chiuse con élite aperte».

Il Pci gramscizzato è lo strumento di questo disegno:

«Il partito comunista diventerebbe così l’esecutore di un programma di modernizzazione, che l’élite radicale ha disposto. O ancora si può dire: se una certa borghesia nazionalista pensava alla Chiesa cattolica come instrumentum regni, la nuova borghesia radicale pensa di trovare questo instrumentum regni nella “religione secolare” comunista. […] Io penso che la captazione del gramscismo da parte del laicismo radicale e della borghesia progressiva debba necessariamente avvenire».

Il fallimento annunciato della rivoluzione

Del Noce insiste nel precisare le differenze fra il marxismo di Gramsci, intriso di idealismo filosofico, e quello ufficiale, imperniato sul materialismo storico, e insiste nel pronosticare un esito funesto (per le aspirazioni rivoluzionarie):

«L’idea rivoluzionaria è connessa nel marxismo con quella di una trasformazione radicale della natura umana, con l’affermazione prometeica del passaggio a una superumanità. Ora questo passaggio non può ovviamente essere opera dell’uomo stesso [è il prodotto della dialettica della materia, ndr] e tanto meno delle idee che egli ha pensato in determinate situazioni storiche; l’umiliazione delle idee e dei loro portatori intellettuali, questo è il significato del materialismo storico. Per Gramsci, invece, gli intellettuali sono l’elemento attivo e unificante, e il Partito “moderno Principe” è l’intellettuale collettivo; ma si tratta di vedere se questa conquista degli intellettuali, che è avvenuta, non abbia coinciso con la captazione borghese-illuministico-modernista del pensiero rivoluzionario. […] Si potrebbe forse dire che l’esito del gramscismo è la sostituzione del materialismo storico con una sorta di storicismo materialista; quando alla parola materialista si tolga ogni significato metafisico, e si intenda invece la negazione radicale di valori permanenti e metastorici. A che ha dato luogo la conquista gramsciana della cultura se non alla ricomparsa dell’intellettuale dissacratore delle tradizioni, del tipico rappresentante della mentalità illuministica? Ma questo intellettuale dissacratore ha realmente la possibilità di agire contro lo spirito borghese, nel presente stadio dell’evoluzione che attraversa?».

Dopo la Chiesa, il marxismo

Quindi il filosofo annuncia la vittoria imminente dello spirito borghese, che in passato ha strumentalizzato la Chiesa e ora strumentalizza il marxismo:

«Nulla più ripugna alla borghesia, oggi in ascesa, progressista e illuminata, che l’idea di verità e di valori eterni, permanenti, assoluti. La devalorizzazione dei valori sino ad oggi considerati come supremi è la condizione per esservi ammessi. Il gruppo sociale che oggi si dichiara progressivo e aspira all’egemonia accetta tutte le negazioni del marxismo nei riguardi del pensiero contemplativo, della religione e della metafisica; accetta la riduzione marxista delle idee a strumento di produzione; ma, d’altra parte, rifiuta del marxismo gli aspetti rivoluzionari-messianici, quindi quel che di religioso rimane nell’idea rivoluzionaria. Sotto questo riguardo quel che si manifesta oggi è veramente lo spirito borghese allo stato puro; lo spirito borghese che intende trionfare dei suoi due tradizionali avversari, la religione soprannaturale e il pensiero rivoluzionario. Oppure si può anche dire: per trionfare ha bisogno di venire a compromesso con l’uno o con l’altro; in un ieri ormai lontano veniva a compromesso con l’essere, con i valori consacrati dalla tradizione; oggi col divenire, con la dissoluzione di tali valori. Si è appropriata, insomma della “demistificazione”».

L’intellettuale organico e l’industria culturale

Il risultato di questa appropriazione dei temi marxisti da parte della borghesia ha conseguenze a livello culturale. Qui il “profeta” Del Noce dà il meglio di sé, quando scrive (siamo nel 1976) di

«assorbimento della cultura nell’”industria culturale”; che riconosce due tipi di intellettuali, i “dissacratori” cioè i “custodi del nichilismo” o corteggiatori del presente […] e gli esperti e i tecnici (perché il pensiero è ridotto a pensiero tecnico, praticamente utilizzabile)».

È questo che Gramsci voleva? Certamente no, ma quello che sta accadendo era implicato nel suo pensiero. «Nessun dubbio che Gramsci detesterebbe questa nuova borghesia, che ha palesato pienamente il suo volto negli ultimi vent’anni», commenta Del Noce. «Il problema è se si trovino nel suo pensiero armi adeguate a combatterla; o se, invece, il suo intellettuale organico non si sia decomposto così da dar luogo a tipi coincidenti con quelli dei funzionari dell’industria culturale».

(2. continua)

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