«Chiamiamo le ondate di caldo con il nome dei loro colpevoli»
Parigi. Anche la Francia, come l’Italia, sta vivendo giorni di canicule, di caldo torrido e afoso, con temperature che sfiorano i 40 gradi. Niente di apocalittico, come sostenuto dai catastrofisti del clima, ma una calura sufficiente a provocare sbandamenti nella testa di alcuni politici francesi. Per esempio in quella di Manon Aubry, eurodeputata della France insoumise, il partito della sinistra radicale d’oltralpe, e copresidente a Strasburgo del gruppo Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica. Pupilla di Jean-Luc Mélenchon, Aubry lunedì mattina ha proposto di ribattezzare «ogni ondata di calore» con «il nome di chi ne è responsabile, a cominciare dalle aziende fossili».
«Potremmo chiamare la prima ondata di caldo “Total”», ha dichiarato a Europe 1 l’eurodeputata della gauche, in riferimento al gigante degli idrocarburi francese. Alla stregua delle tempeste, cui puntualmente viene assegnato un nome dai servizi metereologici per facilitare la comunicazione con i cittadini, anche le canicole stagionali dovrebbero averne uno, sostiene Aubry, ma non uno qualsiasi: dev’essere un nome associabile a quelli che lei considera come i responsabili di tutti i mali della terra, caldo compreso. «Non è un’ondata di calore quella che stiamo vivendo, ma la conseguenza diretta dell’azione politica e dell’assenza di regole delle aziende fossili», ha tuonato la mélenchonista.
Le imperdonabili “colpe“ di Total (e di Macron)
Total (l’Eni francese) è diventata negli ultimi tempi il nemico pubblico numero uno delle sinistre francesi. Soprattutto da quando Patrick Pouyanné è diventato amministratore delegato della compagnia petrolifera. Nel corso di un’intervista rilasciata a giugno in Kazakistan nel quadro del Forum internazionale di Astana, Pouyanné ha criticato severamente gli ecologisti radicali, spiegando che la transizione energetica «si prepara» ma «non è una religione», e ad oggi «è impossibile sospendere gli investimenti nel settore petrolifero e del gas, necessari per soddisfare la domanda di energia globale in aumento». «Non abbiamo alternativa, dobbiamo continuare a farlo e nel frattempo costruiamo un nuovo sistema», ha aggiunto il boss di Total, difendendo l’approccio pragmatico che prevede il finanziamento dei progetti verdi ma anche nuovi investimenti nell’oil & gas.
La linea di Pouyanné è demonizzata dalla gauche francese, e ad aggravare l’ostilità nei suoi confronti è arrivata lo scorso 14 luglio l’assegnazione della Legion d’onore, la più alta onorificenza dello Stato, conferitagli dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron in persona. Manon Aubry, dopo aver criticato il ministro dell’Agricoltura, Marc Fesneau, che sabato ha parlato di «temperature normali per un’estate», si è detta scandalizzata dal riconoscimento attribuito al petroliere, definendolo «uno dei primi responsabili» del riscaldamento globale.
«Pouyanné andrebbe incriminato per ecocidio»
Più dura ancora contro il Ceo di Total è stata Sandrine Rousseau, deputata dei Verdi francesi e femminista radicale: «Quest’uomo è pericoloso», ha dichiarato a BfmTv l’esponente ecologista, giudicandolo «colpevole di ecocidio». La deputata ha evocato «gli oleodotti riscaldati che attraversano l’Uganda e la Tanzania» costruiti dal colosso petrolifero francese, oltre ai «400 pozzi di petrolio, un terzo dei quali si trova nelle riserve naturali».
Ma anche in questo caso la notizia che ha provocato un travaso di bile è stata la Legion d’onore, per la quale Rousseau ha puntato il dito contro l’inquilino dell’Eliseo, Emmanuel Macron. La scelta di premiare Pouyanné «è assolutamente incredibile», ha commentato la deputata, «e mostra il livello di cinismo e di negazione dei problemi climatici, oltre che il sentimento di onnipotenza e di impunità, del presidente della Repubblica». Ma su BfmTv la giacobina si è spinta ancora più lontano: «Se fossi il presidente della Repubblica, farei di tutto affinché [Pouyanné, ndr] rispondesse della sua colpa davanti ai tribunali. Non soltanto gli ritirerei la Legion d’onore, ma cercherei di capire come incriminarlo per ecocidio». La deriva dell’ideologia green in Francia prosegue incontrollata.
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