
Che cosa cambia nella corsa al Quirinale dopo il passo indietro di Berlusconi

Diffidare di chi racconta un epilogo certo sul prossimo capo dello Stato al Quirinale in queste ore. La politica italiana ha semplicemente frenato. Silvio Berlusconi, come previsto, si sfila dalla candidatura al Quirinale. Ciò non significa che il Cavaliere però si sia defilato dalla partita, continuerà a giocare come attore decisivo. Il nome di un candidato d’area ancora non c’è. Nelle note stampa trapela un fugace “Draghi resti al suo posto” da parte di Forza Italia, ma subito dopo i tre partiti si sono affannati a spiegare che non ci sono veti su nessuno e nemmeno sul premier.
La prudenza di Salvini e Meloni
Due deduzioni: Berlusconi prende tempo, guadagna spazio, vuole negoziare candidato ed eventualmente composizione del governo nelle prime tre votazioni; non c’è ancora un accordo definito sull’eventuale governo post-Draghi. Ieri per il premier sembrava cosa fatta, oggi è chiaro che servirà più tempo e altre opzioni sono aperte. Salvini e Meloni restano prudenti: hanno tolto di mezzo il Cavaliere, ma ora si deve cercare un nome condiviso, di centrodestra, da mandare in avanscoperta e nel frattempo continuare a trattare con tutti.
Berlusconi potrà influire su questo nome, che però corre il rischio della bruciatura nei primi tre scrutini quando la maggioranza richiesta è 2/3. Il colpo di coda del Cavaliere non è da escludersi, che sia lui a tirare fuori Draghi o a lanciare un altro nome super partes nei dintorni della terza votazione per passare all’incasso alla quarta non è da escludere.
La cautela di Enrico Letta
Dall’altro lato del campo, a sinistra, si intuisce che non c’è accordo per ora né con il centrodestra né interno. Letta è cauto, cerca un nome condiviso da tutti e un patto di legislatura. Il primo non c’è e forse non ci sarà per ancora tre-quattro giorni, mentre il secondo è tutto da costruire. Conte tace, impercettibile ed impacciato. Il Movimento 5 stelle non ha candidati e l’ipotesi Draghi fa venire il mal di testa al primo partito del Parlamento che teme elezioni anticipate e dovrebbe eleggere il candidato più lontano rispetto alla sua origine populista.
Cosa farà, dunque, il centrosinistra nelle prime tre votazioni se entro lunedì non si arriva ad una svolta? Nessuno lo sa, un nome di bandiera non c’è. Si andrà probabilmente in ordine sparso.
Draghi al Quirinale è la carta coperta
Draghi resta ancora la carta coperta di tutti, ma a questo punto difficile che venga giocata nei primi tre scrutini. Quella è la soluzione finale dopo il fallimento delle altre, mentre le trattative corrono su un doppio filo: governo e presidente della Repubblica. Lo scenario si biforca. Se c’è accordo sul governo, allora per Draghi si apre la prateria; ma se questo accordo tarda o non si forma, la strada per il premier sale. Come sostituirlo è il maggiore dei problemi perché questa legislatura pazza richiederebbe come atto finale un doppio carpiato su Quirinale e governo. A breve capiremo se i partiti saranno in grado di farlo. Altrimenti, spunteranno le rose di nuovi candidati. Potenziali tanti, ma effettivi troppo pochi per una coalizione così variegata. La strada appare lunga e stretta.
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1 commento
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Non so quale vacca vincerà alla fiera del bestiame. Chiunque sarà non potrà essere il mio presidente, eletto da un parlamento politicamente delegittimato e non corrispondente ai mutamenti di consenso degli ultimi anni. È tutto sbagliato, è tutto da rifare.