Lo Stato islamico fortifica Mosul: mura e fossato come nel Medioevo. Civili: «Qui è un inferno»

Di Leone Grotti
24 Gennaio 2015
Secondo gli americani ci vorranno «anni» per sconfiggere lo Stato islamico. I curdi intanto si avvicinano a Mosul, dove gli abitanti sono disperati: «Meglio morire che vivere così»

Tutte le amministrazioni del mondo pubblicano dei bandi per appaltare opere pubbliche. Lo Stato islamico non è da meno, anche se le opere pubbliche di Mosul sono un po’ diverse da quelle delle altre città. Uno degli ultimi bandi recitava: «Un fossato di due metri di profondità e due di larghezza deve essere scavato attorno a Mosul».

RITORNO ALL’OTTAVO SECOLO. L’impresa edile che si aggiudica l’appalto verrà pagata quattromila dollari per ogni chilometro scavato. Quanto un fossato possa servire a difendere Mosul non è chiaro, di sicuro aiuterà lo Stato islamico a raggiungere il suo scopo: riportare la seconda città più importante dell’Iraq ai tempi del Califfato abbaside, cioè all’ottavo secolo.

«PERDERE LA CITTÀ SAREBBE LA FINE». Secondo quanto dichiarato a Reuters da un ex generale dell’esercito iracheno che vive a Mosul, i terroristi di Al-Baghdadi si stanno preparando a difendere la città da un attacco dei curdi e dell’esercito iracheno. Per questo hanno anche ostruito l’entrata occidentale della città costruendo un lungo muro di cemento. «Si batteranno fino all’ultima goccia del loro sangue per difendere Mosul. Perdere la città sarebbe la fine per loro».

isis-stato-islamico-vice-news-hL’AZIONE DEI PESHMERGA. La battaglia finale non sembra alle porte, se è vero quello che dicono i generali americani, e cioè che ci vorranno «anni» per sconfiggere lo Stato islamico. I curdi però si portano avanti. Mercoledì i Peshmerga hanno conquistato un tratto della strada che collega Mosul a Tal Afar e Sinjar, una via indispensabile anche per la comunicazione tra Mosul e i territori dell’Isis in Siria. Avendo ripreso, grazie ai bombardamenti americani, gran parte della provincia di Sinjar, ora i curdi hanno di fatto isolato la città di Mosul da tre lati.

«LA VITA È UN INFERNO». Sono tanti gli abitanti di Mosul che sperano che la città venga presto riconquistata e i terroristi cacciati. «L’unica cosa che posso dire è che la vita sotto l’Isis è un inferno, non il paradiso che vogliono far credere», spiega Tariq, che studiava in un istituto tecnico e che al contrario di altri non ha paura di rendere noto il suo vero nome al Guardian. «Ora non si può più studiare e non so che cosa il futuro abbia in serbo per noi».

OBBLIGATORIO DONARE IL SANGUE. Un negoziante che un tempo faceva buoni affari, prima che lo Stato islamico distruggesse la moschea di fianco alla quale aveva il negozio, vorrebbe andarsene ma non sa come: «Per lasciare Mosul hai bisogno che tre persone garantiscano che tornerai entro cinque giorni. Se non fai ritorno, metti le loro vite in serio pericolo». Chi resta, però, deve dare tutto se stesso per i terroristi e non per modo di dire. Oltre a pagare una tassa giornaliera, «io sono stato costretto a donare il sangue tre volte ai miliziani feriti nel Sinjar».

«MEGLIO LA MORTE». La donazione obbligatoria di sangue ai feriti è una delle ultime trovate dei terroristi, che si aggiunge a quelle già conosciute: l’obbligo di coprirsi per le donne, il divieto di bere, fumare e ascoltare musica, oltre a tutto ciò che viene prescritto dalla sharia. È a Mosul che pochi giorni fa l’Isis ha assassinato due omosessuali gettandoli da un palazzo. Anche gli eterosessuali che vivono una relazione al di fuori del matrimonio vengono lapidati a morte. Per questo Tariq non ha remore a riferire il suo vero nome: «Meglio la morte di una vita così».

@LeoneGrotti

Articoli correlati

6 commenti

  1. EquesFidus

    Intanto, è stato strappato agli aguzzini dell’ISIS Kobane, dopo quattro mesi di scontri; segno che non sono né invincibili né dilaganti. Ora è il momento per i curdi, che sono riusciti ad ottenere questo risultato anche grazie ai raid della Coalizione e, soprattutto, al sostegno della popolazione civile di iniziare una controffensiva su vasta scala, dilagando da lì nelle regioni circostanti, realizzando il peggiore incubo di quei macellai.

  2. Etienne

    quindi secondo l’articolo i peshmerga sarebbero a una trentina di km da Mossoul, mentre IS avrebbe perso il controllo della Route 47 in direzione di Raqqa. giusto?

  3. Menelik

    Adesso mi auguro che anche il Giappone si unisca alla coalizione, dopo che i suoi due cronisti sono stati vigliaccamente trucidati, e faccia sentire il suo potenziale di tecnologia militare e di risentimento.
    Con i daesh c’è un solo modo di trattare; ogni altro modo, non solo sarebbe inutile, ma anche ingiusto.

  4. Raider

    Un inferno? Ditelo ai mistificatori complottisti che vengono a pascolare qua e a quelli che cascano nelle stupidaggini che gli rifilano! Quello cui assistiamo è la creazione di un ordine poltico-sociale che è l’espressione della visione religiosa islamica che mette fine – tenetevi forte – alla “deriva nichilista occidentale”: per sconfiggerla e ‘salvare l’Occidente’ dal nichilismo, ecco che gli immigrati islamici vengono da noi per portare a termine questa “missione umanitaria.”
    Gli islamici Sono già 30 milioni circa, nell’Ue; ma sembra che ai nostri governanti nichilisti, che non vedono l’ora di farsi salvare, non bastino ancora: e con settori ecclesiali a vocazione suicida e immigrazionisti che sono la sintesi vivente del nichilismo anti-identitario su religione, nazione, famiglia, gender, non fanno che invocare più immigrazione, più niqab, meno crocifissi, niente radici cristiane.
    Poi, queste belle teste si offendono se gli si dà dei paranoici mistificatori.

    1. Filippo81

      Grazie per la riflessione, Raider, stavolta posso solo dire di essere d’accordo al 100 %, la realtà va descritta per quello che è senza la lente deformante del politicamente corretto che vuole lobotomizzarci!

      1. Raider

        Prego, non c’è di che. Tempo fa, lei, Filippo81, mi attaccò personalmente perché le avevo fatto rilevare quella che mi sembrava una contraddizione: fui attaccato da lei in maniera che ritengo ancora adesso incomprensibilie e ingiustificabile; ma pazienza; e del resto, io, com’era mio diritto, le risposi per le rime. Nemmeno ora mi sono del tutto chiare certe cose che lei e altri scrivete: sbaglierò io o avrete torto voi, ma la determinazione che vedo, in certi casi, diretta verso di me da gente che sembra condividere con me alcuni presupposti, chiamiamoli così: fede cristiana, difesa dell’identità nazionale e anche degli interessi nazionali, riproposizione dei valori storici dell’Occidente, non di quello che vediamo nella sua attuale configurazione eurocratica: ebbene, malgrado la condivisione dei punti di partenza, nei miei confronti si fa mostra di un livore che non trovo mai rivolto a gente che vi prende in giro, probabilmente, senza che ve ne accorgiate.
        Ma è un constatazione, non vuole essere una recriminazione. Al di là di ringraziamenti e rincrescimenti, accuse e contraccuse, le cose più importanti sono altre: ne dico solo una:
        NO ALL’ISLAMIZZAZIONE DELL’OCCIDENTE!

I commenti sono chiusi.