Cari politici, quando cominciamo a parlare di problemi reali?
I ballottaggi sono andati come previsto. E nell’ultimo mese la politica italiana ha offerto il peggio di se stessa. A sinistra si festeggiano vittorie fondate sull’astensione altrui e si agita la bandiera di un inesistente pericolo fascista. A destra si sono scelti pessimi candidati che hanno portato al suicidio elettorale e si continua a perdere tempo sulle regole del green pass.
Il Pnrr non è la bacchetta magica
La auto-referenziale retorica europeista sta magnificando l’ennesima illusione che tutto sarà risolto magicamente con il Pnrr e il green new deal mentre il continente piomba in una crisi energetica forse senza precedenti. Intellettuali e sistema mediatico hanno offerto il proprio lunare contributo a un dibattito tutto organizzato in bolle e distaccato sempre più dalla realtà del potere, cioè da ciò che conta davvero per la vita individuale e collettiva.
Persino dagli economisti non si è levata voce diversa dal consensus, dove in coro si è ripetuto che il rialzo dei prezzi delle materie prime sarebbe stato momentaneo, ma nel frattempo le aziende sono da mesi in difficoltà sia sul fronte energetico che della materia. La realtà bussa alla porta mentre il piroscafo e i suoi ospiti sono storditi dai balli e dai vini della prima classe. Gli iceberg sono pericolosamente vicini e gli unici a scorgerli a naso sono imprenditori e manager, cioè quelli che col mercato ci si sporcano le mani. I possibili punti di cedimento del disegno di rilancio post-pandemico sono numerosi.
Crisi energetica e inflazione
Il primo fronte è quello della crisi energetica, con prezzi del gas, dell’elettricità e del petrolio proiettati in alto, che assottiglierà i margini di molte aziende con potenziali impatti negativi sul fronte degli investimenti e dell’occupazione. Una situazione resa difficile dalla scarsità di risorse europee, con gli Stati costretti a rivolgersi alla Russia o agli Stati Uniti in particolare per quanto riguarda il gas.
Il secondo fronte è quello dell’inflazione che riguarda le materie prime, i cui prezzi sono in crescita da oltre un anno e mezzo. Ciò significa non soltanto tensioni nelle supply chain e difficoltà di reperimento, ma anche aumento dei costi per il privato e per il pubblico. Quanto aumenteranno i costi per le opere e le infrastrutture pubbliche legate al Pnrr ad esempio?
Inoltre, come la storia dimostra a volte l’inflazione moderata può avere un impatto positivo. Tuttavia, esiste sempre il rischio che possa andare fuori controllo. Ad esempio alla metà degli anni Sessanta negli Stati Uniti l’inflazione iniziò a salire, dapprima lentamente e poi fuori controllo, per esplodere nella crisi degli anni Settanta. La storia non è mai uguale a se stessa, ma il controllo delle dinamiche inflative non è semplice soprattutto quando si decide di annegare il mondo con la carta stampata. Nel caso italiano, inoltre, con salari fermi e stagnanti da anni anche una moderata inflazione può comportare una erosione del potere d’acquisto a danno della classi medio-basse.
Si fa presto a dire transizione ecologica
Il terzo fronte è quello delle politiche green. Transizione ecologica dovrebbe significare gradualità nell’accompagnare il cambiamento tecnologico e industriale, non accelerazione repentina capace di mettere in ginocchio diversi settori e generare ondate di disoccupazione. Altrimenti si dovrebbe chiamare rivoluzione e produrre le devastazioni tipiche di tali eventi storici. La politica sarà chiamata presto a scegliere tra la moderazione e l’ideologia.
Quest’ultima può costare molto cara alla manifattura e ai suoi lavoratori sebbene incontri l’approvazione di gran parte degli scienziati, dei dipendenti pubblici e del mondo intellettuale. I rischi della politica verde non sono pochi e da ultimo gli investimenti green contribuiscono, attraverso l’elettrificazione massiccia e le nuove infrastrutture, a spingere verso l’alto i costi dell’energia e delle materie prime.
L’apparato pubblico sarà all’altezza del Pnrr?
Il quarto fronte è quello dell’amministrazione pubblica. Da qui a pochi mesi lo Stato italiano dovrà assumere migliaia di tecnici e funzionari in grado di spendere i prestiti e i finanziamenti europei. Il processo incontra già delle lentezze e quei fondi saranno nelle mani di burocrazie che nel passato hanno mostrato gravi deficit nella capacità di progettare, spendere e realizzare. Sarà l’apparato pubblico all’altezza della situazione oppure i fondi del Pnrr rischiano di finire risucchiati in sacche di parassitismo pubblico e capitalismo clientelare? Non è una domanda peregrina se ragioniamo con la storia degli ultimi decenni.
Tutto ciò mostra un quadro fragile, una ripresa non consolidata e fattori esogeni, non del tutto controllabili dagli Stati-nazione, che possono incidere molto sul futuro economico e sociale dell’Italia. Se il vento dovesse girare a sfavore nei prossimi anni il paese rischia di vedere deluse le proprie aspettative e la legittimazione dell’attuale classe politica, italiana ed europea, ne potrebbe risentire notevolmente.
Quando il dibattito pubblico italiano uscirà dal torpore e dalla sua nicchia confortevole per affrontare con responsabilità i nodi cruciali per il futuro della nazione?
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!