Venezuela, l’università di Caracas è quasi abbandonata: «Maduro non ci difende»
Dei 50 mila studenti che qui venivano educati ogni anno non c’è traccia oggi all’Università di Caracas. Nell’edificio storico che sorge nel centro della città i segni della vita d’ateneo hanno lasciato spazio a quelli della battaglia: c’è spazzatura ovunque, bandane abbandonate per terra (una puzza ancora di aceto, usato per proteggersi dai gas lacrimogeni), le postazioni dei picchetti, i cartelli. In giro per il campus poche persone. E sul muro a fianco dell’ufficio del rettore una scritta fatta a spray: “La rivoluzione è morta con Chavez”. La descrizione è quella che il giornalista Daniel Lansberg fa sulla rivista americana Harper direttamente dalla capitale del Venezuela, ed è la fotografia di un paese sempre più distrutto dalla violenza con cui il Governo Maduro sta rispondendo alle manifestazioni dei suoi oppositori, che in più di due mesi ha provocato la morte di 41 persone.
GLI EVENTI DI MARZO E APRILE. Protagonisti delle manifestazioni sono, per lo più, gli studenti, e l’Universidad Central de Venezuela è stato uno dei luoghi dove più si è dimostrato in queste settimane. E la cosa ha destato un certo interesse: è la più grande istituzione del paese di scuola superiore e in più è pubblica, e unisce studenti e personale di diverse classi sociali.
L’ultima chiusura che l’ateneo ha subito è legata ad un susseguirsi di episodi di violenza cominciati il 12 marzo scorso, quando un gruppo di 16 paramilitari dei colectivos a favore del governo sono entrati nell’edificio delle facoltà scientifiche, picchiando e derubando alcuni studenti.
Cinque giorni dopo, stessa scena ad architettura: 11 studenti spogliati dei loro averi. Anche il 3 aprile c’è stato un’altra azione e le accuse del personale universitario si sono rivolte al governo, che non fa nulla per evitare i blitz.
LO STATUTO SPECIALE. Il motivo per cui il Governo non può intervenire alla UCV è legato allo status speciale di cui questo ateneo gode, che concede autonomia all’università e vieta che al suo interno entrino forze dell’ordine. Questo trattamento speciale ha origine nell’Ottocento, quando si decise che, per rendere il più possibile libera la scuola dalle influenze coloniali e religiose, l’UCV ricevesse una sorta di attestato d’indipendenza e sovranità interna: grazie a questo poteva scegliere rettori e linee di sviluppo senza dover risentire di influenze governative. Maduro si aggrappa a questi accordi: se volete che la polizia entri, dove cedere parte della vostra autonomia. E non è nemmeno stata ascoltata la proposta della direzione dell’università, che chiedeva di mettere alcuni agenti all’esterno degli edifici per prevenire almeno l’ingresso di alcuni violenti.
DIALOGO E CIBO. Intanto, il dialogo tra Maduro e i suoi oppositori continua ma senza alcun progresso. Mercoledì c’è stato un incontro di 4 ore tra le parti: i manifestanti chiedevano una legge di amnistia, proposta però rigettata dalla presidenza. Gli studenti non partecipano neanche alle trattative, in un Paese che è sempre più costretto a fare i conti con disagi sociali ed economici. Il cibo è sempre più scarso, e la povertà cresce: la società Datanalisis ha pubblicato un rapporto in cui si evidenzia l’aumento dei problemi di approvvigionamento nei supermercati, dove si evidenzia che, dei 18 prodotti che costituiscono il paniere familiare di base, il consumatore riesce ad ottenerne meno della metà.
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si media italiani manco ‘na parola. che branco di pecore rosse!