Dagli al privilegiato del vaccino

Di Caterina Giojelli
14 Aprile 2021
Quando il piano è fumoso, i criteri labili e la direzione incerta, spunta sempre fuori qualcuno pronto a esibire la patente "saltafila"
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Dagli ai privilegiati. Dopo 14 mesi di sedevacantismo, cattedra vuota, circolari continue e dittatura dell’autodafé e autorità dei pari, Mario Draghi richiama la classe Italia «sui vaccini le Regioni non andranno per conto loro», il generale Figliuolo bacchetta quell’attaccabrighe di De Luca che minaccia al solito di fare di testa sua e vaccinare i lavoratori prima degli anziani, rivede il piano, promette al popolo che a fine maggio inizierà a vaccinare anche le categorie produttive («Lo dicono i numeri: nel trimestre che va da aprile a giugno avremo 45 milioni di dosi, vuol dire 15 milioni al mese. È la quantità giusta»).

Il «niente eccezioni» di Draghi

Sarà la volta buona? Dice la presidenza di Palazzo Chigi che ora non permetterà deviazioni ai governatori svogliati o ribelli, anzi impugnerà davanti alla giustizia amministrativa ogni decisione in contrasto alle regole: «Niente eccezioni, rispettare le priorità del piano», ripete Draghi, a ribadire il suo applauditissimo discorso al Senato del 24 marzo per giustificare i ritardi della campagna vaccinale: «No a categorie privilegiate, smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni, i ragazzi, psicologi di 35 anni. Queste platee di operatori sanitari che si allargano… Con che coscienza un giovane salta la lista?».

Gli Scanzi e gli psicologi

A mandare i piani vaccinali alle ortiche fino adesso non sarebbero stati dunque gli antivaccinisti quanto i privilegiati, prigionieri politici di un cortocircuito generato – qui va detto, ed è paradossale – dai buchi della politica stessa: Regioni, come la Toscana, in cui un Andrea Scanzi rispondendo ai giusti appelli del generale Figliuolo («basta buttare le dosi, vaccinare chi passa») è “passato” (leggi: davanti ad altri), e categorie di lavoratori, come gli psicologi che tuttavia il governo stesso aveva incluso nelle categorie da vaccinare («Tra i nostri iscritti, proprio perché c’è senso di responsabilità, finché vaccinarsi è stato facoltativo almeno una metà ha preferito lasciare il posto ad altre categorie», è la precisazione imbarazzata del presidente del Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi, David Lazzari).

Orfani di strategia, pieni di furbetti

A Draghi tocca ora fare il preside e rimettere in riga un paese ereditato e lasciato all’autogoverno dei pari e delle priorità particolari, ma anche e fino ad oggi orfano di una strategia degna di tale nome: un paese dove riaprono le scuole e si fermano i vaccini per gli insegnanti (400 mila persone su un milione e mezzo non hanno ricevuto la prima dose), dove si vaccinano in massa gli operatori sanitari ma per 11 milioni di malati (non di Covid) questo non si traduce in ripresa di interventi, trattamenti, screening e controlli. Dove per un’ordinanza firmata dal generale Figliuolo che invita a somministrare dosi residue e non conservabili a «soggetti disponibili al momento» nasce sempre uno scandalo “furbetti del vaccino”, e per ogni Scanzi 46enne e in buona salute si trova sempre una partigiana Laura Wronowski che «a 97 anni aspetto ancora la chiamata per il vaccino senza neanche un messaggio di scuse».

I lai di docenti, magistrati, avvocati

Un paese in balia, come nelle peggiori classi, della narrazione del privilegio che nulla ha a che fare con le priorità di questo benedetto piano vaccinale. Una narrazione a cui, nel silenzio della politica, contribuisce chiunque, in primis aderenti alle “categorie” incriminate: «I docenti non sono dei privilegiati», si è arrabbiato il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli scagliandosi contro lo stop alla campagna vaccinale per il personale scolastico, «gli insegnanti non sono dei privilegiati. Devono rientrare nelle categorie a rischio».

«Non siamo dei privilegiati», hanno sottolineato i magistrati della procura della Repubblica di Trento revocando la disponibilità a una vaccinazione non programmata per tutto il personale amministrativo, «la categoria dei magistrati non è migliore delle altre o della media dei cittadini italiani; ma, forse, questa è la speranza, nemmeno peggiore» hanno scritto volendo «evitare anche la mera ipotesi di forme di privilegio». «Altro che privilegiati, noi avvocati siamo gli unici esclusi dal piano vaccini», hanno invece tuonato dall’ordine degli avvocati di Firenze replicando a chi, a differenza della Regione Piemonte, ha inserito il sistema giustizia nel piano vaccinazioni, «tutto il pianeta-giustizia immunizzato, perché noi no?».

Le omelie di Ferragni, J-Ax, Tognazzi

«Da persona privilegiata quale sono nelle scorse settimane ho pensato a cosa avrei potuto fare» dice Chiara Ferragni in una delle sue celeberrime stories denunciando il fatto che la nonna del marito Fedez sia stata contattata per essere vaccinata «solo perché qualcuno ha paura che io possa smuovere l’opinione pubblica». «Io sono un privilegiato e la mia voce poteva soffocare quella di italiani realmente in difficoltà» ha detto il rapper J-Ax uscito dal Covid denunciando il fallimento politico «che gli italiani pagano con la morte» sulle vaccinazioni, «ho vissuto questa situazione da privilegiato ma come può una famiglia con tre figli che vive in un bilocale uscirne?».

«Cerchiamo di evitare privilegi, non credo sia il caso di lamentarsi della nostra condizione. Parliamo di categorie già super privilegiate» dice l’attore e regista Ricky Tognazzi intervenendo nella diatriba tra i colleghi Giovanni Veronesi («ci sono categorie tipo i giornalisti che non si capisce perché devono essere vaccinate prima di me. Che compito svolgono di così importante più di me?») e Alessandro Gassman («Visto che c’è la gara a chi è più esposto al Covid, segnalo che gli attori e attrici sui set sono l’unica categoria che deve lavorare senza mascherina»).

Le gesta di sindaci e novantenni

E via così: «Non siamo dei privilegiati» hanno detto i donatori Avis Veneto dopo che il piano vaccinale regionale li aveva inseriti tra le categorie prioritarie, «aspettiamo il nostro turno». «Non è scritto da nessuna parte che i sindaci devono essere privilegiati», ha spiegato il sindaco di Santa Maria Nuova, nell’anconetano, che dopo aver ceduto la propria dose a un funzionario del comune si è ammalato di Covid ed è stato ricoverato, «lo rifarei, devo dare il buon esempio». Come lui il sindaco di Surbo, provincia di Lecce, che l’ha ceduta a un dipendente “fragile”, perché «essere vaccinato prima di altre persone più esposte di me non sarebbe giusto, lo considererei un ingiustificato “privilegio”».

Il paradossale crescendo della battaglia per smarcarsi o rivendicare la priorità all’inoculazione arriva al parossismo con le storie raccontate sui giornali di rinuncia al “privilegio del vaccino” anche da parte di un 91enne che si è offerto di cedere la sua dose alla mamma di un disabile, e un 85enne invalido di guerra che l’ha ceduta a una 23enne malata di tumore.

Il tic del privilegio sulle riaperture

Dagli ai privilegiati. Oggi Draghi rimette in riga la classe Italia annunciando la fine della ricreazione e, si spera, di ogni disputa e scomunica particolare: c’è da lavorare alle riaperture perché è da qui e non dai ristori che ripartirà l’economia. Ma non si fa nemmeno in tempo a dirlo che «no alle località privilegiate», sbotta il governatore Stefano Bonaccini, aprendo lo scontro sulle dichiarazioni del ministro del Turismo a proposito di “isole Covid free”, «non possono esserci località turistiche privilegiate a discapito di altre».

Foto Ansa

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